Reddito di cittadinanza: “no” di Meloni e populismo grillino

Se nasci tondo, non muori quadrato. Giuseppe Conte, ex premier, punto di riferimento di un Movimento Cinque Stelle in cerca d’identità, si arrovella le meningi per scovare qualsiasi strada maestra pur di raccattare qualche voto. In un ritorno alle origini ormai conclamato, l’esponente pentastellato propone la ricetta del populismo: una minestra riscaldata che ha l’obiettivo di far ribollire il sangue, ma soprattutto la pancia, del grillino medio. E proprio in quest’ottica va l’ultimo intervento indirizzato a Giorgia Meloni. In una intervista a RaiNews 24, il Masaniello del M5S afferma: “Meloni, togliendo il reddito di cittadinanza, vuole la guerra civile? Lei guadagna 500 euro al giorno da più di vent’anni e vuole togliere 500 euro al mese alle persone in difficoltà. Così si fa guerra ai poveri”.

Ma facciamo un passo indietro, per contestualizzare il tutto. La leader di Fratelli d’Italia, a Porta a Porta, sostiene – in sostanza – di essere per l’abolizione del reddito di cittadinanza. Nello specifico, spiega: “Lo dico chiaramente, serve assistenza per chi non può lavorare, per chi può ci sono i centri per l’impiego, ad esempio. Abbiamo anche il fondo sociale europeo, per formare le persone. Io non lascerò indietro nessuno”. Ylenja Lucaselli, deputata di FdI, rincara la dose: “Giuseppe Conte perde l’autocontrollo e addirittura evoca la guerra civile se dovesse venir meno il reddito di cittadinanza. Chiedere, come fa Fratelli d’Italia, politiche attive virtuose, che favoriscano l’inclusione all’occupazione e non l’attesa della mancetta di Stato non significa accanirsi sui più deboli. Piuttosto, significa voler riconoscere a ognuno, che sia in grado di poterlo svolgere, la dignità di un lavoro. Al contrario, soffiare sul disagio e sulla povertà per farne un gadget elettorale, quello sì è un atteggiamento ignobile e inaccettabile”.

Ora, il reddito di cittadinanza – volenti o nolenti – rappresenta più un danno che un guadagno. Senza andare troppo lontani con la memoria, basta ricordare chi offre un impiego ma dall’altra parte non trova nessuno: casi ne cadono a pioggia nell’ultima estate, con lavoratori stagionali introvabili. La titolare di un bar bolognese, costretta a chiudere l’attività, a inizi luglio afferma: “Noi offriamo un’assunzione regolare come barista di quinto livello, con contratto collettivo nazionale del lavoro. Capita anche, alcune volte, che persone con la disoccupazione o il reddito di cittadinanza chiedano di poter lavorare 5-6 ore alla settimana in nero, per arrotondare”.

E poi c’è la cronaca di tutti i giorni. A giugno e luglio, come riportato dal Sole 24 Ore, “le Fiamme Gialle hanno individuato 235 soggetti che abusivamente percepivano il reddito di cittadinanza intascando complessivamente oltre 2,6 milioni di euro”. A seguire: “Nel capoluogo di provincia piemontese (Vercelli, ndr) sono state 52 le persone denunciate alla magistratura per aver incassato indebitamente il reddito di cittadinanza. Dai controlli è emerso, in particolare, che tra chi ufficialmente si dichiarava disoccupato alla fine investiva tutto o quasi il sostegno pubblico nel gioco o nelle scommesse online… Tra gli stranieri sono emerse false residenze con soggetti che hanno dichiarato di risiedere in Italia da oltre 10 anni quando invece dai dati delle Fiamme Gialle emergeva che erano arrivati in Italia solo da pochi mesi. Come ha evidenziato il Comando provinciale delle Fiamme Gialle, di questi furbetti del sostegno alla povertà, almeno 19 sono emigrati da Stati Esteri e da Paesi dell’Unione europea”. Ultimo episodio, in ordine di tempo, riguarda una 40enne residente in un campo rom nella provincia di Padova, che gode del reddito di cittadinanza e che allo stesso tempo è titolare di un’attività di commercio di auto usate. Non solo: pur non avendo mai conseguito la patente, in tre anni risulta che ne ha intestate 74, 58 delle quali coinvolte in sinistri stradali.

Qualcuno potrebbe obiettare, dicendo “ma non si può generalizzare”, “non si può fare di tutta l’erba un fascio”. Ebbene, il Paese sconta ancora fardelli pesanti alle voci disoccupazione e precarietà. Non è che prima le cose andassero meglio, ma il reddito di cittadinanza non è certo uno stimolo a entrare in contatto con il mondo dell’impiego. Ricorda quei provvedimenti che tendono a nascondere la polvere sotto il tappeto, un po’ come quando si mette il limite di 30 chilometri stradali nei tratti pieni di buche, invece di rifare l’asfalto come si deve. Ovvero, di riforme e di prospettive tese a un miglioramento nemmeno l’ombra. Morale della favola: il cosiddetto rdc è più una scusa per stare fermi (e per avere in dote, perché no, uno stuolo di potenziali elettori). Un do ut des 2.0. Una roba da furbetti, altro che guerra civile.

Aggiornato il 07 settembre 2022 alle ore 15:35