Ucraina e Covid, l’importante è drammatizzare

Possiamo sperare che la crisi in Ucraina sia una West Side Story in cui la Russia avrebbe mirato soprattutto ai mercati finanziari per spingere gas e petrolio verso l’alto, a colpi di spostamenti di truppe e cannonate giornalistiche. Comunque vada, la leadership russa ha avuto successo: file di leader e ministri di tutto il mondo in ginocchio da Vladimir Putin e Sergej Lavrov; prime pagine scovidizzate, gas alle stelle. Se fosse così, anche gli Usa avrebbero utilizzato la minaccia di guerra per minare l’alleanza energetica tra Germania e Russia, riallineando alla Nato una Unione europea disperata come i cittadini di Roma ai tempi del Sacco dei Visigoti.

Il caos si fonda anche sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la sua corte di avvoltoi che condannerebbe gli ucraini alla morte, pur di glorificare la loro piccola volontà di potenza di stampo nazistoide. Una corte che spera di diventare come i palestinesi di Al-Fatah e Hamas, che hanno formato una casta nutrita e spesata dall’aiuto internazionale. Il che però è un gioco pericoloso. Detto ciò, il problema è quello di sempre: abbiamo dei media “bullshit” che pubblicano una vecchia lettera da padre a figlio pur di mandare a gamballaria un politico antipatico. Abbiamo dei giornalisti che per qualche dollaro in più si sono trasformati in Torquemada del Bene assoluto, dei difensores fidei, però diabolici. Per due anni hanno usato il Covid per spargere tragedia, terrore, e drammi scespiriani, con ripetizioni ossessive e trattando il popolo da lattante, così che regredisca invece di crescere, come nel film “Il curioso caso di Benjamin Button”. Ma rincoglionire i lettori ha un solo risultato: che nessuno più legge, così, invece di seguire i predicozzi da Lilli Gruber, si seguono i trapper una volta ribelli del Bronx, oggi glorificati dal sabba del festival di Sanremo.

Finita (forse) col Covid, la muta di cocker e levrieri afgani si è gettata sulla Terza guerra mondiale. Così un cittadino rischia la gastrite e non investe più in titoli di Generali o Eni, ma si butta sull’oro: da due anni siamo vessati dalle profezie di sventura emessi da reggimenti di Cassandre che aggravano la fuga dai mercati e l’aumento dei prezzi. È vero che il prezzo di container ed energia è stato innescato dall’impennata dei commerci e delle economie alla fine della penultima ondata di Covid, ma non è il caso di gettare altra benzina sul fuoco. Finora la società dello spettacolo è stata una specie di Paese dei Balocchi televisivo e un poco idiota. Oggi la società dei media distributori di buoni propositi a pagamento rischia di diventare un immenso gulag dove la vita delle masse è confinata dentro una perenne tragedia greco-siberiana.

La strategia militare e informativa russa

Nel 2018, il Center for european policy analysis (Cepa) – di cultura transatlantica – ha studiato la codificazione russa delle guerre non convenzionali, in un testo titolato “Il Caos come Strategia: Il gioco prometeico di Putin”. Dalla Strategia del Caos sono derivati termini come hybrid warfare, infowar. Anche l’Occidente attua guerre non convenzionali, ma quella russa del Caos è un algoritmo completo cui hanno contribuito personalità non da poco come il generale russo Valery Vasilyevich Gerasimov, che ha guidato i russi nello scacchiere spaventoso della Cecenia, e il generale Machmut Achmetovicˇ Gareev, decorato da Putin nel 2013 per le sue concezioni sulle guerre del futuro. I conflitti moderni devono tenere conto della lezione del Vietnam e dei palestinesi, che aggiunge alle tattiche cubane di guerriglia elementi di infowar da buttare come un osso nelle fauci boccalone dei media occidentali. Si veda a questo proposito l’insuperabile Manuale di Studi strategici del generale Carlo Jean.

Gerasimov descrive la sua dottrina partendo da un’analisi dell’approccio occidentale nel warfare. Sottolinea che “anche la Russia” dovrebbe riconoscere l’importanza di elementi non militari (=informativi e informatici) per ottenere buoni risultati militari. Un nuovo studio del Cepa del 2021 – a cura di Alina Polyakova e di Mathieu Boulègue – cita l’Ucraina: “La strategia di azioni limitate al di là dei confini russi come in Siria e Ucraina serve a individuare minacce agli interessi nazionali. (…) Metodi asimmetrici sono decisivi per raggiungere una superiorità nell’informazione”. La Strategia del Caos è sempre al lavoro, per esempio dipingendo gli Usa come “aggressore”, come nei vecchi toolkit sovietici della disinformazione (maskirovka), ma con un salto di qualità di cui l’Occidente dovrà rendersi conto. La Fondazione Germani ricorda anche il generale Vladimir Slipcˇenko, di scuola kruscioviana, che ha scritto sulle guerre di sesta generazione proponendo la No-contact war, anch’essa tecnologica e strategica. Slipcˇenko sostiene che, con la fine della Guerra Fredda, il conflitto russo-occidentale non sia finito, ma sia entrato in una fase di “passaggio dalla società industriale alla società dell’informazione”.

Aggiornato il 16 febbraio 2022 alle ore 15:52