Al Governo del Paese, negli ultimi 40 anni, si sono alternati tutti – dalla destra alla sinistra – e le responsabilità delle scelte in materia economica e sociale sono distribuite in modo più o meno equo, così come pure quelle in materia energetica. Il caro bollette e l’iniziativa del Governo di intervenire per limitare l’aumento di luce e gas hanno riportato il tema dell’energia al centro del dibattito politico e mi hanno ricordato come determinate scelte politiche nel nostro Paese siano state realizzate sull’onda emotiva di vari disastri ambientali, uno dei quali, sicuramente molto importante fu l’incidente nucleare di Chernobyl in Ucraina nel 1986 che provocò decine di morti. Quella data per il nostro Paese ha segnato un punto di non ritorno.
L’Italia in quel periodo era all’avanguardia nella ricerca nel settore dell’energia nucleare a fini domestici e aveva raggiunto dei primati invidiabili in tutta Europa. Le visioni di quel terribile evento proiettate sulle televisioni di tutto il mondo hanno dato una forte spinta ai movimenti ambientalisti che, nel nostro Paese, portarono alla raccolta delle firme per indire un referendum che si svolge nel 1987 e, quindi, a rinunciare alla costruzione di centrali elettronucleari la cui progettualità era già in stato avanzato.
Tutti i partiti, per paura di essere attaccati dai cittadini, si schierarono a favore del referendum. Tutti tranne i Repubblicani che, purtroppo, essendo una minoranza persero la battaglia. Quella battaglia, tuttavia, la persero tutti gli italiani che, da quel momento, sono stati costretti a importare energia elettrica dalla vicina Francia, paradossalmente prodotta da centrali nucleari, mentre si spendevano enormi risorse finanziarie per sostenere gli investimenti privati sul fotovoltaico con l’illusione che l’energia prodotta dal sole avrebbe potuto far fronte al fabbisogno del nostro Paese.
A distanza di anni in Italia il fotovoltaico è arrivato a soddisfare soltanto il 10 per cento di quel fabbisogno, ma ha pesato enormemente sulle nostre bollette che sono molto più salate di quelle degli altri Paesi europei. Mentre continuiamo a essere tra i primi importatori di gas e di petrolio. A miei occhi quello che però è più paradossale che si è scambiato il problema dell’energia con quello del riscaldamento globale del pianeta e si stanno additando le fonti fossili, il carbone, il petrolio e il gas come i responsabili dei cambiamenti climatici. Tutti i vertici internazionali che si svolgono sul tema dell’ambiente mirano all’obiettivo di ridurre la temperatura del pianeta e ad abbattere le emissioni dei gas serra, dichiarando una guerra senza quartiere al gas e al petrolio, mentre sul tema dell’energia nucleare gli Stati si muovono in posizioni spesso differenti tra di loro.
Sia in Francia che in Germania ci sono stati vari stop and go sulle scelte in materia di energia nucleare. La Germania aveva prima deciso di chiudere alcune centrali, poi aveva esitato e adesso con il nuovo Governo, nel quale i Verdi hanno un peso sostanziale, dovrà decidere se dismettere le centrali o meno. Da anni le decisioni dei vertici si concludono rinviando le scadenze e gli obiettivi fissati precedentemente, con pochi progressi realizzati sul fronte dell’abbattimento delle emissioni dei gas serra. Tanto che, da più parti, le conclusioni della Cop26, che si è svolta a Glasgow un mese fa, sono state giudicate fallimentari. A pesare sicuramente l’assenza della Russia e della Cina, ma anche la posizione determinata dell’India che ha puntato i piedi contro la guerra al fossile anche se ha promesso di raggiungere gli obiettivi entro il 2070.
Queste incertezze purtroppo ce le porteremo appresso per molti anni ancora, perché non è credibile fissare gli obiettivi di ridurre drasticamente la produzione del gas e del petrolio quando i maggiori produttori sono la Russia e gli Stati Uniti e, questi ultimi, insieme alla Cina e India sono anche i maggiori produttori anche di carbone. Sono gli stessi Paesi responsabili delle maggiori emissioni di gas serra. E allora veramente crediamo alle favole? Nessuno di questi Paesi rinuncerà mai a queste immense ricchezze che producono grandi esportazioni e creano conseguentemente dipendenza degli Stati importatori.
In tutto questo, l’Europa che vorrebbe dettare l’agenda non riesce a farlo, perché ogni Stato ha i propri interessi, ad esempio la Germania continua firmare accordi bilaterali per approvvigionarsi di gas della Russia. Sostanzialmente tutti i grandi Paesi sono su posizioni distanti dall’Europa, così come lo sono anche gli Stati Uniti che, soltanto a parole, hanno assunto impegni ed obiettivi da raggiungere entro il 2030. Nel suo piccolo ruolo anche l’Italia dovrebbe pensare un po’ di più ai propri cittadini. E discutere di energia e di approvvigionamenti non vuol dire entrare in conflitto con l’Europa, ma decidere per il futuro del nostro Paese.
Per questo ho apprezzato con piacere che per la prima volta da decenni un ministro dell’Ambiente italiano abbia parlato di nucleare pulito suscitando, come era prevedibile, un vespaio di polemiche da parte degli ideologi dell’ambientalismo a tutti i costi. Speriamo che prima o poi qualcuno vorrà rivedere le posizioni assunte con i referendum del 1987 e del 2011. Non vorremmo però che tale scelta arrivi troppo tardi e sulle necessità di elemosinare altra energia e a prezzi salatissimi dall’estero.
Aggiornato il 14 dicembre 2021 alle ore 10:26