Draghi: il Colle, Palazzo Chigi e gli scenari possibili

Mario Draghi viene ancora percepito come l’uomo della provvidenza. Ma da qui in avanti, per il premier, il destino è pieno di insidie. Senz’altro di incognite. Chi sarà il nuovo presidente della Repubblica? Il nome del capo del governo, al momento, è l’unico in campo. Ma, come ha sollevato Giancarlo Giorgetti, l’elezione di Draghi al Quirinale rappresenterebbe una sorta di vulnus costituzionale: “Un semipresidenzialismo di fatto”. Un fatto è certo: Draghi è il garante italiano del Recovery plan al cospetto dell’Europa. Il Piano nazionale ripresa resilienza guidato dal premier conserva delle chance decisive. Senza il suo apporto, è tutta un’altra storia. L’eventuale elezione del primo ministro alla presidenza della Repubblica non deve mettere in discussione le elezioni anticipate. Anche perché, fino a settembre, i parlamentari non avranno ancora maturato il vitalizio legato a questa legislatura. Oltretutto, in virtù del taglio dei rappresentanti che porterà da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi, è naturale comprendere quali resistenze attraversino i due rami del Parlamento.

Intanto, la legge di Bilancio arriva, con ritardo, alla discussione delle Aule. Si parte al Senato, dove i numeri sono sempre incerti. Un fatto è evidente: la manovra è stata fatta per non scontentare nessuno degli attori governativi della coalizione di unità nazionale che sostiene Draghi a Palazzo Chigi. Ma, proprio per queste ragioni, alla fine, è facile prevederlo, scontenterà tutti. Per la Lega, sarà difficile non opporsi. Perché la manovra non indica una prospettiva di riforma fiscale e sulla previdenza torna a riproporre le idee di Elsa Fornero. In pratica, si va verso una sconfessione di Quota 100 e una rimodulazione del Reddito di cittadinanza. L’inquietudine di Matteo Salvini è palpabile. D’altro canto, Enrico Letta non perde occasione per rintuzzare “l’alleato”, con un obiettivo: costringerlo ad uscire dal governo. In realtà, l’ipotesi appare alquanto temeraria. Frattanto, il ministro dem Andrea Orlando avverte che il governo sta curando una nuova legge sul lavoro, con contratti meno flessibili, una lotta alla precarietà e più formazione. Naturalmente al questione è delicata. Per i partiti è un tema dirimente. E, soprattutto, divisivo.

Aggiornato il 15 novembre 2021 alle ore 13:24