
Che cos’è Patria al tempo dei social? Più di un secolo fa, quel “sacro termine” rappresentò un’invenzione unificante, pur carica di dolore, di lutti e di tragedie, per garantire una casa (politico-ideologica) comune a chi era stato appena messo assieme, come una sorta di puzzle strategico-geografico, tra Regni diversi, alternativi e antagonisti come quello di Sardegna e delle Due Sicilie. Borboni e Savoia finirono così per cementificarsi nel sangue versato per quella nuova Patria da chi non era mai salito in vita sua al Nord o, viceversa, non era mai disceso al Sud. Addirittura, sul fronte dell’Italia anti-austriaca del 1915-1918, i comandi degli ufficiali dovevano essere inter-tradotti nei veri dialetti incomunicanti per essere eseguiti. Eppure, il miracolo avvenne proprio lì, grazie a un fenomeno che andava oltre le barriere linguistiche, in cui uomini maschi si trovavano a patire le stesse sofferenze, a condividere le nostalgie assolute per spose, fidanzate, madri, sorelle e fratelli, figli e figlie lasciati nelle ex Piccole Patrie che perdevano di ogni senso davanti al pericolo comune, a un nemico che, però, era assolutamente identico, per chi stava sui fronti contrapposti, a loro stessi nella sua qualità di uomo, marito, figlio, fratello, padre e fidanzato. Questa fu la vera, grande e immane tragedia che divise genti europee che avevano tutta una storia e una cultura comuni. Oggi, chi potrebbe mai immaginare di noi, a qualunque generazione attuale appartenga, di prendere le armi contro uno dei Paesi che fanno parte di una comunità e di un destino comune, come quello dell’Unione europea?
Allora, per l’appunto, cos’è oggi un… Patriota? Colui che, un domani forse fin troppo vicino, potrebbe mai prendere le armi per combattere, come accadde più di cento anni fa, l’eventuale russo invasore di territori che ci sono fin troppo estranei, se non totalmente sconosciuti persino nella loro collocazione geografica? O contro la Cina di Xi Jinping, qualora le sue armate divorassero con una fulminea blitzkrieg l’isola di Taiwan? O mettere i nostri eserciti in comune con il destino di Israele, qualora dovessimo andare a uno scontro aperto con la neo nuclearizzata Teheran? Ma, potrebbe di nuovo farlo per noi la Blue America, dove “blu” ha il colore dei lividi? Cioè, potrebbero mai i generali e gli strateghi di Washington stare contemporaneamente su tre linee di fronte aperto (vedi Gideon Rachman, che sul Financial Times firma l’articolo dal titolo “America faces the spectre of three wars”)? Ma la vera domanda non dovrebbe essere questa. Occorre chiedersi, al contrario, perché l’America anche dei nostri padri emigrati per fame e povertà, abbia affrontato e sostenuto il peso epocale di due guerre mondiali e, addirittura, di quelle disastrose del Vietnam e dell’Afghanistan praticamente in solitario, da cinquanta anni a questa parte.
La chiave interpretativa è in realtà semplice: perché sotto la sua la bandiera Star and stripe si coagulava uno straordinario Melting pot di anime e di culture diverse e opposte, tuttavia disposte a sacrificare le vite degli uomini di ogni colore sotto quel simbolo, quello stendardo che non era solo un pezzo colorato di stoffa, ma il segno di un unico destino comune e di una stessa speranza per un futuro migliore. Tutto ciò, ovvero questa mission planetaria, caricava l’America di una visione speciale, unica al mondo, di difensore della giustizia contro la sua grande nemica dei totalitarismi e delle dittature, nazista e comunista, che hanno infestato la terra come una gramigna che tutto divora e distrugge. Chiediamoci: Vladimir Putin e Xi Jinping sono equiparabili oggi ai mostri hitleriani e staliniani come quelli che abbiamo visto nascere e operare in quel drammatico XX secolo appena trascorso? Ha senso parlare di difesa della Patria (comune europea e occidentale) al tempo in cui il grande mantello planetario di Gafa (che rappresenta il vero Moloch o Leviatano iper-capitalista delle Major della Silicon Valley, come Google, Amazon, Facebook, Apple & Co) avvolge nel suo global web tutte le terre emerse finora conosciute? Quale uomo o donna al di sotto dei quaranta anni potrà mai sentirsi diverso o, addirittura, nemico di un suo pari età russo, cinese o iraniano?
Gafa & Co (come i suoi surrogati slavi e asiatici concepiti come immense intranet e App per sottrarsi al monopolio dei giganti digitali americani), non rappresentano forse delle iper-potenze coloniali disarmate, grazie alle quali un’intera umanità è omologata dalle stesse modalità relazionali, dagli stessi gusti e dalla stessa volontà di godersi la vita? Una volta che si è elaborato, strutturato e introiettato il concetto che patriota è colui che difende il buon diritto della Terra e della Natura a essere adeguatamente conservate e protette, attraverso la grande battaglia globale per la conversione a un’economia green della sterminata macchina mondiale (questa sì “dittatoriale”!) dei consumi e delle produzioni che li accompagnano chi, come e quando potrà mai tornare indietro alle Piccole Patrie e ai nazionalismi chiusi e demagogici? Per la stragrande maggioranza dei giovani in tutto il mondo Patriota è, in definitiva, colui che difende la vita su questa Terra.
Il politically correct, la cancel culture, la dittatura del pensiero unico mainstream sono soltanto accidenti di percorso, veri nemici del buonsenso e della fraternità delle diverse culture e civilizzazioni, e che vanno semplicemente combattuti formando un fronte culturale comune, in Occidente come Oriente, per rimandarli in quell’abisso di idiozia che ha dato loro i natali nelle università radical-chic di un mondo che qualcuno ha (almeno fino ad ora) liberato dalle grandi guerre! Allora, non resta che reinterpretare quel concetto, al quale nessuno sfugge, di capire che cosa si debba intendere oggi per Patria e Patriota, se si è italiani, in particolare. Ancora una volta, fateci caso, il simbolo è quel pezzo di stoffa chiamata Tricolore: lui che troneggia sul Made in Italy; lui che tramanda gli immensi valori della cultura giuridico-amministrativa della Roma Imperiale e dell’Arte del Rinascimento; lui che ci parla di una lingua in cui sono racchiusi i tesori di mille dialetti, l’uno più diverso dall’altro che solo la storia incredibilmente frastagliata di questo strano Paese dai mille dominatori, a sua volta culturalmente dominati, ha saputo esprimere nell’arco degli ultimi due millenni, soprattutto diffondendo in tutto il mondo conosciuto il concetto basilare dei valori della Cristianità.
Concetto che però vede l’Angelo del Nuovo Testamento impugnare la Spada e il Libro, una a destra e una a sinistra, in direzione del cuore, perché il concetto di Patria non può essere oggi distinto dal diritto alla liberazione dei popoli (tutti i popoli) dall’ingiustizia, dalla dittatura, dalla violenza e dalla fame. Nessuno, cioè, dovrebbe essere costretto a migrare perché la terra dove è nato (il più delle volte ricchissima di risorse naturali, come l’Africa e l’America Latina) non è più la sua Patria, perché quella attuale fa violenza alla sua umanità e gli spegne in vita la speranza di un futuro migliore.
Ernesto Galli della Loggia farebbe bene ad aggiornare la sua sintesi storica, in merito ai concetti di Patria e di Patriota, tenendo conto di quello che il mondo oggi è, e non di quello che l’autore vorrebbe che fosse. Perché questa è la grande sfida che ci aspetta: provare a ridefinirci come patrioti rispetto al resto del mondo.
Aggiornato il 15 dicembre 2021 alle ore 09:48