Un provvedimento limitato, debole e tardivo che non risolve i problemi della Capitale
Nicola Zingaretti va in Parlamento e lascia la presidenza della Regione Lazio con un ultimo effetto illusionistico, questa volta su Roma Capitale, un tema mai prima affrontato dalla Giunta di sinistra. Il Partito democratico governa il Lazio da dieci anni e solo adesso pone il problema del trasferimento di alcuni poteri a Roma Capitale, inserendo questa materia nelle disposizioni collegate alla Legge di stabilità 2022, che ha iniziato l’iter legislativo ieri pomeriggio in Commissione bilancio.
Le intenzioni sembrerebbero buone e condivisibili: con l’articolo 44 al capo VI la Regione Lazio attribuisce a Roma Capitale funzioni in materia di governo del territorio e di pianificazione urbanistica ed edilizia, determinando l’eliminazione di passaggi burocratici in un quadro di riorganizzazione della macchina amministrativa. In realtà, l’impianto definito dal provvedimento non convince la logica amministrativa: è incongruente la disposizione, al comma 3, per cui da un lato la Regione trasferisce a Roma Capitale i poteri approvativi degli strumenti urbanistici e dall’altro introduce l’eccezione dell’approvazione delle varianti aventi carattere generale, che devono essere sottoposte all’accertamento regionale. Ma questo accertamento sulle varianti adottate da Roma Capitale può determinare contenziosi tra Comune ed ente regionale, facendo venir meno la finalità di semplificazione e velocizzazione del processo approvativo; inoltre continuerebbe a mantenere, nei fatti, anche in materia urbanistica, la sussunzione di Roma Capitale sotto la Regione. Un discorso simile vale anche per la materia edilizia. Ma la debolezza di questo provvedimento nasce anche da un nodo di fondo irrisolto: Roma Capitale senza facoltà legislativa continuerà ad essere sottoposta alla Regione Lazio e qualsiasi semplice trasferimento di poteri comporterà equivoci e contenziosi.
Resta poi il fatto che l’Amministrazione Zingaretti si limita a trasferimenti in materia urbanistica ed edilizia, ma è sorda su altre materie altrettanto importanti per Roma.
Ma, a lato di questo tema, si pone una domanda: perché nel corso di ben due legislature l’Amministrazione Zingaretti solo al termine dell’ultimo anno del secondo quinquennio ha voluto mettere mano sul problema dei poteri per Roma, su cui si discute da molto tempo? Sorge il fondato sospetto che il provvedimento nasca per esigenze propagandistiche del Pd in vista delle imminenti elezioni regionali. E, ancora, come non pensare che il trasferimento dei poteri in materia di urbanistica ed edilizia dalla Regione alla Capitale, governata oggi dal Pd, sia stato fatto, in via preventiva, proprio in questo momento, nel tentativo, maldestro, di lasciare alla sinistra la gestione dei progetti di rigenerazione urbana connessi al Pnrr?
È bene che su questo tema ci sia un confronto aperto ma si deve diffidare rispetto a soluzioni parziali e compromissorie. Questo articolo 44 del provvedimento, solo nel titolo condivisibile, per come è stato concepito, potrebbe creare nuove difficoltà senza risolvere veramente i problemi di Roma Capitale.
Al di là delle buone intenzioni, la questione di Roma Capitale non si risolve a livello regionale. La via maestra da perseguire, subito all’inizio di questa XIX Legislatura, è quella della riforma dell’articolo 114 della Costituzione per dare poteri speciali a Roma Capitale, pari a quelli di una Regione, avviata alla Camera dei deputati da Forza Italia, e successivamente condivisa da tutti gli altri partiti, che, purtroppo, non ha avuto la possibilità di arrivare all’approvazione definitiva a causa della fine anticipata della scorsa legislatura.
Aggiornato il 14 ottobre 2022 alle ore 09:40