
L’emergenza climatica, il nucleare, l’intelligenza artificiale e gli algoritmi dei social network. Sono solo alcuni dei temi al centro della “Biennale del futuro”. La seconda rassegna di studi e tendenze promossa dalla Lega e dalla Destra liberale all’Hotel Massimo d’Azeglio di Roma ha registrato la partecipazione di Matteo Salvini (da remoto). Sono intervenuti: i ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia; la parlamentare europea del Carroccio Cinzia Bonfrisco; il responsabile economico Claudio Durigon; il capigruppo alla Camera Riccardo Molinari; il deputato Giuseppe Basini, presidente onorario di Destra liberale; gli ex deputati Rocco Buttiglione e Guido Crosetto. Il direttore de L’Opinione Andrea Mancia ha partecipato al dibattito sui Social media e Politically correct insieme al fondatore e direttore della Scuola di Liberalismo Enrico Morbelli; il giornalista Franco Bechis; il giornalista di Radio Radicale Alessio Falconio e la caporedattrice di Rivoluzione liberale Giulia Pantaleo.
“Se tutto dovrà essere regolato da un algoritmo – si è interrogata Bonfrisco – chi produce l’algoritmo? Uomo, donna o un altro algoritmo? Con quali criteri lo fa?”. Per Andrea Mancia, “gli algoritmi non si creano dal nulla. Vengono scritti e codificati da persone. Il problema non è la tecnologia. Questa potenzialmente ha un valore di liberazione dell’uomo infinito. Nel 1996, John Perry Barlow (il paroliere dei Grateful Dead), quando fece la dichiarazione d’indipendenza del Cyberspazio, invitava coloro i quali frequentavano Internet – un centinaio di persone – a diffidare dell’intervento dei governanti e delle corporazioni nel web. Queste avrebbero potuto rovinare quello che era un orizzonte di libertà dato da Internet. Noi, vedendolo adesso, notiamo subito i problemi di Facebook, lo sfacelo dei social media, ma non ci rendiamo conto che grazie a Internet, molti dissidenti in regimi totalitari o autoritari, riescono a comunicare fra di loro e a far circolare le proprie idee”.
Secondo il il direttore de L’Opinione, “il problema è l’Occidente. È qui che gli algoritmi vengono scritti per limitare le libertà degli altri. È in occidente che il Politicamente corretto ci impedisce di azzardarci a parlare di alcuni argomenti. Il problema è il collasso dell’Occidente, anzi della libertà in occidente. Quando un presidente degli Stati Uniti, durante la campagna elettorale, viene espulso dai social media all’unisono, il problema non è degli algoritmi, perché è stato fatto con coscienza da un gruppo di persone che aveva l’interesse di “far fuori” Donald Trump dalla contesa elettorale. Questa purtroppo è la verità: l’algoritmo viene scritto, codificato e coscientemente programmato per espellere alcune idee dall’agone del dibattito pubblico. Potenzialmente, la tecnologia è uno strumento fenomenale di diffusione e moltiplicazione della libertà. Quando poi il dottor Zuckerberg decide che a censurare alcune notizie siano un manipolo di giovani usciti dalle più prestigiose università americane che, al 95 per cento, appartengono alla liturgia liberal che conosciamo bene, questo non è opera di un algoritmo, questa è una decisione politica, che andrebbe giudicata politicamente”.
Per Mancia, “purtroppo, mentre noi politicamente possiamo far fuori i nostri governanti, a costoro non possiamo rendere lo stesso trattamento. Anche se gestiscono budget da media nazione europea, sono sfortunatamente sfuggiti al controllo. Lo hanno fatto pagando fior di milioni di dollari una delle due parti del dibattito politico americano e godono adesso di un’impunità che si riflette negativamente sulla libertà di pensiero nell’Occidente. Gli algoritmi non nascono come i fiori, ma vengono programmati da persone che hanno un piano politico, una tendenza politica, ed evidentemente la necessità di dover far fuori” metà della popolazione mondiale dal dibattito pubblico contemporaneo”.
Aggiornato il 07 marzo 2022 alle ore 16:38