Crisi di Governo, burocrazia e Palazzi alti

Se siamo caduti in un nuovo caos di Governo è perché nei palazzi del potere sono entrati troppi mentegatti (mentegatto è chi ti graffia mentre lo carezzi, e dopo ti dice che non è stato lui). Ebbene, dal 2018 i Cinque Stelle – potremmo ribattezzarli Cinque ex Stelle o M500 miliardi di buchi neri – hanno fatto parte di tutti i governi, decidendo su tutto e tutti, contribuendo ad aumentare di 500 miliardi un passivo già imponente. D’accordo che sono stati anni grami, ma insomma non puoi criticare te stesso dicendo di essere un altro, fingendo di non essere mai stato nello Stato. I Cinque Stelle sono come quegli automobilisti, fotografati mentre passano col rosso, che vanno a spergiurare di non essere stati loro a farlo, e che la foto della Polstrada non è chiara. Così non pagano, pur sapendo di essere stati loro a passare col rosso. Quelli sono furbi e la fanno franca sempre. Sono impuniti.

Allo stesso modo, i Cinque ex Stelle dicono che la buona strada è quella dei bonus a pioggia, e che la cattiva strada è quella di chi pensa che servono riforme veloci e strutturali, oltre che fatte bene e non alla cialtrona. Dieci anni fa ho scritto un paper su come all’estero si fanno le politiche pubbliche. Intanto ci sono corsi universitari ad hoc. In Italia solo da poco c’è qualche corso, qua e là. I politici nostrani di norma sono avvocati o sono tutto meno che specializzati in public policy (negli Stati Uniti le policy erano corso di laurea già negli anni ’50!). Risultato? In Italia ci sono almeno 250mila leggi, di cui poche buone, e molte fatte da mentegatti. Dobbiamo ricordare che troppi italiani hanno abboccato alla grande all’esca di Grillo, anche se questa esca aveva la forma di uno squalo, il sapore di cavoli bolliti una settimana fa, l’odore di una capra morta da dieci giorni. Ma che parlo a fare? I Cinque ex Stelle vogliono continuare a trovare voti coi bonus invece che con soluzioni strutturali. Questo è.

Non servono elemosine, però. Servono soluzioni economiche rapide e strutturali che favoriscano la resistenza delle famiglie più fragili di fronte al caos mondiale. Spero che dopo la giornata di ieri, se i parlamentari di Giuseppe Conte vorranno stare contemporaneamente al Governo e all’opposizione, li si metta alla porta. Il Paese è al delirio. Ci sono le bollette del gas stellari (e ci dicono che non è colpa di Vladimir Putin, ma di Mario Draghi), i rincari della frutta (“ma è colpa del libberismo”). Ci sono le minacce della Quadruplice Intesa (Russia, Cina, Iran, Corea del Nord) che da 20 anni ci preparava agguati, pugnalate e putipù (i putipù sono gli alfieri di Putin in Italia), nell’incoscienza di quasi tutti. C’è la siccità (colpa di Matteo Renzi?). C’è il caldo (colpa dell’Ilva di Taranto?). Infuriano i no-trivelle-no-tutto-so-tutto-io.

Poi ci sono le piccole sofferenze quotidiane. Ieri sono dovuto andare quattro volte all’Ufficio postale per ritirare la posta di un amico assente. Avevo la sua delega su WhatsApp. Appena il signore dall’altra parte mi ha inquadrato, ha detto che la delega deve essere stampata, perché non va bene se è sullo smartphone. Non si può. Gli ho fatto una piccola filippica contro la burocrazia, ricordandogli che “negli Usa non è così”, e che alle Poste la carta regna sovrana, alla faccia della digitalizzazione universale predicata dal book del qu di qualche burocrate. Poi m’han detto che per una delle due raccomandate non ci voleva la delega, ma il diretto interessato. E comunque “ripassi dopo”. Quando sono tornato nell’ufficio, mi hanno fatto sapere che no, potevano darmi quella raccomandata che prima non avevano dato, ma che per l’altra raccomandata, indirizzata alla madre dell’interessato deceduta da 12 anni, si doveva compilare un modulo speciale, e che non bastava la dichiarazione di essere l’erede.

Quando ho obiettato che la madre era deceduta da 12 anni e che l’interessato si trovava a 8mila chilometri di distanza, l’impiegata stava per darmi lo stesso anche la seconda raccomandata, quando si è accorta che la raccomandata era arrivata la mattina stessa, e quindi non era ancora in ufficio. A quel punto ho detto ma sì, la ritirerà il mio amico quando arriva, tra una settimana, e ho preso l’altra raccomandata. A casa ho chiamato l’amico e ho aperto la busta per leggergli di cosa si trattava. Alle Poste m’avevano detto che era qualcosa che riguardava “la patente”, invece proveniva dal ministero della Salute. Apro e leggo. Il ministro dice al mio amico che contro di lui è in corso un “procedimento sanzionatorio” perché non ha fatto la terza dose. Il mio amico mi dice: “È cosa già risolta quattro mesi fa direttamente alla Asl. Ho il Green Pass e la Asl lo ha già certificato”.

Ci siamo detti che quella doveva essere la Giornata Onu della burocrazia mentegatta e abbiamo chiuso la telefonata. Poi ho sentito i parlamentari di Giuseppe Conte e ho pensato che le piccole cose non si vedono dai Palazzi alti, purtroppo. Però la richiesta di una migliore burocrazia quotidiana sarà pure una parva ratio, sed cum ratione (è una piccola ragione, ma a ragione).

Aggiornato il 15 luglio 2022 alle ore 10:52