Ideale sociale e Repubblica presidenziale

La questione sulla presidenzialità, sulla Repubblica presidenziale nelle varie forme, assume aspetti deludenti specialmente nel nostro Paese, dove si crede che ogni potere individualizzato sia pericoloso. Ma l’uomo ha bisogno di individualizzare il potere, l’ascendente di una personalità che susciti energie immense in una popolazione. Un potere non soltanto istituzionalizzato, burocratizzato, che non ha presa sulla gente.

È vero che un potere personalizzato può arrecare forme tiranniche, dittatoriali, dominanti, paterne in senso negativo. Ma è anche vero l’opposto: può suscitare energie, straordinarie riposte non stimolate dai soggetti amorfi lettori di testi a compitino senza moto interno. Il vigore del padre è duplice, come sappiamo. Da un lato, è il padre dominante che impedisce ai figli libertà ma dall’altro è il padre esemplare, l’ideale dell’io, per dirlo in termini psicoanalitici. Quindi non vale discutere sull’argomento in astratto, bensì è necessario vedere quello che accade.

La storia ha manifestato figure carismatiche. Alessandro il Macedone, Giulio Cesare, per certi aspetti Napoleone, Winston Churchill. Alessandro mutò il mondo ellenico in mondo ellenistico: Cesare dilagò Roma a Nord e a Sud; Napoleone dette all’Europa la codificazione borghese, Churchill salvò la libertà. Sono esempi al minimo. Occorre cautela nei giudizi, non c’è di mezzo la libertà se vi è una personalità carismatica. La libertà si può perdere anche, e soprattutto, nella burocratizzazione del potere reso amministrativo, che paralizza la società. Un potere burocratico amministrato da personaggi essiccati, con totale mancanze di effervescenza propositiva considerata irrazionale. Alla lunga i “competenti”, gli esecutori, i funzionari privi di idealità perdono relazione con il popolo. E di solito, appunto, nei periodi di crisi emerge la personalità carismatica.

La Repubblica presidenziale costituisce una variante istituzionale del vero punto di raggiungimento: “una” personalità responsabile con la quale avere relazione Io/Popolo. La preoccupazione infima è temere la Repubblica presidenziale. La cura massima, invece, sta nello scegliere una individualità traente, che incarni la nazione, la civiltà, indicativa e suscitatrice dell’ideale dell’io individuale e sociale.

La politica è una emanazione della vita, un movimento dell’animo, anche senza raggiungere le tesi estreme di Sigmund Freud che vedeva la politica come un aspetto dell’erotismo familiare generalizzato, cioè il rapporto solito padre/ figlio trasferito in rapporto cittadino/capo politico. Qualcosa di reale sussiste in questa visione, ci si innamora del capo. Nel senso ampio del termine affettivo di collegamento tra i seguaci e dei seguaci verso il “capo”.

Assolutamente, una situazione problematica. Si possono volgere a scopi orrendi con l’obbedienza e la presa che una individualità suscita sulle masse. Ma è vero anche l’opposto: volgere il popolo a scopi di rinascenza sovrastante, dal fondo alle cime. Oltretutto, per attualizzare la concezione di Freud, oggi il pericolo non è l’individualità carismatica o il suo sembiante, la Repubblica presidenziale, il Presidente in contatto con il popolo. L’orrore disumanizzante è il personaggio enfiato dai mezzi di comunicazione, il politico amministrativo, poteri burocraticizzati con funzionari che non pongono niente di sé nella politica ridotta a pratica di numeri dispensati, largiti senza una visione suscitatrice di energie della Nazione. Come se un moto d’animazione fosse irrazionalità e gli uomini trasformati in pedine legnose.

Bisogna riportare la politica nel suo alveo filosofico e umanistico. Nessun timore di una Repubblica presidenziale con tratti carismatici, perché ovviamente la Repubblica presidenziale si incarna e una personalità attrattiva è un vantaggio incomparabile, specie nei momenti di crisi. Si comprende la disanimazione del cittadino verso la politica, se non vi è unione umanizzata tra il cittadino e chi lo rappresenta. Manca quell’ideale dell’io, elemento sostanziale della vita sociale. L’uomo ha bisogno di ammirare. Se non c’è l’ammirazione, non c’è trasporto verso il fare, non c’è l’ammirazione verso il maestro dello studente a scegliere la materia che il maestro insegna, del cittadino verso il politico. E così in tutto. Da Platone a Freud.

In periodi recentissimi, vi è il tentativo di trasformare la politica in amministrazione economica gestita da funzionari. Nell’auspicio voluto di un cambiamento, alle prossime elezioni sarà fondamentale “questo” presidenzialismo, una persona nella quale ne poniamo fiducia. Non sempre, di recente, si è avuto convinzione che i governanti curassero opportunamente gli interessi nazionali. All’interno della Repubblica presidenziale occorre l’essenza della Repubblica presidenziale, la personalità che la incarna. Una personalità che deve ispirare fiducia anche nel chiedere sacrifici. Sarà il punto nucleare. Situazioni difficili ne vivremo. Talune personalità hanno chiesto ai cittadini “lacrime e sangue” e i cittadini hanno offerto se stessi, perché credevano in chi avevano davanti. Forse per noi non ci sarà tale drammaticità. Ma se la Repubblica presidenziale deve essere, sia possibilmente anche carismatica. E ci sottragga alla Repubblica dei “grandi commessi”, incapaci di smuovere l’entusiasmo e ridestare alla salvezza chi può soccombere. In nome di una burocratizzazione della politica, che falsa le situazioni per fingere una tranquillità risolutiva inesistente.

Aggiornato il 24 agosto 2022 alle ore 14:31