Fnsi, Giulietti boccia Draghi sull’informazione

Non è un buon periodo per i sindacati. Ne sanno qualcosa Maurizio Landini della Cgil, Luigi Sbarra della Cisl, Pierpaolo Bombardieri della Uil, Francesco Paolo Capone dell’Ugl. Il clima sociale è condizionato soprattutto dall’emergenza sanitaria che sta ancora bloccando o riducendo le attività produttive. La conseguenza è una crisi economica ancora molto viva, nonostante il tentativo di riavviare la ripresa con i finanziamenti europei del Pnrr. Profilo basso anche per il sindacato dei giornalisti alle prese con profonde ristrutturazioni aziendali che si realizzano con tagli, prepensionamenti, cassa integrazione, scarse assunzioni (una entrata contro tre uscite per pensione). Cerca di uscire dalle stanze di via Vittorio Emanuele Giuseppe Giulietti, veneto, in aspettativa da anni alla Rai di Venezia, una vita al vertice di tutti gli organismi sindacali.

Per non essere attaccato, il presidente della Fnsi ha rilasciato un’intervista a tutto campo a Professione reporter attaccando. Parte da politico di sinistra contro il sovranismo e il populismo congiunti che hanno individuato come nemico il Papa, favorevole a qualsiasi tipo di mediazione. “C’è un assalto, sostiene il leader di lungo corso, all’informazione che ha nel precariato un’emergenza devastante”. Nel ricordare la grave crisi degli anni Ottanta Giulietti ritiene che con quella attuale ci sia una profonda differenza. Quaranta anni fa la politica di fronte alla crisi dell’editoria che era di finanziamento e d’innovazione (si passava dalla tecnologia a piombo ai sistemi editoriali via computer) accettò un ampio confronto con i soggetti interessati, arrivando alla riforma Mammì, con la legge approvata nell’agosto del 1981 in estate dal presidente della Repubblica Sandro Pertini.

“Oggi – osserva Giulietti – le istituzioni non hanno la minima sensibilità in materia. Attualmente in Italia manca un interlocutore sia imprenditoriale sia istituzionale su questi temi. Nel Pnrr non c’è una riga sui problemi dell’informazione, neanche sulla parte della transizione digitale, che sarebbe stato il vero capitolo dove inserire una moderna riforma del sistema editoriale. La qual cosa avrebbe significato anziché dare soldi a pioggia finalizzare le contribuzioni alla trasformazione tecnologica, al riconoscimento del contratto, a indirizzare i soldi all’uscita dal precariato”. A questo punto la critica del presidente della Federazione della stampa si fa netta. “Il governo dei migliori, precisa nel settore dell’informazione non ha fatto nulla di diverso dal governo dei peggiori, non affrontando la riforma della Rai, il conflitto d’interessi, le querele-bavaglio. Nulla di nulla, zero più zero più zero”.

Per bloccare la situazione secondo Giulietti dovrebbe entrare in campo il Parlamento, il quale però in questo momento “non muove un dito se il governo non gli dà l’input” e cioè Mario Draghi. Nel corso della conferenza di fine anno il nuovo presidente dell’Ordine Carlo Bartoli rivolse tre domande al presidente del Consiglio su equo canone, sulle querele-bavaglio e sulla crisi. “Il premier, chiosa Giulietti, per tutta risposta è passato ad altro. E allora bisogna aprire una vertenza fatta di scioperi, mobilitazione, iniziative politiche, sindacali e sociali. Altrimenti passerà altro tempo inutilmente”.

Aggiornato il 13 gennaio 2022 alle ore 12:27