
Sui social è diventato virale nel giro di poche ore il video che mostra un africano arrampicarsi nudo, con solo un basco rosso in testa e le scarpe da ginnastica ai piedi, sulla fontana delle Naiadi, che si trova a Piazza della Repubblica, a Roma. Un passante avrebbe avvisato le forze dell’ordine, che sarebbero rapidamente giunte sul posto, assieme ai vigili urbani, per cercare di fermare il soggetto. Un agente della polizia locale sarebbe entrato nella fontana nel tentativo di convincere l’africano a scendere: ma quest’ultimo, visibilmente alterato, avrebbe dapprima schizzato l’agente con l’acqua, salvo poi aggredirlo mettendogli una mano sul viso. A quel punto, i poliziotti avrebbero impugnato i manganelli, circondato l’esuberante africano e iniziato a colpirlo, per poi ammanettarlo. L’uomo, identificato, sarebbe un nigeriano di ventitré anni con regolare permesso di soggiorno e residente a Roma, denunciato per resistenza e aggressione a pubblico ufficiale e ricoverato coattivamente al Policlinico Umberto I per accertamenti sulla sua salute mentale.
Ci sarebbe però un antefatto, stando a quanto riferisce la polizia locale per bocca di Marco Milani, segretario del Sulpl (Sindacato unitario lavoratori polizia locale). Prima di arrampicarsi sulla storica fontana di Roma, il nigeriano avrebbe minacciato un agente in Piazza dei Cinquecento brandendo una bottiglia di vetro rotta. “Il fatto che un soggetto pericoloso come questo sia stato bloccato subito – aggiunge Milani – testimonia per l’ennesima volta l’importanza della presenza sul territorio e il quotidiano contributo che la polizia locale rende alla sicurezza, effettiva e percepita, del Paese. Per questo – conclude – è il momento che il Governo riconosca, una volta per tutte, il ruolo, i rischi, le mansioni che ogni giorno decine di migliaia di uomini e donne svolgono, equiparando i diritti degli appartenenti alla polizia locale a quelli garantiti ai colleghi delle forze dell’ordine”.
Come sempre, però, in questi casi c’è chi, invece di plaudere alla prontezza e al senso del dovere delle forze di pubblica sicurezza, preferisce polemizzare. In molti, infatti – sui social, su alcune testate e più di qualche opinionista o improvvisatosi tale – ha deprecato la brutalità della scena: terribile – è stato detto – che in un Paese democratico, in uno Stato di diritto, si debba assistere a certe scene, con la polizia che manganella un poveretto con qualche rotella fuori posto. Tra questi, anche Vittorio Sgarbi, che ha definito inaccettabile il comportamento dei poliziotti. C’è da sperare che scherzasse, perché secondo il famoso critico d’arte, il nigeriano stava solo giocando e, al massimo, gli si doveva dire che non era consentito fare il bagno nella fontana e basta. La cosa preoccupante – tuttavia – è che sono in molti a condividere il pensiero di Sgarbi. La stessa ministra dell’Interno Luciana Lamorgese sembrerebbe non aver gradito affatto la reazione degli agenti e secondo alcuni sarebbe intenzionata a chiedere dei chiarimenti.
A ciò si aggiunge l’indignazione delle solite anime belle per le parole del passante che avrebbe girato e diffuso il video in rete: guardando il girato si possono udire insulti rivolti al nigeriano e l’invito ai poliziotti a sparargli. Apriti cielo! Come ha osato costui commentare in questo modo? Aizzare i poliziotti alla violenza contro quel “poveretto”, oltretutto proferendo insulti nei suoi riguardi? Non è abbastanza ciò che gli agenti gli hanno fatto di loro iniziativa coi manganelli? Quanta ipocrisia, cari lettori. Quanto sciocco perbenismo. Quanta poca empatia per chi mette la propria incolumità e la propria vita a rischio tutti i giorni per difenderci e per permetterci di vivere un’esistenza relativamente serena nelle nostre città: per quanto il primo ostacolo all’adempimento del loro dovere sia proprio il loro datore di lavoro, vale a dire lo Stato. In tutta onestà, devo dire che la scena dei poliziotti che usano il manganello non solo non mi ha minimamente indignato, ma ha confermato la fiducia – che credo di condividere con moltissimi altri cittadini – negli uomini e nelle donne che indossano una divisa: la loro pronta reazione – in questo come in tanti altri casi – è segno del loro senso del dovere, della loro preparazione, ed è precisamente questo lo spirito che ci si aspetta dalle forze dell’ordine. Se esistono dei corpi di polizia è per proteggerci e per neutralizzare ogni minaccia, reale o potenziale, alla nostra sicurezza: se questo non è possibile con metodi non violenti – come gli ammonimenti a desistere dal tenere una certa condotta – allora è necessario che si usino le maniere forti, perché se esistono delle regole è giusto che vengano fatte rispettare.
Mi verrebbe da chiedere cosa avrebbero dovuto fare – secondo i “pacifisti de noantri” – i poliziotti. Avrebbero dovuto supplicare il “giocherellone” nigeriano di uscire dalla fontana e rivestirsi? E davanti al rifiuto o all’agitazione di quest’ultimo avrebbero dovuto aspettare che si calmasse e che si lasciasse ammanettare di sua iniziativa? Si parla di brutalità della scena: quello che è veramente brutale è che uno squilibrato qualsiasi possa permettersi simili intemperanze e che, dinanzi alla giusta e proporzionata reazione della Polizia, ci sia chi solidarizza col primo biasimando gli agenti. Questo è veramente indegno di un Paese civile e contrario a ogni ragionevolezza.
No, non stava solo giocando, dal momento che aveva già minacciato un altro agente con dei cocci di vetro. E quand’anche avesse deciso di fare un bagno in una fontana del centro di Roma solo per una burla, ciò non toglie l’indecorosità della scena, il rifiuto di obbedire agli ordini degli agenti che gli intimavano di uscire dalla fontana e la successiva aggressione. Fosse per coloro che (s)ragionano in questo modo, le nostre città sarebbero delle zone franche, più di quello che già sono. Invece di chiedere chiarimenti, da parte del responsabile della nostra sicurezza, cioè della ministra dell’Interno, ci si aspetterebbe un sincero plauso all’operato delle forze dell’ordine e da parte del Governo non solo il riconoscimento – come richiesto dal Sulpl – gli stessi diritti anche alla polizia locale, ma anche un ampliamento dei poteri di coloro che hanno il compito di proteggerci. Non significa lasciare “carta bianca” agli agenti o non sanzionare gli eventuali abusi, ma lasciarli lavorare liberamente, lasciare che facciano tutto quello che è necessario per compiere il loro dovere. In altri termini, bisognerebbe decisamente rivedere i criteri di proporzionalità tra azione delinquenziale o deviante (come in questo caso) e reazione da parte delle forze dell’ordine, decisamente squilibrata a favore della prima. Non bisogna mai dimenticare che i “buoni” sono quelli che indossano la divisa, non gli psicotici che vanno in giro nudi, quelli che minacciano i passanti o che spacciano droga nei parchi pubblici.
Quanto alle parole del passante che ha girato il video, si può anche pensare che, magari sull’onda dell’indignazione, si sia espresso in maniera errata o con parole troppo pesanti, ma si dovrebbe egualmente essere capaci di simpatizzare con la stanchezza e l’esasperazione dei comuni cittadini, per i quali queste scene sono tutt’altro che infrequenti e che sono stati espropriati delle loro città, anche grazie al buonismo e al lassismo generalizzati. A tal proposito, prima di parlare è sempre bene informarsi: il basco rosso indossato dal nigeriano in questione ha un significato ben preciso nella storia e nella cultura del Continente Nero: è un simbolo di militanza politica, generalmente associato al nazionalismo africano e al terzomondismo. Fu usato da Thomas Sankara, politico e rivoluzionario indipendentista e anti-coloniale; lo è da Julius Malema, leader dei comunisti e del “black power” in Sudafrica, spesso al centro di polemiche per il suo razzismo contro i bianchi del Paese, e da Bobi Wine, rapper e capo dell’estrema sinistra ugandese “People Power”. Insomma, per gli africani il basco rosso ha una precisa connotazione politica. Sarà stato un caso che lo indossasse anche il nigeriano arrestato. O forse c’era un intento provocatorio, e non si tratta solo di problemi mentali. Non sarebbe la prima volta, del resto, che degli immigrati oltraggiano i nostri monumenti per lanciare un segnale di disprezzo a ciò che quei monumenti rappresentano: la nostra civiltà.
Aggiornato il 10 dicembre 2021 alle ore 10:35