
Carlo Calenda irrompe nella partita del Quirinale e punta su Marta Cartabia. Il leader di Azione, intervistato dalla Stampa, sostiene che da oggi cambi tutto. “È arrivato il momento per i partiti di dire cosa vogliono fare”. Secondo l’europarlamentare, “Letta, Conte e gli altri hanno paura di metterci la faccia e tengono le carte coperte. Ma ormai non si può più temporeggiare: la patria reclama che Draghi resti premier, per questa e anche per la prossima legislatura, a parer mio”. Per Calenda, “se ritengono che Draghi debba restare a Palazzo Chigi, i partiti devono impegnarsi per indicare una candidatura seria alternativa. Io ho proposto la Cartabia, costituzionalista equilibrata, capace di maneggiare una materia delicata come la Giustizia”. Secondo l’ex candidato sindaco di Roma, “invece di perdere tempo, si dovrebbe trovare un accordo su una figura come Cartabia per il Colle e poi andare da Draghi e chiedergli di restare al governo: con un patto blindato sulle riforme, che non metta a rischio la legislatura. Se succedesse – sottolinea – si andrebbe a elezioni nel 2023 e dopo tornerebbe al governo Draghi”.
Per Calenda, “se Draghi va al Quirinale, dal giorno dopo cominciamo con la diatriba tra fascisti e comunisti e i problemi restano. Ora basta meline. Tutti dobbiamo dire che Draghi resta a Palazzo Chigi, che gli diamo le forze per un patto forte per fare le riforme e quindi trovare un nome comune per il Quirinale che non può essere quello di Silvio Berlusconi”. Davanti alle telecamere de L’aria che tira, su La7, Calenda sostiene che “l’Armageddon è che si punti a Draghi al Quirinale e non passi alla prima votazione; a quel punto sono guai”, osserva. “Non credo possa esserci dubbio che senza Draghi qualsiasi governo oggi sarebbe più fragile. Non sono d’accordo che chiunque lo possa portare avanti. Draghi o Mr X non è la stessa cosa. In Italia il problema non è avere un presidente di garanzia ma il fare, il governare, e qui non riusciamo mai a fare nulla. Ora c’è un governo di larghe intese: come si fa eleggere il presidente con una maggioranza diversa da quella che sostiene il governo?”.
Intanto, Matteo Salvini, all’uscita da Palazzo Chigi, dopo un colloquio con il premier durato circa mezz’ora, puntualizza: “Con Mario Draghi non abbiamo parlato di quanto dai lui detto ieri in conferenza stampa. Le interpretazioni sulle candidature le lascio a voi giornalisti: io di Quirinale fino a gennaio non parlo”. Salvini ha portato “a Draghi in dono per Natale dei formaggi della Valtellina” e ne ha approfittato “per ribadire l’urgenza di intervenire sul caro-bollette. Abbiamo accennato anche ai temi Pnrr e fondi europei, lotta alla pandemia. Non abbiamo parlato ovviamente né di Quirinale né di beghe politiche”.
Nel frattempo, Michele Gubitosa, uno dei cinque vicepresidenti del Movimento 5 stelle, afferma in un’intervista a Repubblica che il suo partito sul Quirinale “non pone veti”. “In questo momento – dice – in chiusura di legge di bilancio, non è giusto fare fughe in avanti sui nomi. Però dico che per il M5s, se si parla di figure di alto profilo politico e istituzionale, non ci sono pregiudizi. Non mettiamo veti e non siamo prevenuti, lo specifico affinché nessuno pensi di utilizzarci come scusa per dire no a qualcuno”. Sul nome di Silvio Berlusconi Gubitosa afferma: “Su di lui ci siamo già espressi, non avrà i nostri voti”. Poi aggiunge: “Ora dobbiamo approvare la legge di bilancio, dopodiché a gennaio entreremo nel vivo della discussione e valuteremo. Serve – sottolinea – un presidente che unisca e non che divida, intanto fa bene Giuseppe Conte a voler dialogare con tutte le forze in Parlamento”.
Il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari intervista Matteo Renzi, a proposito dell’elezione di Sergio Mattarella. “Nel 2015 – ricorda il leader di Italia viva – scegliemmo Mattarella e non tutta la maggioranza di governo fu d’accordo: alcuni partiti erano scettici o contrari. Oggi possiamo dire che aver individuato Sergio Mattarella è stato un bene per l’Italia. Ma sette anni fa la maggioranza parlamentare fu diversa dalla maggioranza presidenziale: il Quirinale fa sempre storia a sé”. Quanto al prossimo capo dello Stato, Renzi è convinto “che Draghi sarebbe un ottimo presidente della Repubblica come penso che sia un ottimo premier. Questa discussione va ripresa il 10 gennaio, non prima”. Per Renzi, “inserire Draghi nel calderone dei nomi oggi serve solo a gettare fumogeni. Fino al 24 gennaio lasciamo che Draghi si occupi di terza dose, di Pnrr, di ripresa economica. Poi tutti insieme sceglieremo l’inquilino migliore per il Colle. Parlarne oggi – afferma – è come discutere dello scudetto ad agosto. Io non partecipo al fantamercato, mi concentro sulle vere priorità”.
Aggiornato il 23 dicembre 2021 alle ore 13:02