Il centrodestra tutto, quello di opposizione e quello di Governo, si è detto pronto, dopo la riunione dei leader della coalizione di venerdì scorso, a sostenere in maniera unitaria la candidatura di Silvio Berlusconi alla presidenza della Repubblica italiana. Matteo Salvini chiede in buona sostanza al Cavaliere di sciogliere completamente la riserva e di verificare i voti effettivi in Parlamento prima dell’inizio delle votazioni per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Sulla eventuale riserva non vi è granché da sciogliere perché Berlusconi sembra già sufficientemente intenzionato a varcare l’ingresso del Quirinale. Sulla reale possibilità di elezione e quindi sulla esistenza in Aula dei voti necessari, bisogna senz’altro avere fra le mani un quadro della situazione il più possibile affidabile, anche se, e la sonora stroncatura patita anni fa da Romano Prodi lo ha ben dimostrato, può sempre verificarsi un agguato all’ultimo miglio da parte di franchi tiratori, manovratori silenti ed esperti di fuoco amico. Qualcuno ritiene che Salvini si stia già sfilando dall’accordo di coalizione di venerdì scorso, ma dalle parti di Forza Italia giungono rassicurazioni circa la bontà delle dichiarazioni del leader leghista.
Francamente, tutto è possibile. Può darsi che non tutto il centrodestra sia poi così convinto e compatto circa la candidatura di Berlusconi, e può darsi persino che quest’ultimo usi il proprio nome e la propria importante figura politica non tanto per succedere a Sergio Mattarella, bensì per influenzare e gestire di fatto il gioco. Si vedrà, e ormai non manca molto. Ciò che invece rappresenta già una solida certezza è l’incredibile faccia tosta ed ipocrita del Partito democratico. Quando Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia si sono detti disponibili ad impegnare le loro forze sul nome di Silvio Berlusconi, dal Pd, a cominciare dal segretario Enrico Letta, è partito immediatamente un coro sdegnato di rifiuto verso il fondatore di FI, che è tornato in un attimo ad essere quel Cavaliere nero demonizzato in tutte le salse di tanti anni fa.
Se Berlusconi se ne sta buono buono ad appoggiare il Governo Draghi, incluse tutte le misure liberticide, può essere considerato quasi un padre della Patria, ma se aspira al Quirinale, che, chissà perché, deve rimanere un territorio esclusivo del Nazareno, ecco che torna nei panni di una sorta di Augusto Pinochet all’italiana. Se un capo partito o un personaggio comunque schierato in una fazione, come Giorgio Napolitano e anche lo stesso Mattarella, viene proposto dal Pd, tutta la comunità nazionale deve stringersi a coorte senza porsi troppe domande. Mentre, se i giochi vengono gestiti dall’altra parte si urla al Golpe. Dovremmo già conoscerli più che bene, ma non finiscono mai di stupire. Sono giunti addirittura ad usare la figura del povero David Sassoli, pur di richiamarsi ad una fittizia unità nazionale strumentale agli interessi del Nazareno.
Aggiornato il 18 gennaio 2022 alle ore 12:10