
Dietro questa ulteriore presa di posizione da parte di Silvio Berlusconi, secondo alcuni, ci sarebbe il tentativo di realizzare il suo storico sogno di trasferirsi al Quirinale, ora che persino la sinistra sembrerebbe aver sepolto l’ascia di guerra nei riguardi dell’ex premier riconoscendo che, effettivamente, a suo tempo fu vittima della macchina del fango mediatica e di una vera e propria persecuzione giudiziaria. Sta di fatto che il leader di Forza Italia torna a elogiare l’operato del Governo di Mario Draghi e ad auspicare la permanenza dell’ex governatore della Banca centrale europea a Palazzo Chigi anche dopo il 2023.
Siamo i primi sostenitori di questo Esecutivo – dice Berlusconi, intervenuto telefonicamente durante un’iniziativa di Forza Italia a Mazara del Vallo – e siamo convinti che il lavoro del Governo Draghi debba andare avanti fino al 2023 e oltre. Difficile sostenere una posizione di questo genere, se consideriamo le forze politiche con le quali il Cavaliere è alleato, entrambe decise a disfarsi di Mario Draghi relegandolo al Quirinale (e privando così l’Italia di una delle poche personalità competenti in grado di gestire in maniera appropriata l’enorme quantità di denari del Recovery Plan) e andando al voto quanto prima, nella certezza di uscirne vincitori. Convinti loro.
L’unica certezza è che Berlusconi non ha alcuna intenzione di farsi da parte ed è più che mai intenzionato a giocare un ruolo di primo piano negli equilibri politici italiani. In questo momento tutto ruota attorno alla partita per il Colle e al futuro di Mario Draghi. Il Cavaliere non ha dubbi: rinnova la sua fedeltà al Governo dell’ex banchiere centrale e lo invita a trattenersi a Palazzo Chigi, fino a scadenza naturale della legislatura. Il Governo – dichiara Berlusconi – deve andare avanti fino al 2023 per consolidare l’inizio della ripresa. Dopodiché si andrà a votare e – auspica l’ex premier – la cosa migliore per l’Italia sarebbe un Governo di centrodestra con un forte profilo liberale, necessario per vincere e per governare.
Le parole di Berlusconi potrebbero lasciar presagire un futuro per Mario Draghi, magari con un ruolo di primo piano in Italia o ai vertici delle istituzioni comunitarie. Tuttavia, è molto difficile che un ipotetico Governo di centrodestra possa avere un carattere liberale e questo Berlusconi lo sa bene. È più probabile che possa trattarsi di un Esecutivo sovranista e ultra-conservatore, dove i liberali (quei pochi rimasti in Forza Italia) avrebbero un ruolo estremamente marginale, se non addirittura irrilevante. Di conseguenza, difficilmente Mario Draghi sarebbe una figura gradita a un Governo di questo tipo, per cui è praticamente impossibile che possa avere incarichi di rilevanza in Italia o in Europa, che un Esecutivo sovranista si farebbe immediatamente nemico, auto-condannandosi all’esclusione dai tavoli dove si prendono le decisioni e si fanno i nomi per i vertici delle istituzioni dell’Unione.
A questo proposito, le parole di Berlusconi sembrerebbero aver suscitato l’irritazione di Matteo Salvini. Il leader leghista, infatti, non vede l’ora di sfilarsi dall’Esecutivo di Draghi: si dice che stia solo aspettando l’occasione giusta per ripetere la pantomima del 2019, quando fece cadere il Conte uno in pieno agosto. Gli equilibri attuali, per il Capitano, sono quanto di più nefasto ci possa essere: anzi, ritiene la partecipazione della Lega al Governo Draghi l’origine della vera e propria emorragia di consensi e, per questo, spera di chiudere a breve questa parentesi. Non vediamo l’ora di tornare al voto – sostiene Salvini – per dare all’Italia un Governo di centrodestra scelto dagli italiani. Questo senza considerare Giorgia Meloni, che sarebbe disposta a fare qualunque cosa – incluso votare Draghi per il Colle – pur di andare immediatamente alle urne e capitalizzare il consenso di cui gode allo stato attuale delle cose.
Ancora una volta, insomma, dietro l’unanimità e l’accordo di facciata, il centrodestra è lacerato dalle divisioni interne. I sogni berlusconiani non sembrano conciliabili con la visione dei sovranisti. Se il Cavaliere spera ancora nella “rivoluzione liberale”, magari guidata proprio da Mario Draghi, con lui a “benedire” il tutto dal Quirinale, i suoi alleati lavorano per quella che potremmo definire una “restaurazione” del vecchio ordine o, quantomeno, per la difesa dello “status quo”. Per questi ultimi, Draghi è la cosa peggiore che potesse capitare all’Italia: non perché si tratta di un “tecnocrate” o di un personalità – a dire loro – troppo vicina agli ambienti della finanza e all’Europa, ma perché è in possesso di quella competenza e di quell’autorevolezza che, in fin dei conti, è l’antidoto al sovranismo, che al contrario vive e si nutre di semplificazione; di quella paura derivante dal non saper affrontare le situazioni; dalla ricerca permanente di un capro espiatorio cui addossare la colpa dei problemi del Paese (l’Europa, il liberismo, la finanza, le banche o chissà cos’altro). Draghi ha dimostrato come sia il possesso di alcune qualità a determinare il prestigio nazionale e a far guadagnare all’Italia il rispetto che merita, non le urla, gli slogan o le minacce. E che si può essere rassicuranti e difendere gli interessi nazionali, pur mantenendo un certo realismo e un doveroso contegno, senza intemperanze e vaniloqui. In questo modo ha indirettamente sferrato un colpo micidiale al sovranismo, che non a caso non ha più gioco facile come qualche anno fa.
Silvio Berlusconi non è affatto un ingenuo: è perfettamente consapevole di questa divergenza di visioni e di intenti. In tutta onestà, bisognerebbe domandarsi se non stia con Salvini e con la Meloni solo per una questione di comodo, in attesa che qualcosa succeda o che per Forza Italia si creino nuove opportunità, che vengano fuori nuovi interlocutori e possibili alleati. Del resto, il Cavaliere ha sempre giocato su più tavoli: chissà che non lo stia facendo anche adesso. Ed è precisamente in questo senso che, forse, andrebbe inquadrata la sua strenua difesa di Mario Draghi e della sua permanenza a Palazzo Chigi.
Non c’è in gioco solo l’ultima possibilità di essere mandato al Colle, chiudendo in bellezza la sua carriera politica, ma anche quella di liberare la sua creatura – Forza Italia – dalla stretta mortale del sovranismo, per ricondurla in un ambito più consono e più naturale, vale a dire un’aggregazione di forze liberali ed europeiste che verosimilmente potrebbe sorgere intorno alla figura di Mario Draghi o in un’ottica di continuità col suo operato.
Aggiornato il 17 novembre 2021 alle ore 09:20