
Nel Lazio iniziano le prime manovre per decidere chi sarà il successore di Nicola Zingaretti alla guida della Regione. La premessa è che ogni ragionamento rischia di essere prematuro fin quando non verranno chiariti due aspetti: il primo è quando si vota, se alla scadenza naturale della legislatura, nel 2023 o in anticipo; il secondo è se al voto ci si arriverà con i due schieramenti classici contrapposti, destra contro sinistra, o con un altro scenario. Ma le risposte arriveranno non prima della risoluzione del rebus Quirinale, e della probabile stesura di una nuova legge elettorale, verosimilmente un proporzionale puro con soglia di sbarramento al cinque per cento.
Nell’attesa che il puzzle si componga, i partiti già lavorano a possibili strategie. A sinistra si fa con insistenza il nome dell’assessore alla Sanità della Regione Lazio in carica, Alessio D’Amato, che punta a una candidatura da presidente, forte del buon lavoro svolto durante tutta la fase pandemica, sia nell’azione iniziale di contrasto al Covid-19, sia nell’organizzazione della campagna vaccinale. Il suo però è un nome che non mette d’accordo tutti. Ha il sostegno di Zingaretti e dell’opinione pubblica, ed è un punto a favore non di poco conto, ma non gode di quello dell’apparato romano del Partito Democratico, intenzionato invece a puntare su Enrico Gasbarra. L’ex presidente della Provincia di Roma, dopo il rifiuto di Giuseppe Conte, sembrava dovesse essere il candidato del centrosinistra per il collegio blindato di Roma 1, lasciato libero da Roberto Gualtieri, che gli avrebbe consentito un comodo accesso alla Camera, vetrina di lusso in vista di una candidatura in Regione. Alla fine, si è scelto per quel collegio di proporre una donna, Cecilia D’Elia, ma il nome di Gasbarra in chiave regionale resta caldo.
Poi c’è Daniele Leodori. L’attuale vicepresidente della Regione, e assessore al Bilancio, è meno acclamato rispetto al collega titolare della Sanità, ma molto più radicato sul territorio, soprattutto in provincia. Basti pensare che nel 2018 è stato il primo degli eletti con oltre 18mila preferenze. Fino a pochi mesi fa Leodori, che in questa legislatura ha ricoperto tutti i ruoli istituzionali principali, era considerato il naturale erede di Zingaretti, poi la pandemia, la sovraesposizione mediatica di D’Amato, e qualche errore da parte sua, ne hanno rimesso in discussione la candidatura. Dei tre in corsa lui resta, al momento, ancora il favorito ma per risolvere la questione molto probabilmente il centrosinistra passerà dalle primarie.
Sul fronte opposto, nel centrodestra, non si hanno ancora indicazioni precise sull’identikit del candidato da proporre ai cittadini. Pesa la batosta subita a ottobre a Roma. Stavolta il nome dovrà essere indicato per tempo, dovrà essere un volto conosciuto, autorevole e quanto più possibile politico. Capace di imporsi non solo nella comunità di centrodestra, ma anche tra i più moderati, perché nel Lazio si vince al primo turno. Finora si è parlato, in modo non troppo convinto, di Claudio Durigon e di Francesco Lollobrigida. Il coordinatore regionale della Lega sembra essere sfumato, mentre il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera potrebbe avere altre mire soprattutto in caso di vittoria nazionale del centrodestra. Più defilata al momento Forza Italia. La sensazione è che di nomi veri ne usciranno solo dopo che il quadro politico generale sarà definito, ma resta da capire se la coalizione formata da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia arriverà unita alle prossime elezioni.
Capitolo Carlo Calenda. Al momento non è facile prevedere se il leader di Azione si presenterà da solo, come ha fatto a Roma con ottimi risultati o in coalizione nel centrosinistra. Dopo lo scontro con Enrico Letta sul profilo da candidare alle Suppletive di Roma, prima sul nome di Conte e poi per la scelta del Partito Democratico di puntare su D’Elia senza confrontarsi con gli alleati del “campo largo”, è arrivata la rottura.
“Lavoreremo a un terzo polo”, ha dichiarato subito dopo l’annuncio della candidatura della portavoce della Conferenza delle donne democratiche a Roma 1. Ma Calenda, a cui piace provocare, nei giorni scorsi ha scritto su Twitter: “Spero di cuore che alla Regione si candidi Alessio d’Amato. Persona serissima. Lo sosterremmo con grande convinzione”. Proprio quel D’Amato su cui il Partito Democratico, anche se non può dirlo, non vuole puntare.
Aggiornato il 21 dicembre 2021 alle ore 10:01