
Marco Follini ricorda il retroscena dell’elezione di Francesco Cossiga. Intervistato dalla Stampa, l’ex segretario dell’Udc sostiene che ci sia “un’attenzione spasmodica in queste settimane e si capisce perché: siamo dentro una crisi di sistema e la postazione del Quirinale è diventata cruciale. O si capisce che per il Paese è un’occasione per risalire la china o non resta che incrociare le dita”. Follini ritiene Mario Draghi sia la miglior figura possibile per la successione a Sergio Mattarella, aggiungendo che eleggere con una larga maggioranza l’attuale premier, sarebbe per i partiti un’occasione di riscatto. Eppure Draghi resta al coperto e prudentemente continua a non sbilanciarsi. “Non si può pensare che lui sia il banditore di se stesso e della sua campagna presidenziale! La scelta – fa notare l’ex vicepresidente del Consiglio – spetta ai partiti”. Dal mazzo, prosegue, potrebbe comunque uscire una carta a sorpresa. “Nel 1985 – racconta – il nome di Francesco Cossiga come possibile, futuro presidente della Repubblica venne fatto durante una cena a casa Agnes, alla quale erano presenti il segretario della Dc Ciriaco De Mita e il segretario del Pci Alessandro Natta”.
Secondo Follini, “due forze politiche che nella fase finale della presidenza Cossiga avevano maturato un’altra opinione sul capo dello Stato. La maggior parte dei presidenti, eletti sulla base del loro basso profilo, ne hanno acquisito uno molto più marcato. E alcuni grandi elettori si sono poi pentiti del candidato sul quale avevano scommesso. Fu così anche per Craxi con Scalfaro, così probabilmente è stato per Renzi con Mattarella. Il Quirinale si anima e vive di vita propria: non è la conseguenza delle manovre del giorno prima”.
Follini ricorda anche l’elezione di Carlo Azeglio Ciampi, quando nel 1999 Forza Italia e Berlusconi votarono l’ex governatore di Bankitalia dividendosi da Bossi e dalla Lega. “Il grande dilemma politico che abbiamo davanti – afferma – è questo: se i partiti della maggioranza di governo vanno in ordine sparso all’appuntamento del Quirinale, è difficile che la loro unità si ricomponga il giorno dopo. Allora Berlusconi e Bossi si divisero, ma stavano entrambi all’opposizione. Oggi per Forza Italia e Lega dividersi, stando nello stesso Consiglio dei ministri, è più complicato che allora”.
Intanto, intervistato dal Corriere.it, torna a parlare di Quirinale anche il segretario del Pd. “A gennaio – sostiene Enrico Letta – ne discuteremo ma secondo me in questa situazione è bene che il presidente venga eletto con una larga maggioranza o largo sostegno perché sarebbe contradditorio che venga eletto da una maggioranza stretta mentre il governo è sostenuto dalla maggioranze più larga della storia repubblicana”. Anche Giorgia Meloni dovrebbe essere coinvolta nella scelta del prossimo presidente? “Sì – risponde Letta – serve una maggioranza larga, è positivo comprendere l’opposizione ma non ne abbiamo parlato (con Meloni, ndr)”.
Letta è convinto che ci siano stati “molti danni da questa legge elettorale. Si è creato un sistema politico molto frammentato anche a causa delle regole della vita parlamentare che non funzionano. Dopo l’elezione del Quirinale dovremo aprire una riflessione su riforme come quella dei regolamenti parlamentari che limiti il trasformismo parlamentare e aprire una discussione sulla legge elettorale il giorno dopo aver eletto capo dello Stato con una larga maggioranza. Prima non ci sono le condizioni perché il centrodestra è arroccato sull’elezione di Berlusconi al Quirinale”. Letta sa che “c’è il no al vincolo di mandato in Costituzione ma tra la libertà e l’incentivo ad andare nel Misto come oggi ci sono vie di mezzo che vanno perseguite. Lo vedremo nell’elezione del Quirinale, il gruppo Misto è diventato il più numeroso, se è così importante è figlio di una situazione di difficoltà”.
Aggiornato il 09 dicembre 2021 alle ore 13:53