
Come avevamo ampiamente anticipato su queste colonne, esiste un pre e un post 25 settembre, ossia un gioco a drammatizzare problemi prima sopiti. Prima c’era il Governo dei migliori mentre adesso ci sono gli usurpatori che hanno avuto addirittura l’ardire di vincere le elezioni e per questo vanno accusati anche del buco dell’ozono.
Qualcuno, infatti, poteva immaginare che dopo le elezioni ci potesse essere una protesta di piazza sul caro bollette? E invece è successo più di una volta dalla vittoria di Giorgia Meloni alle elezioni politiche: da Bologna a Bagheria passando per Napoli e Roma, più di qualcuno ha scoperto magicamente che esiste un rincaro dell’energia e reclama soluzioni. Si badi bene, il problema è serio ed esige risposte urgenti. Quello che purtroppo non ci pare serio è il fatto che più di qualcuno abbia deciso di fare caciara solo adesso.
Se è per questo, pure il problema del Covid sta esplodendo e anche su questo tema serpeggia una certa preoccupazione. Più o meno dal 26 settembre si è scoperto che il piano vaccinale relativo alla quarta dose è al palo e con somma sorpresa di tutti (non nostra) i dati su contagi, ricoveri e terapie intensive sono in ascesa. Sarà sicuramente l’effetto Meloni.
Ma forse vogliamo parlare pure del Pnrr, il gioiello di Mario Draghi, l’orgoglio della Patria, il faro che avrebbe dovuto illuminare nuovamente il destino della Nazione. Bene, parliamone: adesso si scopre (ma solo perché lo hanno sussurrato da ambienti della nuova maggioranza parlamentare) che mancherebbero all’appello una serie di riforme pattuite con l’Europa, così come parrebbe che ci siano ritardi su progetti (soprattutto in infrastrutture e nuove tecnologie) per svariati miliardi. E cosa si aspettava ad ammettere che finanche il Governo dei migliori aveva avuto qualche difficoltà? Forse si attendeva il varo del nuovo Governo per imputare ad altri la responsabilità? Roba veramente meschina.
Sul piano internazionale, solamente ora la Banca centrale europea dichiara: “Scudo anti-spread solo a chi rispetta regole Ue sui conti”. Intanto, l’Unione europea avverte che i flussi di denaro continueranno ad arrivare se si procederà sul percorso delle riforme, mentre Moody’s minaccia di declassare il debito sovrano italiano. Prima del 25 settembre evidentemente andava tutto bene, perché altrimenti non riusciamo a darci una spiegazione plausibile.
A margine, c’è anche la politica di casa nostra, quel simpatico bestiario che suscita compassione. C’è chi criticava Giorgia Meloni del comizio di Vox perché troppo estrema e con la bava alla bocca, c’è chi invece adesso si lamenta per il fatto che appaia troppo ecumenica. C’è chi giudicava una pericolosa deriva populista il solo fatto di paventare l’allontanamento dallo splendido solco tracciato da Mario Draghi che ora si duole perché Giorgia Meloni sarebbe troppo draghiana. C’è chi non resiste alle scarse polemiche pubbliche relative alla formazione della lista dei ministri che cerca di montare ad arte il quadro di un centrodestra dilaniato dalle faide interne, nonostante non ci siano elementi a supporto. C’è chi, quando trapela il nome di un ministro tecnico, si lamenta perché il nascituro Governo è troppo tecnico. C’è chi, quando esce il nome di un politico per uno scranno governativo, giudica il futuro Governo troppo politico e quindi incapace di fornire risposte tecniche. E c’è anche chi reclama con urgenza delle soluzioni ai problemi del Paese (sollevati solo adesso), sostenendo che il centrodestra sia in ritardo (prima ancora che siano nominati i parlamentari, prima che il Capo dello Stato conferisca l’incarico per formare il Governo e prima che tutta la procedura sia ratificata secondo i dettami costituzionali).
Adesso spuntano fuori anche i problemi del lavoro, della povertà e del precariato: se solo pensiamo che la doglianza proviene da chi ha abolito l’articolo diciotto dello statuto dei lavoratori, non può che venirci da ridere. Perfino Confindustria ha deciso di tuonare contro il centrodestra (baciando la pantofola del Partito Democratico) con argomentazioni pretestuose, manco fossero i nipotini di Luciano Lama. Insomma, quelli che raccontavano di un autunno di speranza sotto la guida del Governo dei migliori, sono gli stessi che oggi narrano di un autunno caldo. E un po’ forse anche ci sperano.
Aggiornato il 11 ottobre 2022 alle ore 10:02