
Ha lasciato tutti spiazzati la decisione di Carlo Calenda: quella di abbandonare, a Bruxelles, il gruppo parlamentare S&D (Alleanza progressista dei socialisti e democratici) per aderire a Renew Europe, il raggruppamento centrista e liberale, nato dalla fusione tra l’Alde (Alleanza dei Liberali e dei Democratici europei) e il Pde (Partito democratico europeo) e attualmente guidato da Stéphane Séjourné (francese e macroniano di ferro) nel quale è già presente, tra gli italiani, Sandro Gozi di Italia Viva.
Quando fu eletto parlamentare europeo, nel 2019, Calenda fu recordman di preferenze nel Nord-Est, circoscrizione nella quale venne candidato, ottenendone oltre duecentosettantamila. Ma ora il leader di Azione decide di lasciare. Il motivo? L’ingresso – annunciato dal segretario del Partito Democratico, Enrico Letta – del Movimento Cinque Stelle proprio nel gruppo dei socialisti europei. Calenda, da sempre irriducibile avversario del “bipopulismo”, salviniano e grillino, e decisamente ostile a ogni alleanza con i pentastellati, ha dichiarato di considerare questa mossa un grave errore politico, oltre che un tradimento del mandato degli elettori.
Il primo a complimentarsi con il leader di Azione è proprio Sandro Gozi, che dà il benvenuto al leader di Azione e accoglie con soddisfazione la crescita esponenziale del nuovo gruppo a Bruxelles, dicendosi convinto della necessità di creare uno spazio politico di marca centrista, liberale e democratica anche in Italia: e da questo punto di vista le cose sembrerebbero procedere spedite, dal momento che proprio sabato scorso, al Maxxi di Roma, si è tenuto un incontro tra i “big” di Italia Viva e alcuni rappresentanti di Renew Europe, per discutere della possibilità di dare vita a una forza politica equidistante dalla destra sovranista e dalla sinistra sempre più radicale e appiattita sulla demagogia pentastellata. Sulla stessa linea anche il braccio destro di Calenda, Matteo Richetti, il quale sostiene che non è il social-populismo quello su cui ci si era impegnati con gli elettori, sottolineando come sia ora più che mai necessario continuare nel solco del riformismo democratico. Approvazione anche dal sottosegretario agli Esteri e segretario di Più Europa, Benedetto della Vedova, il quale spiega che ora, con Azione, ci sarà maggiore sinergia anche in Europa, oltre che in patria, dove i due movimenti sono già federati.
Questa mossa di Calenda potrebbe avere delle ripercussioni anche in Italia, spalancando ulteriormente le porte alla nascita di una “terza forza” di marca centrista (per quanto il leader di Azione si sia più volte mostrato “allergico” a questo tipo di definizione, come a quella di “moderato”) e liberale, che nondimeno potrebbe esercitare un certo peso anche nell’elezione del nuovo capo dello Stato e che potrebbe essere decisiva, se ottenesse percentuali considerevoli alle elezioni del 2023, per la formazione di qualsivoglia Governo. Il leader di Azione, tuttavia, non si limita alle dichiarazioni. In un’intervista rilasciata a “L’Espresso”, oltre a motivare più dettagliatamente la sua decisione, delinea meglio quale sia la sua idea di Europa. Sulla decisione di Letta di allearsi con i pentastellati sia in Italia che a Bruxelles, Calenda dice che il segretario dem ha ormai fatto la sua scelta e che sebbene il Partito Democratico rimanga una forza con la quale interloquire non può più essere casa sua, a causa della sua struttura interna, delle strategie politiche miopi e dell’immobilismo della classe dirigente, oltre che per la deriva estremista e demagogica, il cui segno più evidente è proprio la decisione di allearsi col Movimento Cinque Stelle.
Alla domanda se cercherà di creare un’area liberale, il leader di Azione risponde che l’Italia ha bisogno di un’area riformatrice, capace di affrontare i problemi “di petto” e di cercare soluzioni alternative a quelle di sempre. Di certo, questo potenziale soggetto politico non inseguirebbe la Cgil, che rifiuta a priori ogni ipotesi di riformare la previdenza e il mondo del lavoro; proprio come non prenderebbe provvedimenti “a pioggia”, generalizzati – si tratti di tasse o di spesa pubblica non si può dare tutto a tutti, né accontentare chiunque – in quanti incapaci di risolvere i problemi e di centrare gli obiettivi. Quest’area – dice Calenda – si concentrerebbe sui problemi reali e agirebbe in maniera mirata. In secondo luogo, l’ispirazione liberal-democratica del movimento impedisce di considerare il giustizialismo una soluzione, come invece vorrebbero i grillini e i loro sodali. Nel frattempo, in Italia cresce l’interesse per una forza liberale e il bisogno di proposte politiche nuove, alternative e, soprattutto, credibili.
Sebbene gli esponenti di quest’area siano tanti, i numeri non sembrerebbero essere dalla loro parte, trattandosi di piccoli partiti e movimenti. Questo, tuttavia, per Calenda non sembra essere un problema: Azione – dice – è al quattro per cento, ma alla fine a Roma ha ottenuto il venti e si è classificato come primo partito. Questo perché la politica non è statica e i partiti, il più delle volte, crescono silenziosamente. Il riformismo, in Italia, è ostaggio dell’ideologia, ma la nuova fase, determinata dall’irrompere della pandemia e dalla presidenza di Mario Draghi, crea uno spazio per una nuova rappresentanza. Tuttavia, i toni del leader di Azione sembrano essere diffidenti nei riguardi di Italia Viva: non è chiaro cosa intendano fare, almeno in termini di alleanze.
Per quanto riguarda l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, Calenda non ha dubbi: viviamo in un mondo in cui le persone contano, e Mario Draghi è una figura estremamente autorevole e rispettata, in Europa e nel mondo. Ed è questo il principale motivo per cui deve restare a Palazzo Chigi. Come nuovo inquilino del Quirinale l’ideale – dichiara il leader di Azione – sarebbe Paolo Gentiloni, che descrive come una figura estremamente equilibrata e con una ottima reputazione, d’origine liberale che, a suo tempo, votò contro l’ingresso del Partito Democratico nel gruppo dei socialisti europei.
Ma è sull’Europa che la riflessione di Calenda si fa più interessante: la sua tesi è che l’Europa sia ostaggio di troppi leader autocratici. Al contrario, bisognerebbe promuovere un’Europa a “cerchi concentrici”, che poggi sulla difesa e la conservazione dei valori dei “padri fondatori”, sul dialogo tra le quattro tradizionali famiglie politiche (popolari, socialisti, liberali e verdi) e che escluda i Paesi dell’Est, il cui ingresso nell’Unione è stato un errore, frutto di una visione sbagliata e fallimentare della globalizzazione. Bisognerebbe smettere di allargarsi e di continuare a includere Paesi non ancora pronti a far parte di una Comunità come quella europea – dice il fondatore e leader di Azione – per concentrarsi invece sulla profondità, ossia sul significato dello stare in Europa. Questo è il punto: si può entrare a far parte dell’Europa, solo dopo aver acquisito una certa maturità culturale e politica, che molti Paesi dell’Est non possedevano al momento del loro ingresso nell’Unione e continuano a non possedere. Oggi ne vediamo i risultati.
Non si può che accogliere con grande soddisfazione la scelta di Calenda di entrare a far parte di Renew Europe, la qual cosa costituisce un ulteriore passo verso la costruzione di un soggetto liberale e riformista anche in Italia, ostaggio – come dice l’ex ministro dello Sviluppo economico – di una contrapposizione ideologica (e per questo sterile e paralizzante) tra il sovranismo dell’estrema destra e il social-populismo della sinistra radicale. Allo stesso modo, non si può fare a meno di ammirare come, finalmente, ci sia qualcuno che abbia il coraggio di guardare all’Europa per quello che veramente è: non solo uno spazio economico, ma una civiltà, coi suoi valori fondamentali e i suoi pilastri culturali, del quale può far parte solo chi è in linea con tale visione e contribuisce positivamente alla sua conservazione e al suo rafforzamento.
Aggiornato il 15 novembre 2021 alle ore 10:22