Fuochi d’artificio

È difficile negare che nell’esultanza generale per la rielezione di Sergio Mattarella vi sia qualcosa di artificioso anche se con un sapore liberatorio. Un po’ come per le elezioni politiche ogni gruppo o partito si proclama vincitore felice, sottolineando il proprio contributo per la conferma dell’attuale presidente. Un contributo, però, che non si è visto durante i vani tentativi di cambiare, un verbo che va messo in corsivo perché emblema ossessivo di una sinistra la quale, invece, si dichiara pienamente soddisfatta proprio del non cambiamento. I fuochi d’artificio sono d’obbligo ad ogni elezione presidenziale, ma finiscono presto e lasciano rapidamente solo un pallido ricordo assieme a odorose ceneri irrespirabili. Ovviamente allo spettacolo pirotecnico si sono uniti le autorità e i giornali di ogni Paese ma, siamo seri, ciò sarebbe avvenuto anche se il presidente fosse un altro.

Questa elezione passerà certamente alla Storia, probabilmente solo la nostra, ma per quale ragione? Sicuramente, come osservato da tutti i commentatori, balza agli occhi, da un lato, la frantumazione generale dei partiti e, dall’altro, la forsennata opposizione della sinistra a qualsiasi candidatura di destra e da parte di quest’ultima, sebbene più giustificabilmente data la storia recente dei presidenti, a candidati di sinistra, del resto mai indicati chiaramente. Si tratta di una contrapposizione che dovrebbe far riflettere chi, e sono tanti, si gonfia il petto proclamando la “fine delle ideologie”. Ma, al di là di tutto questo, val la pena di sottolineare un aspetto che ha a che fare con una dimensione, quella individualistica, da troppi considerata come qualcosa da condannare a tutto vantaggio della concezione comunitaria o, per dirla con il linguaggio della sinistra democristiana nella quale lo stesso Mattarella si è formato, della concezione “personalistica” della società.

Nessun candidato, a parte Silvio Berlusconi, ha dichiarato pubblicamente di rinunciare alla battaglia anche se inesorabilmente percepibile come persa. Nemmeno il “nonno al servizio delle istituzioni” che ne avrebbe tratto un significativo incremento di autorevolezza e di senso dello Stato. Anzi, tutti si sono impegnati per promuovere la propria candidatura e rimuovere veti, spinti da una comprensibile aspirazione personale. La cosa non è peraltro necessariamente riprovevole poiché, se assecondata dagli eventi, magari ci avrebbe consegnato una presidenza davvero nuova e forse più decisiva per le sorti del Paese. Alla fine ha invece vinto l’autoconservazione delle istituzioni in un’ottica paralitica che fa impressione e non promette nulla di buono. Ciò nonostante, abbiamo una ulteriore prova, se mai ce ne fosse bisogno, che l’ambizione individuale e la volontà di farsi protagonista, in politica come in qualsiasi altra attività umana, non sono affatto scomparse e hanno solo necessità di essere riconosciute e incoraggiate laddove si manifestino reali capacità. A destra come a sinistra.

Aggiornato il 31 gennaio 2022 alle ore 13:49