Il centrodestra tra due ipotesi

Concordo col direttore Andrea Mancia: il centrodestra non ha un futuro se prosegue su questa strada. Le alternative che si propongono sono due: quella di Fratelli d’Italia e quella “neo-democristiana” di Matteo Salvini.

Quella proposta dalla leader di FdI, Giorgia Meloni, rischia di ridursi a un Aventino perpetuo, in nome di un idealismo che viene dipinto dai media (e inculcato nell’opinione pubblica) come troppo radicale per mettere radici. Serve al centrodestra una presa d’atto pragmatica della realtà: continuare con una Trimurti in salsa Popolo della Libertà è difficile, perché adesso ci sono troppe tendenze centrifughe, tanto che siamo in zona Big Bang. La distanza tra i tre movimenti di centrodestra è cresciuta invece di ridursi, è questo il dato di fatto. C’è un elemento fondamentale, inoltre. Sbagliare le scelte da proporre agli elettori tra un anno significa consegnare per vent’anni il Paese nelle mani del Partito Democratico.

La proposta di Salvini può essere considerata (o denigrata) come una rifondazione democristiana. Forse però è una mossa che spariglia un quadro che rischia di cronicizzare all’infinito lo stallo cui abbiamo assistito nella settimana della (ri)elezione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Costruire una nuova Democrazia Cristiana (liberale, non dannunziana e non troppo sanpietrina) può essere la strada, perché poi si possano realizzare altre formule. La politica ha bisogno di pragmatismo e di calci di rigore a cucchiaio, viceversa è incapace di cambiare lo status quo. Tutto si può imputare a Salvini (ci sarebbe molto da ridire su molte sue scelte, sul modo di comunicarle), ma non che sia privo di coraggio e fiuto. L’idea di federare un centro epurato dal socialismo gesuita, affarista, burocratico, bolscevico e menscevico sembra follia, eppure può essere l’unica carta delle culture politiche non allineate coi poteri di Pd, magistratura allineata e media mainstream, per evitare una catastrofe suicida nel 2023. Quale sarebbe il vantaggio di questa opzione?

Collocarsi al centro può servire a scollegare il Movimento Cinque Stelle dalla stretta di pitone di Enrico Letta & Company: Giuseppe Conte e Luigi Di Maio hanno anche loro l’idea di confluire verso il centro. Capisco che per alcuni elettori di centrodestra un lungo aperitivo con gli ex grillini sarebbe indigesto, ma se si guarda al risultato, con occhio cinico e machiavellico, la decisione centrista sarebbe vincente, perché i piddini resterebbero coi soli loro elettori, oltre ai pochi di Liberi e Uguali e di una parte di Italia Viva. Quindi non avrebbero molte chance alle prossime elezioni.

Del resto, Di Maio studia da democristiano da tempo e Conte ha un retroterra culturale non social-democratico ma cattolico. Salvini è stato finora poco liberista e molto statalista. Se si convertisse a un liberalismo moderato, otterrebbe ciò che il centrodestra non ha conseguito da dieci anni, e i media dovrebbero mettere fine alla loro perenne campagna contro la “destra populista” trumpiana, scopettara e trimalciona. Comunque la si pensi, ci sono ragioni non fantasmatiche nell’opzione spariglia tutto di Salvini

Aggiornato il 02 febbraio 2022 alle ore 10:43