
In questi giorni, in televisione, impazza lo spot finanziato dalla Coop che invita i clienti della nota catena di supermercati a fare un’offerta libera per contribuire alla vaccinazione anti-Covid in Africa, Paese notoriamente in difficoltà da questo punto di vista, posta l’annosa questione del sottosviluppo del Continente Nero, anche dal punto di vista delle strutture sanitarie e del personale medico. Per alcuni – dice la réclame – essere No vax non è una scelta, alludendo al fatto che in molte realtà del mondo è la mancanza del vaccino e di luoghi e persone atti a somministrarlo a determinare il basso livello di immunizzazione.
La pubblicità della Coop è solo l’ultima trovata in questo senso. Gli appelli alla necessità, per l’Europa, di finanziare e promuovere la vaccinazione in Africa non sono mancati, da parte del mondo scientifico come di quello politico. C’è addirittura chi ha ipotizzato la possibilità di utilizzare i finanziamenti del Global Gateway (ben trecento miliardi di euro) per favorire la riqualificazione dei sistemi sanitari dei vari Paesi africani. La pandemia – si dice – non finirà mai fin quando ci saranno aree del mondo in cui il virus potrà avere libera circolazione a causa della mancata immunizzazione: virus che poi, attraverso gli spostamenti, soprattutto le migrazioni, continuerà ad arrivare inevitabilmente anche in Europa. Sicché, è nel nostro interesse fare qualcosa per quelle popolazioni: filantropia a parte, gli africani vanno vaccinati per evitare che continuino a portare la malattia anche qui da noi. A maggior ragione che ora, in Francia, pare sia stata identificata una nuova variante, proveniente proprio dal Continente Nero, sulla quale però gli esperti non avrebbero ancora sufficienti elementi per pronunciarsi con certezza.
Ora, si può dire che l’idea di inviare vaccini e medici in Africa ha tutta l’aria di una colossale scempiaggine? Soprattutto se lo scopo è quello di proteggere noi stessi. La questione, infatti, è un’altra: i rischi sanitari legati all’immigrazione sono sempre esistiti e, a questo proposito, viene spontaneo chiedersi come mai ci si accorga solo adesso di questa problematica, quando sono anni che continuiamo ad accogliere e a ricoverare (a spese del Servizio sanitario nazionale, quindi dei contribuenti italiani) malati di tubercolosi, di scabbia, di malaria, di colera o di Aids arrivati sui barconi. Chi, in passato, provò a segnalare il rischio di contagio legato all’immigrazione venne stigmatizzato come razzista e xenofobo, o come becero populista. Che ne è ora della retorica buonista di quegli anni? Anzi, ora sono proprio le “anime pie” a spingere maggiormente perché l’Europa si faccia carico anche della vaccinazione in Africa.
Al netto di questo, mi pare che qui si stia guardando il dito anziché la luna. Quello legato al Covid è solo uno dei tanti pericoli correlati alla ben più complessa questione dell’immigrazione: è la mancanza di controlli e di regole relativamente a questo fenomeno la vera problematica, la sostanziale assenza di sorveglianza alle frontiere e di sistemi di respingimento dei clandestini, non le malattie – ultima, ma non per importanza, il Covid – che gli immigrati portano. Ne consegue, che la vera urgenza non è vaccinare gli africani, ma proteggere gli italiani e gli europei da tutti i rischi connessi alle migrazioni incontrollate. La vera emergenza è blindare i confini, non immunizzare l’Africa a nostre spese. Ma questa, torno a dire, non è una novità: avremmo dovuto provvedere già da qualche tempo.
Questo genere di idee balzane rappresentano uno dei più chiari sintomi di quanto l’Occidente abbia perso il senso delle sue priorità. Noi stessi stiamo arrancando nella lotta alla pandemia, che nonostante i vaccini si sta rivelando più difficile del previsto da tenere sotto controllo e da superare in maniera definitiva; la nostra economia è alle prese coi rincari dell’energia (e di conseguenza della maggior parte dei beni, anche alimentari), con la diminuzione dei consumi e con una inflazione galoppante dovuta, in parte, alla ripartenza post-emergenza e in parte alle poco prudenti politiche monetarie della Banca centrale europea e della Federal Reserve per favorire la ripresa; e ciononostante, pensiamo a vaccinare l’Africa.
Sarà pure spiacevole da dire, ma forse un po’ di sano egoismo, di tanto in tanto, non guasterebbe. A forza di perderci nella retorica umanitaria abbiamo finito per perdere di vista il nostro interesse, che allo stato attuale delle cose è impegnare i nostri soldi e le nostre energie per chiudere il capitolo Covid una volta per sempre e tornare alla normalità dopo due anni di paura e di precarietà; e cercare di correggere il tiro dal punto di vista economico, per evitare che la cura (gli investimenti per favorire la ripartenza e le politiche monetarie lasse) si riveli peggiore del male.
Tradotto: non abbiamo né tempo, né risorse da dedicare agli altri. Almeno in tempi di magra pensiamo a noi stessi e unicamente al nostro bene, e lasciamo che gli altri facciano lo stesso, se ne sono capaci. E se mancano di questa capacità, mettiamoci in testa che non è un nostro problema e che noi occidentali non abbiamo alcun dovere morale, né alcuna investitura messianica, di risolvere i problemi del resto del mondo. Se poi il problema è veramente solo quello di evitare i “ritorni di fiamma” del virus a causa delle migrazioni, allora bisogna studiare e mettere in campo una strategia efficace per il controllo dei flussi migratori e la difesa dei confini. Da questo punto di vista, la crisi innescata dalla pandemia potrebbe essere un’occasione formidabile. Si sa, infatti, che assieme alle persone si spostano anche i virus e i batteri: lo dimostra la storia che le peggiori epidemie di cui abbiamo memoria furono “importate”. E la storia dimostra anche che uno dei sistemi più efficaci per arginare i contagi e la circolazione di microbi è quello di impedire o di restringere drasticamente la circolazione delle persone. In altri termini, se abbiamo paura che gli africani – posto il bassissimo livello di vaccinazione – possano costituire un focolaio di trasmissione del virus, ebbene iniziamo a presidiare i confini, a respingere i migranti irregolari e a sospendere – per tutto il tempo che sarà necessario – i viaggi da e per il Continente Nero e a vietare l’ingresso a coloro che vi provengono, anche se partiti da altrove. Venne fatto, a suo tempo, con la Cina: mi chiedo per quale ragione non dovrebbe essere fatto anche con l’Africa. Chissà che non siano proprio le ragioni sanitarie a far capire che non possiamo accogliere senza limiti e senza criterio.
Aggiornato il 07 gennaio 2022 alle ore 12:00