Torna a farsi vivo Beppe Grillo. Il patron del Movimento Cinque Stelle riappare improvvisamente per parlare del conflitto russo-ucraino su cui aveva, finora, mantenuto il silenzio: lo fa con un tweet che rimanda a un lungo editoriale pubblicato sul blog del Movimento a firma di Fabio Massimo Parenti, docente alla China Foreign Affairs University di Pechino, negazionista delle violenze perpetrate dal regime cinese contro la minoranza degli Uiguri, vicino ad Alessandro Di Battista e a Vito Petrocelli, il presidente della Commissione Esteri del Senato, già oggetto di polemiche per il suo dichiarato filo-russismo e di recente espulso dal Movimento per un suo tweet in cui faceva gli auguri per la Liberazione scrivendo la “z” in maiuscolo, con chiaro riferimento a quella che i russi usano per segnare i loro mezzi militari.
L’editoriale che Beppe Grillo ha deciso di prendere come riferimento per la linea da tenere rispetto al conflitto ucraino si intitola “Il ruolo della Cina nella crisi russo-ucraina”. In esso si spiega come oggi l’unica soluzione ragionevole sia quello di “impegnarci ogni giorno nella costruzione dell’unità del genere umano nel pieno rispetto della diversità dei popoli”. Obbiettivo – spiega Parenti – per cui è necessario ispirarsi alle scelte della Repubblica Popolare Cinese che, a detta sua, sembra essere l’unico Paese in grado di fornire un approccio efficace per la costruzione della pace, agendo da “stabilizzatore” delle relazioni internazionali.
La Cina – prosegue il docente universitario – sarebbe artefice di una “globalizzazione inclusiva”, diversamente dall’Occidente, che non ha esitato a servirsi di guerre, invasioni, guerre per procura, cambi di regime, colpi di Stato, rivoluzioni e a usare alla bisogna minoranze etnico-religiose, gruppi estremisti e terroristi per destabilizzare i governi non graditi. Questo delirio pubblicato sul blog di Grillo si associa a un altro articolo, twittato lo stesso giorno, in cui si elogia la bontà del modello Costa Rica, la piccola nazione sudamericana che ha dismesso le proprie forze armate per investire più fondi in sanità e istruzione, impegnandosi a risolvere le proprie dispute senza l’uso delle armi, ma solo attraverso la diplomazia. La narrazione di Parenti, in sostanza, è la stessa usata dai propagandisti di Mosca e di Pechino: quella che tutti gli occidentali nemici dell’Occidente fanno propria; che, con un vergognoso rovesciamento delle responsabilità, attribuisce all’Occidente medesimo – e non alla prepotenza delle autocrazie – la colpa delle crisi che periodicamente scuotono il mondo.
Scendiamo nel merito dell’editoriale che Beppe Grillo ha, di fatto, indicato come modello politico di riferimento per il Movimento da lui fondato e che, sostanzialmente, va ad avvalorare la “linea Conte” sulla questione Ucraina, segnando il ritorno dei Cinque Stelle al movimentismo e al radicalismo delle origini. Dunque, secondo Parenti dovremmo, come la Cina, impegnarci per unire il genere umano nel rispetto della differenza tra i popoli. Prospettiva altamente condivisibile, considerando che niente è più sacro e più necessario alla pace di un ragionevole pluralismo di valori, idee e condotte. Ebbene, comincino la Cina a rispettare la diversità di Taiwan e la Russia quella dell’Ucraina. Se è così importante che tutti i popoli siano uniti nella loro diversità, allora che i cinesi facciano pressioni sul Cremlino perché rispetti il popolo ucraino, perché accetti che è differente da quello russo e lo lasci libero di svilupparsi e differenziarsi secondo le sue aspirazioni e inclinazioni. Ma soprattutto, comincino le autocrazie a rispettare la diversità di opinioni, condotte e idee all’interno delle loro giurisdizioni, perché è assai ipocrita sostenere la necessità di salvaguardare la differenza tra i popoli se non si è disposti a rispettare quella tra individui. Certo, le autocrazie sono generalmente malate di collettivismo: per loro non esistono gli individui, ma solo i gruppi, e sono i gruppi che determinano gli individui. Sostengono sia necessario rispettare la differenza tra i popoli perché per loro i popoli sono una realtà ontologica, che esiste indipendentemente dalle individualità e preesiste a esse. Non è solo un termine sotto il quale ricomprendere una pluralità di singoli che condivide lingua, storia e costumi. Un affronto alla realtà, insomma, che è fatta di cose uniche e irripetibili, sia pure con caratteristiche che le rendono somiglianti ad altre della stessa specie.
Bisogna saper parlare la lingua degli autocrati per comprendere il senso dei comunicati di Mosca o di Pechino e quello degli articoli scritti dai loro cantori occidentali. Unire il genere umano nel rispetto della diversità tra i popoli è, nel linguaggio cifrato dei cinesi e dei russi, il modo per dire che i loro regimi devono essere lasciati liberi di perpetrare ogni sorta di abuso all’interno e all’esterno dei loro confini, senza che le democrazie occidentali interferiscano in alcun modo, onde essere messi nelle condizioni di rafforzarsi, di penetrare all’interno delle democrazie e di corromperle: sono loro a dover unire il genere umano, ma sotto l’ombra della tirannide.
Quanto al ruolo di “stabilizzatore” della Cina – che qualcuno dice avrebbe dovuto essere quello dell’Europa laddove non avesse scelto di andare a rimorchio di Washington – è solo in apparenza che il “Dragone rosso” gioca un ruolo di terzietà nella crisi ucraina. Perché chi non sostiene apertamente la resistenza ucraina e non ritiene di dover obbligare con ogni mezzo le truppe di Mosca a ritirarsi entro i confini internazionalmente riconosciuti del loro Paese, è di fatto dalla parte della Russia. Perché è stato lo stesso Governo cinese a descrivere l’alleanza con la Russia “solida come una roccia”. Perché, per giocare il ruolo di mediatori, è necessario che entrambe le parti siano disposte a venirsi incontro: fare i mediatori quando c’è una parte che non vuole saperne di negoziare (salvo che l’altra parte non accetti integralmente le sue condizioni) è uno dei tanti modi di disinteressarsi della vicenda e di lasciare che i più forti distruggano i più deboli. È questo quello che vogliamo essere? Dei pavidi che abbandonano i popoli aggrediti al loro destino? Dei complici degli aggressori che si nascondono dietro la diplomazia? È questa l’Europa dei Padri fondatori? No, questa è l’Europa che immaginano i traditori dell’idea stessa di Europa, che odiano la nostra civiltà al punto da volerla debole, silente e inerte dinanzi alla violenza delle autocrazie, affinché queste abbiano mano libera e possano distruggere impunemente i valori che ci hanno reso grandi.
C’è poi il discorso sulla “globalizzazione inclusiva” di cui la Cina sarebbe promotrice. Questa specie di globalizzazione è quella che – proprio come avvenuto con la Russia e con la Cina stessa – permette alle autocrazie di diventare sempre più forti dal punto di vista economico-militare, che non vincola il diritto all’autodeterminazione e allo sviluppo a principi fondamentali come il rispetto dei diritti e delle libertà individuali o la non-aggressione degli spazi altrui. Questo non per una questione di superiorità morale delle democrazie liberali – che per quanto imperfette sono comunque migliori dei regimi autoritari, com’è evidente – ma per una ragione pratica: se si lasciano le autocrazie libere di prosperare, considerando che questo tipo di regimi hanno la tendenza a ricorrere alla violenza come mezzo di risoluzione delle controversie e ad espandersi a discapito di altri popoli, tali regimi diventano un pericolo per la pace e la libertà di tutte le altre nazioni. È in questo senso che l’abbattimento dei regimi e l’instaurazione, in ogni dove, di ordinamenti liberi diventa una necessità e non una forma di imposizione o di imperialismo da parte dell’Occidente.
Noi occidentali abbiamo spesso fatto ricorso alle armi, è vero: ma sempre e solo per affermare il diritto, per liberare gli oppressi, per ristabilire un ordine basato sulla legge e sui principi fondamentali dell’umanità. Questa storia per cui sarebbe l’Occidente il nemico della pace e della stabilità mondiale – e non le autocrazie – inizia a diventare stancante ed è incredibile come vi siano sempre più persone – anche al di fuori degli ambienti antisistema e contro-culturali – disposte a dare credito a questa mistificazione. Dire che sono gli occidentali la causa delle guerre e dei conflitti, è come dire che i colpevoli della violenza all’interno di una società sono i poliziotti e non i criminali, perché i primi usano la coercizione contro i secondi per garantire la sicurezza e la legalità. È l’atteggiamento delle autocrazie e la loro stessa esistenza – al pari di quella dei delinquenti – a rendere necessario l’intervento dei Paesi occidentali, che sono i “poliziotti” della situazione.
Concludo con la “smilitarizzazione” in stile Costa Rica. Qui la realtà ha superato la fantasia. Uno Stato senza forze armate – e che non è sotto la protezione di nessuna superpotenza, come l’Islanda con gli Stati Uniti – è in balia di chiunque voglia abusarne. Capisco che i movimenti antisistema come il Cinque Stelle vorrebbero la distruzione di questo Paese a opera di russi e cinesi (come se loro non facessero già abbastanza, con la loro impreparazione, la loro mancanza di cultura di governo, la loro incompetenza, la loro demagogia e il cretinismo elevato al rango di formula politica), ma ce ne vuole per arrivare a proporre certe cose. Almeno la sinistra extra-parlamentare degli anni Settanta proponeva la sostituzione dell’esercito con una “milizia di popolo”: i grillini hanno superato anche i deliri dei gruppi leninisti e maoisti di quel periodo. Solo in un mondo utopico si potrebbe fare a meno dei militari, come degli avvocati, dei giudici, dei medici, dei poliziotti, dei pompieri o degli infermieri: perché sarebbe un mondo dove tutti vivrebbero in pace e non esisterebbero guerre, violenze, crimini, malattie e disastri. Ma, per l’appunto, un mondo simile non esiste e non esisterà mai, per quanto ciò possa suonare strano alle orecchie di chi pretendeva di abolire la povertà per decreto.
In ogni caso, il Movimento Cinque Stelle riscopre la sua natura, intrinsecamente autoritaria e votata alla distruzione. Se da una parte ci sono quelli che hanno tentato – e ancora cercano disperatamente – di fare dell’Italia e dell’intera Europa una colonia russa; dall’altra ci sono quelli che vorrebbero fare la stessa cosa con la Cina. Entrambi hanno in comune l’odio per la civiltà occidentale, per i valori di libertà e democrazia che essa incarna. Entrambi devono essere combattuti e respinti, proprio come le tirannidi delle quali sono i fiancheggiatori.
Aggiornato il 29 aprile 2022 alle ore 11:00