
È esplosa la Supernova Giuseppe(i) Conte! Coordinate spaziali: MM55SS. Cioè una nube di meteoriti e pianetini. Il guaio è che, all’interno di quella immensa corona luminosa, si giocheranno nel 2023 i destini elettorali dell’Italia, lungo la faglia trasversale e pluripartitica che già da ora divide “pro-ucraini” dai “pro-russi”. E che rischia di terremotare anticipatamente l’attuale Governo Draghi. Prima di oggi, quella stella morente ha brillato intensamente per una stagione, navigando sulle gobbe del Coronavirus con i suoi de-cretini, che un Parlamento infetto e assente ha lasciato credere ai suoi danti causa (cioè, il popolo italiano!) che fossero quasi-legge. E non semplici atti amministrativi (annullabili da un Tar qualsiasi!) adottati da un Dux fuori epoca, ma bravo cuoco pro-tempore di una politica diventata una ingovernabile friggitoria. Nel senso che, in questo suo interregno da presidentissimo, anche i pesciolini appena caduti nella rete del Potere, come i Cinque Stelle sono finiti poi puntualmente, uno a uno, nell’olio bollente della “leadership dell’anti-leadership” (antinomia del populismo targato Beppe Grillo-Gianroberto Casaleggio), che tutto brucia e consuma, comprese le spine dorsali degli sprovveduti. Soprattutto se non si hanno nei propri ranghi gli Andreotti, i Moro, i Berlinguer e i Craxi, ma semplici scartine miracolosamente pescate nel grande mare del web, in base a curriculum surreali, fantasiosi e inverificabili. Tutto il contrario della professionalità necessaria per guidare in porto una nave disastrata come il Bastimento Italia, che si è provveduto a zavorrare fino all’auto-affondamento, gravandolo con parecchie centinaia di miliardi di “nuovo” debito pubblico della spesa a go-go e degli scostamenti progressivi di bilancio, per finanziare l’helicopter money dei bonus, dei ristori e di milioni di redditi senza lavoro, creando così moltitudini di nuovi assistiti anziché di veri lavoratori!
Ecco: di certo le prossime legislative del 2023 giustizieranno questi finti giustizieri, che hanno solo dilapidato immense fortune degli italiani già super-tartassati. Ma, in cambio di che cosa? Con ogni probabilità, importeremo altra instabilità politica favorita dell’altissimo astensionismo da parte degli elettori, disgustati da partiti-meteora iper-leaderizzati, in cui i loro responsabili politici si accontentano di vivere alla giornata, navigando sulla cresta dei like e dei sondaggi che nulla spiegano ma tutto orientano. Attività sciagurata di polling¸ quest’ultima, che si limita a “sondare” ogni volta un numero infimo di cittadini italiani, mentre tutti gli altri si scatenano a distanza di sicurezza e nell’anonimia, dando un triste, perenne spettacolo (spesso incivile!) sulle piattaforme del circo mediatico, dove durante notti insonni vengono messe in mostra le bestie feroci, digitali e virtuali, corrispondenti a decine di milioni di profili che affollano i social network. Così, oggi, la cronaca politica è costretta a registrare il naufragio di un leader come Giuseppe Conte, che arriva con la sua insipienza a segare persino il ramo dove è seduto il suo ministro degli Esteri in quota Cinque Stelle! Dall’alto del suo nuovo incarico come presidente del Movimento, Conte non si fa scrupoli di sabotare irresponsabilmente (in materia di allineamento e coesione della politica estera italiana con il resto delle democrazie liberali occidentali), il suo successore a Palazzo Chigi, del quale Governo pur tuttavia fanno parte i Cinque Stelle, di cui è Conte stesso il più alto (Elevato no: quello spetta a un altro grillo parlante!) responsabile politico! Quindi, molti degli attuali parlamentari grillini, sicuramente perdenti posto, cercheranno disperatamente spazi in altre liste compiacenti, in attesa di una più che certa decimazione, a seguito della riduzione del numero di parlamentari dal 2023, voluto dall’insulsa e demagogica riforma grillina, priva di una visione lungimirante ed equilibrata.
Anche quella volta si è persa la grande occasione di una più incisiva revisione della “balance-of-power” dei poteri costituzionali italiani, ma “chi è causa del suo mal” non può prendersela che con se stesso! Visti da dentro, assassinati dal loro stesso ossimoro della “Leadership dell’Antileadership” (antinomia insolubile e suicidaria del Movimento), i Cinque Stelle sono una materia fluida e incoerente, come il loro statuto. A leggerlo attentamente, non si può fare un normale congresso di partito, con tanto di delegati territoriali, perché il mito della democrazia diretta (online) prevede che sia un’Assemblea di tutti gli iscritti (centinaia di migliaia di aventi diritto, quindi!) a decidere sulle materie statutarie, sui grandi indirizzi e sulle scelte politiche fondamentali del Movimento, nominando il presidente e i principali organi direttivi collegiali.
Per cui, paradossalmente, l’Assemblea stessa, una volta convocata in presenza o online o in forma mista, avrebbe tempi biblici per il suo svolgimento, visto il diritto di ogni iscritto a presentare “eventuali osservazioni e/o considerazioni e/o opinioni” sugli argomenti all’ordine del giorno! Per non parlare poi dell’attrito persistente tra i vari poteri statutari, come il binomio presidente-garante, e i vari comitati, tra cui spicca quello di Garanzia che dovrebbe poter sfiduciare il garante-Grillo, cui spetta però il potere di designare i membri del comitato stesso!
Quindi, forte delle sue prerogative statutarie, Beppe Grillo torna oggi a ribadire il totem del divieto assoluto di un “terzo” mandato (e non di “doppio”, come erroneamente viene dichiarato!), a tutto danno del “Caminetto” dei cacicchi storici del Movimento, come Di Maio, Roberto Fico, Paola Taverna e via dicendo, desiderosi di garantirsi un futuro da parlamentari/ministri, potendo vantare un’esperienza parlamentare e ministeriale di tutto rispetto. Tutti costoro, con ogni probabilità, saranno costretti a scindersi tra la componente dura e pura (cavalcata da Conte-Grillo) e i “governisti”. Questi ultimi, in un prossimo futuro, potranno anche ritrovarsi in un Draghi-bis, o similaria, dato che con ogni probabilità, dopo le elezioni del 2023, si riproporrà a Sergio Mattarella un quadro ancora più frammentato rispetto al 2018, con conseguente paralisi istituzionale. Per cui, perdurando l’attuale crisi energetica ed economica, la soluzione più probabile sarà quella di inchinarsi a un nuovo “Governo del presidente”. Tanto più se il partito di Giorgia Meloni dovesse attestarsi come il più votato del centrodestra, senza tuttavia che quest’ultima coalizione si assicuri la contestuale maggioranza nei due rami dell’Assemblea.
Questo perché, parallelamente, è più che prevedibile un fallimento elettorale della “Cosa” piddina del “Campo largo”, al quale tutti ambiscono ma nessuno sa che cosa sia in realtà. Di fatto, sinistra e spezzoni di ultrasinistra giocano da tempo (a partire dalla gestione prima di Nicola Zingaretti e, poi, di Enrico Letta) con terminologie a loro stessi del tutto estranee, prese iconograficamente in prestito da teorie fisiche molto sofisticate della teoria dei campi. Come si terranno assieme leader simil-centristi del calibro egotico di Carlo Calenda/Emma Bonino/Matteo Renzi (che hanno traslato la loro anima democristiano-radicale in mini formazioni politiche, destinate a restare ben al di sotto del 4 per cento su base nazionale!) che giocano all’incompatibilità reciproca con Giuseppe Conte e il suo Movimento Cinque Stelle, costringendo un disperato Enrico Letta (altro illustre ex Democrazia Cristiana) a trovare la “quadra” dentro campi di forze che si annichilano tra di loro?
Poiché, detto per inciso, un campo fisico quantistico sta in piedi se viene rifornito dall’esterno di nuova energia, ecco allora che tutti la cercano nella spinta propulsiva tratta dall’unica sorgente di consensi “piddina” in grado di ottenere, a sinistra, una qualche maggioranza relativa. Ed è così che la lista del Partito Democratico, in vista del 2023, vedrà bussare (inutilmente) alla sua porta molti transfughi stellati, che hanno il terrore di non entrare in quota utile nel loro vecchio Movimento, destinato a essere più che decimato a causa della drastica riduzione del numero di parlamentari post-legislative del 2023. In conclusione, senza una vera riforma costituzionale, non c’è alcuna speranza di mettere assieme i frammenti di una politica che ha perso il gusto delle grandi missioni storiche, dedicandosi al piccolo cabotaggio del carpe diem. Morto il Papa populista stellato, chi mai gli succederà?
Aggiornato il 21 giugno 2022 alle ore 09:30