Calenda e Renzi: un matrimonio di convenienza

La coalizione (coalizione?) tra Carlo Calenda e Matteo Renzi, rispettivamente capi politici di Azione e Italia Viva, si è concretizzata, obtorto collo, per permettere a entrambi i partiti politici di superare, nel proporzionale, la soglia del tre percento di sbarramento prevista dalla vigente legge elettorale: il Rosatellum. Gli impietosi sondaggi elettorali davano entrambi i partiti al di sotto del quorum previsto. E quindi rischiavano, concretamente, di essere esclusi dalla ripartizione dei seggi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Carlo Calenda è dovuto correre subito ai ripari, quando +Europa di Emma Bonino ha deciso di allearsi con il Partito Democratico staccandosi da Azione, con relativo strascico di polemiche.

È di tutta evidenza che l’accordo elettorale con Matteo Renzi è stato un matrimonio di convenienza. I due galli nel pollaio – nonostante abbiano fatto parte del Governo presieduto dallo stesso Renzi con Calenda ministro allo Sviluppo economico – è risaputo che non si amano, per usare un eufemismo. Azione è diventato il refugium peccatorum dei trasformisti, sia di centrodestra che di sinistra. I transfughi del centrodestra hanno avuto certamente la garanzia di un seggio sicuro che non erano più certi di ottenere nei loro partiti di provenienza. Mariastella Gelmini e Maria Rosaria Carfagna, mosse da “ragioni ideali” (la poltrona), hanno lasciato Forza Italia per confluire in Azione, nella speranza quantomeno di essere rielette in Parlamento. Onore a Renato Brunetta, che ha deciso di sua sponte di non candidarsi. Nella migliore delle ipotesi, se le ministre saranno elette, svolgeranno la funzione di peones nel nuovo Parlamento. Il trombato alla candidatura del Partito Democratico, Gianni Pittella, è stato immediatamente accolto in Azione e candidato come capolista al proporzionale per il Senato in Basilicata. Italia Viva di Matteo Renzi aveva la necessità di garantire per sé e per i suoi un seggio sicuro, per continuare a esistere.

Oltre la garanzia di superare il quorum al proporzionale, l’obiettivo di Carlo Calenda e Matteo Renzi è solo quello di cercare di contenere la vittoria del centrodestra e sperare che la coalizione, data per vincente, non raggiunga la maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento. È possibile che una formazione politica abbia come obiettivo strategico, non una visione del Paese o della società, ma una nazione senza un Governo stabile di legislatura?  Sono questi i politici che pensano al bene dell’Italia? La loro tattica, di corto respiro, è quella di risultare determinanti per la formazione del nuovo Esecutivo e negoziare posizioni di potere e di sotto-Governo funzionali alla loro sopravvivenza.

Voglio sperare che gli elettori sapranno discernere tra chi vuole il bene dell’Italia e chi aspira all’ingovernabilità nel loro esclusivo interesse. È facile prevedere che dopo il 25 settembre le strade di Carlo Calenda e Matteo Renzi si separeranno. Un egocentrico come Renzi, che ha rinunciato ad essere il front runner della coalizione, è quantomeno inverosimile. Forse, quando ha rinunciato alla leadership, avrà pensato “vai avanti tu, che mi vien da ridere”.

Aggiornato il 23 agosto 2022 alle ore 11:07