Il malato (quasi) immaginario

Sarebbe troppo noioso citare le fonti dirette anche perché tutti noi le conosciamo bene, ma è del tutto evidente che, dopo le elezioni, larga parte della stampa e dei talk show più o meno esplicitamente schierati a sinistra sembrano tanti medici in consulto permanente al capezzale del Pd. Dato per scontato che ci aspetta un Governo incapace e pericoloso per la democrazia, costoro si prodigano in suggerimenti, analisi e ricette nella speranza di dare sollievo ad un malato che, per il suo splendore, specialmente al confronto con i miseri avversari, non merita la malattia di cui soffre e dalla guarigione del quale si attendono il ritorno, se mai c’è stata, di una politica saggia e feconda di idee, progetti e realizzazioni.

Fra questi commentatori c’è poi chi, per indurre nel malato la necessaria volontà di guarire, in grave via di esaurimento data la delusione elettorale, si arrampica sui vetri cercando di convincerlo sostenendo che, in fondo, non è poi così malato. Anzi, sta benissimo e sono semmai gli avversari, cioè i vincitori, a darsi le arie di un primato che, in realtà, non hanno. A questo scopo fanno notare, fra le altre amenità, che il vero vincitore non è il centrodestra, bensì il “partito degli astensionisti”. Questa geniale tesi viene avanzata con pensieri di questo genere: “Il centrodestra non rappresenta gli italiani perché oltre 4 elettori su 10 non hanno votato” oppure “FdI non è il partito maggioritario perché ha avuto solo 7 milioni di voti e gli elettori sono 50 milioni”.

C’è da chiedersi quanto alto possa essere il coefficiente di intelligenza di chi fa simili affermazioni e, soprattutto, quale sia quello che implicitamente viene attribuito, da chi fa simili considerazioni, al lettore o al telespettatore. È infatti ovvio che, chi non vota, ha deciso di non farlo semplicemente perché non ha trovato validi motivi per recarsi alle urne e non necessariamente perché non condivide le idee di chi, poi, ha vinto. Per definizione gli astenuti cedono a chi vota il diritto di scegliere anche per loro e del resto, se fossero stati costretti con la forza a votare, è assai probabile che si sarebbero distribuiti, grosso modo, sullo stesso ventaglio di percentuali che è affiorato allo scrutinio.

D’altra parte, è facile immaginare, perché è successo invariabilmente ogni volta, che, se a raccogliere il 26 per cento dei voti fosse stato il Pd consentendo a questo partito di piazzarsi in cima alla lista, allora i commenti avrebbero preso la consueta piega e suonerebbe così: “Gli italiani hanno scelto il Pd” oppure “l’Italia ha scelto il cambiamento proposto dal Pd”, e l’avrebbero orgogliosamente fatto anche se gli astenuti fossero stati l’80 per cento. Credo di non essere lontano dal vero dicendo che sono queste piccinerie a rendere la politica, non solo in Italia, poco attraente per molta gente e a rendere cronica la patologia che a turno colpisce i partiti.

Aggiornato il 08 ottobre 2022 alle ore 10:34