
Oltre due anni fa, il 30 agosto del 2019, con un articolo proprio su l’Opinione mi permettevo di dare un consiglio non richiesto a Matteo Salvini. Quello di chiedere a Silvio Berlusconi di portarlo con mano verso l’adesione al Partito Popolare europeo. Salvini si era illuso di andare alle elezioni anticipate, con un accordo con Nicola Zingaretti che non controllava il Partito Democratico, facendo cascare il Governo di Giuseppe Conte. Ma non aveva ben capito che la svolta dei Cinque Stelle di qualche mese prima di abbandonare la bandiera anti-europeista e di votare Ursula von der Leyen, mentre la Lega votava contro nella speranza di farle mancare i voti, aveva cambiato lo schema di gioco rendendo possibile l’accordo con il Pd. E passato poco tempo, eppure la situazione è radicalmente cambiata.
Con le elezioni politiche del 2018 in Parlamento c’era una larga maggioranza che voleva uscire dall’euro e abbandonare l’Unione europea. Oggi, a meno di 4 anni di distanza, siede a Palazzo Chigi – supportato da una larga maggioranza – Mario Draghi, l’uomo che più di altri incarna l’Europa. La pandemia ha abbattuto tutti i muri e ha cambiato il paradigma della politica. Ha obbligato l’Europa a svegliarsi dal torpore e a mettere mano al portafoglio con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, così per la prima volta Bruxelles ha varato una manovra economica espansiva con debito comune, parola vietata sino a qualche tempo fa.
Negli Usa è cambiato il presidente, non c’è più Donald Trump, che cannoneggiava l’Europa per farla esplodere, ma Joe Biden che ha da subito manifestato l’interesse a rinsaldare i rapporti con la Ue. Non a caso Biden è venuto a Roma al G20 a dire che il migliore alleato degli Usa è l’Europa e ha indicato in Draghi il suo referente. Anche esponenti della Lega del calibro di Giancarlo Giorgetti e Roberto Maroni hanno consigliato nei mesi scorsi a Salvini di aderire al Ppe. Maroni ha fatto il ministro dell’Interno prima di Salvini e sa bene come funziona il mondo e come funzionano gli equilibri internazionali e i riflessi che hanno nel nostro paese. Giorgetti è uno dei ministri più vicini a Draghi, è stato di recente negli Usa e avrà chiaro quanto influenza abbia Washington nel nostro Paese così come le cancellerie europee.
Lo stesso Silvio Berlusconi subito dopo la sconfitta elettorale del centrodestra alle recenti Amministrative è andato a Bruxelles, per garantire il centrodestra e annunciare che stava lavorando per portare con mano Salvini nel Ppe. D’altra parte, quando Salvini ha deciso di appoggiare il Governo Draghi, cosa che aveva mandato ai pazzi il Pd, si poteva pensare che si stesse avviando verso una vera svolta europeista. E invece no: solo qualche mese fa ha detto “no” al Ppe, anche in modo non proprio elegante, sostenendo che è in crisi ed è succube della sinistra. Uno schiaffo anche a Forza Italia e all’Unione dei Democratici cristiani membri italiani del Ppe.
Salvini pensava di poter mettere insieme un gruppo in Europa che va da Marine Le Pen al premier ungherese Viktor Orbán, a quello polacco, Mateusz Morawiecki, per poi unire questo gruppo con quello dei conservatori e riformatori europei ma Giorgia Meloni, che lo guida, ha sempre detto che non se ne parla. Probabilmente Salvini voleva mettere insieme tutti gli euroscettici, per poter condizionare la elezione del presidente del Parlamento europeo. L’operazione non gli è riuscita: ha addirittura votato per la candidata del Ppe ma un attimo dopo, invece di intestarsi l’operazione politica, ha subito iniziato ad attaccare l’Europa, quasi come se fosse sempre alla ricerca di un nemico.
Diversamente la Meloni si è mostrata più accorta, ha ritirato la candidatura del suo gruppo e ha sostenuto l’elezione della presidente, negoziando una vicepresidenza per il suo gruppo. Sia Salvini che Meloni farebbero bene a riflettere di questa loro alleanza con i Paesi euroscettici e di Visegrád, perché hanno interessi contrapposti ai nostri. Non volevano il Piano di resilienza, non volevano il debito comune e si oppongono alla redistribuzione dei migranti. Sono i nostri veri avversari in Europa e allearsi con loro significa non tutelare i nostri interessi, a proposito di sovranismo.
Per finire, l’elezione del Presidente della Repubblica ha rappresentato una vera e propria sconfitta per il centrodestra, che voleva imporre un suo candidato e ha finito per votare per il Mattarella bis, tranne la Meloni. Salvini ne esce malissimo. Partito per fare il regista o il kingmaker, non solo non ha raggiunto lo scopo ma in conclusione ha fatto implodere il centrodestra. Peggio di così non si poteva. Piuttosto che riflettere a mente fredda sugli errori e capire cosa fare, ha rilanciato sul Partito Repubblicano, modello americano, proponendo subito la Federazione con Forza Italia. Ora, a parte il fatto che noi siamo in Europa e non in America, quindi se proprio vuoi farlo devi scegliere un modello europeo, ma soprattutto non puoi lanciare una operazione politica senza un dibattito, un manifesto di valori e soprattutto senza sciogliere i nodi della collocazione internazionale della Lega. Come si fa a fare una Federazione tra un partito che sta con il Ppe e un altro che è fortemente euroscettico e continua a essere alleato della Le Pen? E come si pensa di fare una Federazione tra due partiti che stanno al Governo e uno all’opposizione?
Se proprio Salvini vuole uscire dall’angolo nel quale si è cacciato, faccia una vera svolta europeista, metta da parte nel suo partito i tanti “No euro” che ha imbarcato così come i tanti No vax, vada da Berlusconi e gli chieda di aprirgli e di corsa le porte del Ppe, vada da Draghi e gli assicuri un sostegno senza se e senza ma, evitando di continuare a fare un giorno l’uomo di Governo e un altro quello di opposizione. Altrimenti la proposta di Federazione rischia di essere solo un tentativo di opa verso Forza Italia.
Aggiornato il 03 febbraio 2022 alle ore 10:11