
La premier in pectore Giorgia Meloni in questi giorni si è barricata dietro un muro di silenzio sulla composizione del futuro Esecutivo da lei presieduto. Sui giornali impazza il toto-ministri. L’unica cosa che la diretta interessata ha lasciato trapelare è che la squadra di governo sarà di alto profilo: vale a dire in grado di districarsi nella complicatissima congiuntura economica e geopolitica che il Paese sta attraversando in questa fase. Quello che si profila all’orizzonte – almeno stando alle indiscrezioni – è un Governo in cui i politici avranno solo ruoli di secondo piano, se così si può dire: i ministeri “chiave”, l’Economia, l’Interno, la Giustizia e gli Esteri – e forse anche la Difesa – saranno affidati a dei tecnici o comunque a degli “outsider” come Carlo Nordio o a politici si di lungo corso, ma da sempre su posizioni estremamente equilibrate, come Adolfo Urso.
Non si fa attendere la reazione di Matteo Salvini e di Silvio Berlusconi, che chiedono invece un Esecutivo interamente “politico” (magari con l’unico tecnico all’Economia, proprio perché nessuna forza politica possa ritrovarsi con questa grossa gatta da pelare tra le mani) e che rivendicano per loro stessi (Salvini) o per i loro “colonnelli” (Berlusconi) dei ruoli di primo piano nella futura compagine di Palazzo Chigi. Salvini non ha mai fatto mistero di voler tornare al Viminale e ne ha bisogno ora più che mai: giocare la carta del contrasto ai flussi migratori – sebbene la ricetta del “blocco portuale” si sia già dimostrata inefficace – è l’unico modo che ha il Capitano, uscito sconfitto dalle elezioni, in piena crisi di credibilità e di consensi e a rischio di essere “detronizzato” dalla “fronda nordista” all’interno del Carroccio, di riprendere fiato in termini di percentuali e di sventare il “golpe” in casa sua.
Ciononostante, difficilmente otterrà quello che vuole: la Meloni – che è troppo intelligente per non saperlo – può correre il rischio di affidare i “cinque diamanti” (Economia, Esteri, Giustizia, Difesa e Interno) a qualcuno che potrebbe essere visto come “problematico” dal Colle, dai mercati e dai partner euro-atlantici. La situazione è estremamente delicata e richiede una dosa di prudenza non indifferente. Prudenza: questa la parola usata anche dalla leader di Fratelli d’Italia, in maniera probabilmente non casuale. Prudenza che impone di mettere le persone giuste – ossia capaci ed esperte – al posto giusto. Quanto a Berlusconi, sembra intenzionato a collocare all’interno del governo almeno i suoi fedelissimi: si parla di Annamaria Bernini, Licia Ronzulli, Alessandro Cattaneo e, naturalmente, Antonio Tajani. Ma in che posizioni? Tanto per fare un esempio, se il dilemma per la Farnesina è tra Tajani ed Elisabetta Belloni, non dovrebbero esserci tanti dubbi su chi dei due sia più adeguato a ricoprire una simile carica nelle attuali contingenze.
Insomma, mentre la Meloni – anche un po’ inaspettatamente, a dire il vero – in un sussulto di responsabilità e di realismo, sembra essere tutta concentrata a offrire al Paese un Governo capace di affrontare le sfide che si prospettano – dal caro energia alla crisi economica fino alla guerra in Ucraina – assumendo a sua volta una postura e dei toni istituzionali e abbastanza posati – utili anche a rassicurare mercati e partner internazionali – i suoi alleati sembrano molto più interessati alla spartizione delle poltrone di Palazzo Chigi e concentrati più sugli interessi di partito che non su quelli nazionali. Si tratta di un atteggiamento pericoloso per la futura premier e per la stabilità del Paese. Anzi, la Meloni farebbe bene a mettere in preventivo l’ipotesi che l’opposizione non sarà solo quella che verrà dai banchi del Partito democratico, del Terzo polo o del Movimento cinque stelle, ma dall’interno del suo stesso schieramento. Perché se le pretese del Carroccio e dei forzisti non dovessero incontrare il favore e l’approvazione della Meloni, i due alleati potrebbero rallentare e inibire significativamente l’azione del futuro Governo. Se già pochi giorni fa Salvini si è lasciato sfuggire l’ipotesi di un appoggio esterno, si può solo immaginare cosa farà più in là.
La Meloni farebbe bene a prepararsi anche a questo scenario: veder ricominciare le “salvinate” mentre lei cerca di districarsi tra minacce alla sicurezza nazionale, bollette alle stelle, aziende in crisi e altre problematiche. I segnali ci sono già adesso, se si pensa che mentre la premier in pectore si oppone a uno scostamento di bilancio per aiutare famiglie e imprese a sostenere i rincari energetici perché questo non eliminerebbe alla radice il problema reale – la speculazione – Salvini ha “preso a cuore” il tema sostenendo che infischiarsene del debito sia un atto dovuto.
Due grandi sfide attendono la Meloni: la prima, com’è evidente, è quella di guidare il Paese in un momento estremamente delicato; la seconda, sarà tenere a bada i suoi alleati di governo, che davvero sembrano non aver digerito l’ascesa di colei che una volta era l’azionista di minoranza del centrodestra e ora ne è la guida e che, almeno nel caso di Salvini, pare non siano in grado di accettare l’idea di far parte di un Governo che dimostri un minimo di serietà e la cui massima aspirazione non sia quella di sfasciare le finanze pubbliche e adottare provvedimenti propagandistici in rapida successione, uno più fallimentare dell’altro.
Stando ad alcuni rumors diffusi nel periodo elettorale, anche i vertici di Fratelli d’Italia temono l’imprevedibilità e l’altalenanza di Salvini: il sospetto è che il Capitano, in perpetua campagna elettorale, abbia in serbo di fare con la Meloni quello che in questi anni ha fatto prima con Giuseppe Conte e poi con Mario Draghi. Lungimiranti o malfidati? Ce lo dirà il tempo.
Aggiornato il 05 ottobre 2022 alle ore 09:41