Il Family Act è un pacchetto di deleghe che un futuro Governo dovrà attuare entro due anni, attraverso l’emanazione di singoli provvedimenti attuativi. In estrema sintesi, prevede un bonus che verrà calcolato in base all’Isee per le famiglie con figli al di sotto dei 21 anni, con un aumento del 20 per cento per ogni figlio successivo, con agevolazioni per gli asili e una riformulazione del congedo parentale; una serie di interventi a sostegno della genitorialità e dei giovani previsti nell’ambito del famoso Piano nazionale di ripresa e resilienza.
La prima considerazione è di ordine pratico: è una legge delega che nell’immediato non ha alcun effetto sulle famiglie. Infatti, le misure riguardanti l’educazione e il sostegno alle responsabilità familiari devono essere assunte dal Governo (quale?) entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge (articoli 2 e 6), mentre le misure riguardanti i congedi parentali, il lavoro femminile e il conseguimento dell’autonomia finanziaria dei giovani devono essere assunte entro i 2 anni. Insomma, che Mario Draghi si sia dimesso – senza aver perso la maggioranza – non cambia di molto la lungaggine prevista e concordata e, d’altra parte, non avrà voluto operare oltre l’emergenza che ormai nessuno sa quale sia di preciso tra le tante in agguato. Pare più un manifesto della fu Unità nazionale, la più incredibile della storia repubblicana, che un concreto provvedimento legislativo.
Nessun dubbio sulla carrellata di welfare riferito ai servizi socio-educativi per le scuole dell’infanzia e alle famiglie per i figli con disabilità, ai viaggi di istruzione, all’acquisto dei libri e dei servizi informatici, ma nessun riferimento esplicito alla libertà di scegliere la scuola per i propri figli, che dovrebbe tradursi nel Buono-scuola in mano a ogni famiglia e non in finanziamenti alle scuole paritarie. La libertà di educazione è della famiglia in primis, anche Stato escluso, per capirci.
Era l’occasione per affrontare la questione della libertà educativa che può essere definita solo aiutando la famiglia a pagare le rette e non elemosinando sostegni per le singole scuole. Certo, non si può attendere dalle norme attuative ciò che la delega non prevede di suo. E come potrebbe, se la scuola, paritaria o statale che sia, segue acriticamente l’Agenda 2030 con le sue diciassette skill, incastonate come perle nell’Educazione civica che attraversa tutti i saperi scolastici?
Sulla copertura finanziaria dei provvedimenti che verranno (?) aleggia l’incertezza, se all’articolo 8, a) del comma 1 si fa riferimento ad “eventuali risorse residue” e al comma 2 si legge che “qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno o mediante l’utilizzo delle risorse di cui al comma 1 del presente articolo, essi sono adottati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie”, ex lege 196/2009.
Ciò detto, leggendo le parole infuocate del movimento femminista globale di Ni Una Menos – … riproduce un modello gerarchico e sessista, dove la tutela di una nazione bianca porta al suo interno il lavoro migrante sfruttano; dietro la difesa e la tutela della famiglia vi è l’affermazione dell’eterosessualità obbligatoria e un velato attacco alla libertà sessuale e ai diritti riproduttivi delle donne, come l’aborto – si comprende come il nomen della legge Family Act, condiviso in modo pressoché unanime dal Parlamento, sia il segno tangibile del politicamente corretto in autodigestione, così come tutte le pianificazioni della società per mano di quell’egualitarismo socialista che si rivolta contro la natura e che fallisce sempre.
Cosa altro aggiungere? Le deleghe per tempi e modi sembrano essere congegnate per vedere la luce a babbo morto. E da quello che si nota neanche la stravagante campagna elettorale sembra servirsene più di tanto: le politiche a sostegno della natalità/famiglia dovrebbero essere il primo e più importante tema di discussione in tandem con la difesa delle libertà costituzionalmente garantite, messe a ferro e fuoco dall’emergenzialismo parcheggiato in sosta vietata.
Per il futuro, per i nati liberi e per tutti, conviene continuare a tenere alto il grado di consapevolezza con le parole del filosofo americano Michael Novak: “Tra lo Stato onnipotente e l’individuo indifeso si profila la prima linea di resistenza contro il totalitarismo: la famiglia, indipendente economicamente e politicamente, che protegge lo spazio entro cui individui liberi e indipendenti possono ricevere la necessaria formazione”.
(*) Rete Liberale
Aggiornato il 22 agosto 2022 alle ore 11:07