
Fratelli d’Italia primo partito: 21,5 per cento. E Giorgia Meloni, 37 per cento, leader più gradito straccia Matteo Salvini al settimo posto con il 24 per cento. Sono i clamorosi risultati di un sondaggio sulle intenzioni di voto, pubblicato domenica scorsa dal Corriere della Sera. La formazione di destra supera il Partito Democratico al 20,9, mentre il Movimento Cinque Stelle registra il dato più basso degli ultimi due anni, 14.5 per cento. Scende la Lega di 16 punti dalle Europee del 2019 finendo la corsa a 17,5 per cento. Il Pd passa al secondo posto. Forza Italia, dietro a tutti, si ferma all’8,1 per cento.
Se si andasse a votare nel brevissimo questo sarebbe il quadro, secondo Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos. Il secondo leader più gradito risulta Giuseppe Conte (36), tiene il premier Mario Draghi, che passa dai 69 punti iniziali ai 60 attuali, con una lieve ripresa dall’inizio dell’anno, ma cala il gradimento del Governo di 5 punti (57 per cento).
Cosa ci dicono questi dati? Andare a votare per mille e una ragione. Non solo per tirare la volata a Giorgia Meloni o vedere l’effetto che fa Giuseppe Conte sui Cinque Stelle. C’è un altro dato spaventoso che ridicolizza questo apparato nel suo insieme. Mi riferisco al “primo partito italiano degli astenuti e indecisi” che sale al 40,6. Mai visto in Italia un dato così dal 2019. La quasi la metà degli elettori, negli ultimi quattro anni, ha espresso nessun gradimento verso la classe politica che governa. È un dato di fatto, non un commento, una critica, un’accusa. Una realtà di cui non si tiene mai in conto nelle decisioni comuni e soprattutto quando si è trattato di scegliere da che parte stare nella “guerra russo-ucraina”. Dire “siamo tutti ucraini” è una balla. E sostenere che la via d’uscita siano aiuti, accoglienza e armi è l’imposizione di un Politburo italiano, che ha assecondato una epocale disgrazia europea tra sanzioni alla Russia con le ricadute che cominciano a farsi sentire, un esodo biblico di milioni di “invasori” del presidente Volodymyr Zelensky, che tuttavia inizia a impallidire di fronte al genocidio e alla distruzione del suo Paese. Non entro nel merito dei conti per amor di pace, in quanto fare un’analisi dei costi nelle tasche degli italiani non può che rivelarsi un incitamento alla ribellione. Dico solo inaudito, assurdo, madornale.
Che si fa? Stallo? Niente affatto. Non ho citato i cosiddetti “cespugli”, come si diceva un tempo. E cioè Italia Viva di Matteo Renzi al 2,1 per cento, Azione non rilevata e tuttavia calcolabile intorno al 2 per cento, con cui è evidente che non si va da nessuna parte. Ma i Cinque Stelle di Giuseppe Conte, secondo leader più gradito, non sono i Cinque Stelle di Beppe Grillo, potrebbero essere quei Cinque Stelle che votammo quasi tutti, io certamente in quanto promettevano “la rottamazione” del sistema attuale. Ci cascammo in milioni facendone il primo partito ovunque. Se ai Cinque Stelle di Giuseppe Conte si unissero Azione di Calenda e Italia Viva di Renzi si avrebbe un 18,6. Più Italexit di Gianluigi Paragone (2,3) e altre liste (4,9) si arriverebbe al 25,8, che costituirebbe comunque “un terzo polo”, dopo Lega-Forza Italia e Fratelli d’Italia al 47,1. Isolato il Pd con le sinistre e i verdi.
Fattibile? Realistico? Il dato forte è nelle mani del popolo col 40,6 per cento, che o continuerà a non andare a votare oppure verificherà le offerte e la solidità delle medesime. Il giochetto dei Cinque Stelle divorati dal Pd non deve ripetersi. Io non ho votato il Movimento per finire nelle fauci di Enrico Letta o di Nicola Fratoianni. Con Giuseppe Conte le cose potrebbero cambiare, la sua guida potrebbe garantire una politica più democratica e aperta. Solo per fare una ipotesi fantasiosa: Cinque Stelle di Conte, più Azione, più Italia Viva, più Italexit, più altre liste, più astenuti e indecisi si arriverebbe al 60,8 per cento. Ossia il vecchio dato dei 5 Stelle, o no?
Tutto questo da che può dipendere. Secondo me da tre fattori. Il primo, una riforma elettorale con vincolo di mandato, ma anche con modalità legali altrimenti cambi di casacca e finte si ripeteranno. La seconda condizione, un programma convincente che riporti gli italiani alle urne. La terza, ma non ultima condizione, che resti fuori dal dibattito e dalle promesse la questione religiosa, i gay, le lesbiche, per cui io sono dalla parte di Cirillo I, Patriarca di Mosca. Sono questioni private, intime e non esternabili. Ogni uomo, ogni donna, ogni persona va laicamente giudicata per il suo ruolo e compito nella società. Se fa bene o fa male. Il resto sono questioni morali, per cui il Codice penale basta e avanza. O religiose. Per questo stanno morendo in Ucraina giovani, padri, bambini e donne piangono disperate. Non aggiungo altro.
Aggiornato il 29 marzo 2022 alle ore 12:20