Il garantismo intermittente di Giorgia Meloni

Certi politici – purtroppo per loro, ma anche per noi – si impiccano da soli con improvvide dichiarazioni, specie quando si parla di giustizia e di carceri. Più di una volta, da ultimo un paio di settimane fa, è capitato anche a Giorgia Meloni, nei comizi che strizzano sempre un po’ l’occhio al popolino ignorante. La frase incriminata è questa: “Io sono garantista, finché la pena non è passata in giudicato, ma poi quando si deve scontare la pena divento forcaiola”.

A parte il fatto che qualcuno potrebbe dirle che in Italia si compiono, di media, un migliaio di errori giudiziari l’anno conclamati. Che poi ci costano una trentina di milioni di euro dell’erario pubblico per la successiva riparazione. Ma analizzando questa dichiarazione semplicemente dal lato semantico, uno potrebbe chiedersi: ma cosa diavolo vuol dire? Forse che una volta condannati definitivamente – a torto o a ragione – è giusto scatenare sui malcapitati la vendetta dello Stato? Vendetta che poi si sostanzia nel far vivere come bestie le persone in galera, innocenti o colpevoli che siano, in attesa o meno di giudizio. L’articolo 27 della Costituzione, per la Meloni, sembra non esistere. Anzi, un tempo voleva persino cambiarlo, in chiave non di certo garantista. Nessuna tendenza rieducativa della pena: si butti la chiave e amen. Perdete ogni speranza o voi che entrate.

È palese che certe dichiarazioni specie, se reiterate, facciano intravedere la vera indole di quella parte di destra che purtroppo per lei è la discendenza diretta, o indiretta, di un’ideologia autoritaria e anche un po’ plebea come il fascismo che, esattamente come dall’altra parte, il comunismo, rappresenta la risposta sbagliata fin dagli inizi del Novecento all’entrata delle masse in politica. Oggi si parla di “populismo” – con la variante bergogliana del “Papulismo” – ma a ben vedere il problema è sempre lo stesso. Quando si ammette che le masse prevalgano non solo numericamente ma anche culturalmente su quelle élite che dovrebbero invece un pochino educarle e dirozzarle, il risultato non cambia anche a un secolo di distanza.

Torna in auge l’autoritarismo – di destra o di sinistra che sia – e la demagogia sulla giustizia, da una parte, e il carcere da considerare come discarica sociale, dall’altra, sono il corollario. Una vera garantista certe frasi se le risparmia, a meno che non siano “voci dal sen fuggite”, che rappresentano il richiamo della foresta insopprimibile di tendenze manettare e autoritarie dure a morire.

Aggiornato il 22 settembre 2022 alle ore 10:43