
Ha detto bene il direttore de L’Opinione Andrea Mancia sollecitando nell’editoriale sulla disfatta di appuntarsi la data del 29 gennaio 2022. Chi ha visto nascere il centrodestra non potrà derubricare come un giorno qualsiasi quello del decesso. “El dia de los Meurtos” ha titolato Mancia, parafrasando l’allegorico 2 novembre messicano e cioè la notte degli scheletri. Un’immagine inequivocabile soprattutto rispetto al tripudio del 28 marzo 1994 quando, per quel fine intuito di Arturo Diaconale, L’Opinione bruciò gli altri sul tempo annunciando la vittoria di Silvio Berlusconi. “Ha vinto la libertà”, esultava la folla sventolando le copie del nostro giornale. Ringraziamo Mancia per averci ricordato questo onore nel giorno buio. Oggi avremmo dovuto scrivere l’opposto, “ha perso la libertà”. Nulla di personale contro il rieletto Sergio Mattarella, che va ricordato fu l’autore proprio della legge elettorale (maggioritario a turno unico e proporzionale a liste bloccate) che consentì l’exploit del 1994. A parte il presidente Mattarella, non si può minimizzare la sconfitta del centrodestra. Che ormai perde da solo, mentre la sinistra sbaglia, arranca, ma non cede. Va così dal Papeete, da quel fine luglio 2021 quando nei lidi di Milano Marittima l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini regalò il governo al Pd e ai 5 Stelle facendo saltare il patto e l’ambiguo governo. Paolo Mieli ne fu talmente strabiliato che disse rivolto al segretario Nicola Zingaretti: “Fatene buon uso, perché un colpo simile non ricapita”.
Nonostante la coriacea tenuta di Silvio Berlusconi, colpito prima dal virus e poi da problemi di salute in piena candidatura per il Quirinale, per gli alleati Lega e Fratelli d’Italia è stata una discesa agli inferi, anche se i sondaggi raccontano sempre il contrario. Culminata con le Amministrative di ottobre scorso quando Roma è finita “regalata” al centrosinistra. Dopo Virginia Raggi, Roberto Gualtieri. Allo stesso modo, dopo sette anni di Giorgio Napolitano al Quirinale, altri sette anni di Mattarella bis. Non starò a elencare i perché e per come ben analizzati dagli editorialisti de L’Opinione. Mi limiterò a sottolineare che, come va scrivendo da mesi Cristofaro Sola, era “una disfatta ampiamente annunciata”. Ma allora vien da chiedersi: ci sono o ci fanno? Parlo al plurale poiché, pur comprendendo il tentativo di scalata di Fratelli d’Italia, non riesco a scindere le responsabilità del duo Salvini-Meloni. Un giorno si abbracciano e l’altro si sfidano in un’ottusa guerra della poltrona. Una volta quando un leader perdeva era obbligatorio passare per un congresso, per una verifica e il primo atto erano le dimissioni. I democristiani sono andati a casa decine di volte e altrettanto sono tornati. L’impassibilità con cui Matteo Salvini e pure la Meloni più perdono e più scalano è diventata leggenda. Ora si proporranno repubblicani, federatori, vantano progetti nel cassetto, ma non vedo molto di buono. “Ci avevamo creduto”, ha scritto Sola.
La storia del centrodestra è stata polverizzata e con essa i principi e i valori. L’errore di questa compagine è di puntare alla tattica e alla comunicazione avendo svuotato l’idealità e i distinguo, che hanno rappresentato il bagaglio ma anche il valore. Ora è per lo più pensiero unico su molto sociale, sulle donne, sui diritti. E preoccupa che durante le giornate quirinalizie il sindaco di Roma abbia ordinato lo sgombero alle sei di mattina di alcuni locali in uso da Casapound a Casal Bertone. Ci sono stati tafferugli e manganellate, di cui quasi nessuno ha parlato. Altrettanto è accaduto con i giovani in piazza a Milano e a Roma. Inquietante, ma il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese trova sempre il modo di difendere i rave illegali, gli sbarchi, gli extracomunitari, ma usa la mano forte con gli avversari. Ci sono i partiti di Salvini e della Meloni, ci sono soprattutto loro super mediatici, ma gli anticomunisti e la destra storica sono isolati e scoperti. I parlamentari della Quarta Repubblica sono superficiali e il Parlamento sembra diventato una Spa: si entra ignoti e si diventa ricchi e belli con pensione e vitalizio assicurati. Il mondo, invece, anche per via della pandemia, è in sofferenza e cerca nuovi paradigmi. Come insegnava Einstein, è quando tutto crolla che nascono le opportunità. Sfido i giovani, gli incontaminati, gli altri a farsi avanti, a imporsi, a lottare, non sarà facile scalzare la vecchia guardia, ma non credo in una rivincita di una casta che ha collezionato troppe promesse mancate. Credo in una rappresentanza diversa, la gente è stanca dei politici di professione. A loro resta una missione ancora da compiere. Quella annunciata giorni fa da Fabio Rampelli, plenipotenziario di Fratelli d’Italia e vicepresidente della Camera, relativa a una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla violenza degli Anni di Piombo. Non si possono sotterrare le madri e liquidare un’epoca senza giustizia. Laura Boldrini e la sinistra sono riusciti nell’impresa di porre una targa in Parlamento in memoria di Carlo Giuliani. A terra resta il sangue dei “ragazzini del Fronte della Gioventù” a cinquant’anni di distanza morti senza storia e senza verità. Questa casta almeno chiuda i conti.
Aggiornato il 03 febbraio 2022 alle ore 11:50