
Ci sono due coccodrilli e un orango tango. Due piccoli serpenti e… gli occhi della tigre di Enrico Letta. Un po’ Rocky Balboa, un po’ grossista, il segretario del Partito Democratico redige l’inventario nel fantastico mondo del mercato dei saldi. L’obiettivo è allestire la possibile formazione da schierare alle prossime elezioni. Dopo la rottura con il Movimento Cinque Stelle, Letta fa il punto della situazione, tra svincolati e personaggi in cerca delle luci della ribalta.
Un colpo al centro e uno alla botte, verrebbe da dire. Un agglomerato frastagliato, con il dialogo che va da Articolo Uno ai Socialisti, “passando da Che Guevara” (per parafrasare Jovanotti) fino ai Verdi, senza dimenticare Carlo Calenda. Con uno sguardo interessato agli ex ministri di Forza Italia. A tal proposito, Mariastella Gelmini già picchetta su Twitter: “Ho letto il manifesto di Azione. Europeismo e atlantismo, infrastrutture, Pnrr, industria 4.0, revisione del reddito di cittadinanza. È l’agenda Draghi ed è quello che serve all’Italia. Carlo Calenda io ci sono, vediamoci”.
Letta continua. E intende parlare con tutti, anche con chi “ha votato Forza Italia alle ultime elezioni o le liste civiche”. Questa la ricetta del piatto forte in salsa Pd, illustrato nella relazione nel corso della direzione nazionale alla Camera. Con l’aggiunta: “La scelta è fra noi e Meloni”. Individuato il “nemico”, il segretario dem cerca di raccattare il possibile, per non trovarsi con le pive nel sacco: “Forza Italia è un partito con cui abbiamo collaborato al Governo, abbiamo lavorato bene. Poi, improvvisamente, questa scelta incomprensibile che gli sta portando una frana di consensi e dirigenti. Fi ha deciso di sciogliersi dentro la Lega, ed è un punto di non ritorno, ma lì si è aperta una voragine, dentro il centrodestra. O noi convinciamo una parte degli elettori che hanno votato lì o sarà difficile giocarla solo sugli astensionisti. Dobbiamo parlare anche con chi ha votato Fi alle ultime elezioni o le liste civiche”. Tutti insieme, appassionatamente.
Allo stesso tempo Enrico Letta – il quale sostiene che, se dovesse servire, sarebbe ben disposto ad assumere il ruolo di “front runner” della campagna elettorale – deve fare i conti con un Pd diviso tra i fedeli a Mario Draghi e chi, invece, non ha mai sostenuto l’ex governatore della Banca centrale europea. Un gioco di sguardi, per trovare la quadra, è davvero poca roba. Tanto che gli occhi della tigre potrebbero trasformarsi in quelli di un gattino che implora un aiuto. Perché, alla fine, anche un “miao” può servire per racimolare qualche voto in più.
Aggiornato il 27 luglio 2022 alle ore 10:19