Quirinale, quarta votazione: 441 astenuti e 261 schede bianche

Il presidente della Camera Roberto Fico ha concluso la lettura dei nomi sulle schede. Il risultato provvisorio parla di 441 astenuti e 261 schede bianche. Sono stati 166 i voti per Sergio Mattarella, 56 per Nino Di Matteo, 8 per Luigi Manconi e 6 per Marta Cartabia. Altri nomi hanno ottenuto dai 4 voti in giù. Il centrodestra ha deciso di astenersi. Il centrosinistra ha preso tempo. La partita sul Quirinale è entrata nella fase decisiva. Da oggi, per eleggere il presidente della Repubblica, era sufficiente la maggioranza assoluta dei votanti (505). Intanto, ieri pomeriggio Silvio Berlusconi ha sentito Matteo Salvini nella sua suite al San Raffaele. I due leader hanno parlato dell’atteggiamento da tenere oggi. Si è ribadita la necessità di mantenere Mario Draghi a Palazzo Chigi. Il Cavaliere avrebbe detto al leader della Lega: “Ricordati Matteo: un pareggio è sempre meglio di una sconfitta”. Un fatto è certo: Berlusconi e Salvini non hanno gradito il “colpo basso” che Giorgia Meloni ha rifilato, presentando un suo candidato, Guido Crosetto. Frattanto, secondo quanto si apprende da fonti vicine a Fratelli d’Italia, per Giorgia Meloni resta valida, e alla portata, la possibilità di esprimere un presidente della Repubblica espressione dell’area di centrodestra, su cui lavorare e al partito non dispiacerebbero i nomi di Sabino Cassese ed Elisabetta Belloni.

Lo stesso premier ha avuto un chiarimento con Pier Ferdinando Casini, uno dei “quirinabili”. Casini lo avrebbe sondato a proposito di eventuali resistenze sul proprio nome. Pare che Draghi abbia risposto in maniera sibillina: “A me andrebbe bene un Mattarella bis, una presidenza Amato, come qualsiasi altro. Ti posso assicurare che non avverso nessuno”. Intanto, circola una battuta con quale Matteo Salvini avrebbe “silurato” Casini: “Casini? È uno che è stato eletto con il Pd. Una proposta della sinistra. Penso che l’elezione sia una cosa importante, prima si fa e certo meglio è, ma non stiamo mica a scegliere le mele. Io sto sentendo tutti gli altri leader tutti i giorni, è il mio dovere, è il mio lavoro: porto proposte, ascolto. Ci sono venti di guerra, una situazione difficile, penso quindi che Draghi è prezioso dove è, a Palazzo Chigi. No a giochini con il premier”, ha concluso Salvini. Sul fronte grillino, lo sponsor più convinto di Draghi al Quirinale è Luigi Di Maio. Giuseppe Conte avversa platealmente il nome del primo ministro: “Draghi deve restare dov’è”, ha detto. Confortato dalle parole di Beppe Grillo.

Quanto ad Enrico Letta, il leader dem si è ritrovato in mezzo alla morsa di chi non voleva mandare il premier al Quirinale o, comunque, non si sarebbe sacrificato per aiutarlo: Giuseppe Conte, Dario Franceschini e Matteo Renzi. Salvini, vista l’inaffidabilità della Meloni, ha dialogato proprio con quel gruppo, con chi non voleva Draghi. Ha tentato di tenere in piedi una coalizione che purtroppo è minata da troppe ambizioni individuali, ma ha anche cominciato ad immaginare una via d’uscita. Lui era partito con un’idea in testa: o riusciva Silvio Berlusconi, o si tentava con Letizia Moratti. “Se sei tu a ipotizzare il nome di Casini – ha spiegato Matteo Renzi al leader della Lega – di fatto mantieni il ruolo di kingmaker. Io non posso lanciarlo altrimenti lo affosso, ma se tu non lo fai rischi di subire il suo nome o quello di qualcun altro. Inoltre si può dare una prospettiva politica ad un’operazione del genere con un accordo che preveda tra sette anni l’elezione diretta del presidente nell’ambito di una grande riforma costituzionale. Sarebbe un successo non da poco”. 

 

Aggiornato il 28 gennaio 2022 alle ore 09:37