Giornalismo d’inchiesta, dicono

In Italia, giuridicamente parlando, esiste per i dati che riguardano la nostra situazione economica e patrimoniale, quella che viene definita una tutela attenuata, poiché sono sì informazioni private ma sono collocate in una posizione in un certo senso “intermedia” sulla scala dei valori da proteggere. Ci sono poi una serie di norme procedurali che definiscono il campo di azione della stampa quando si tratta di atti di indagine. Poi vabbè, c’è la Costituzione, ma ormai dopo due anni di Stato di emergenza-sanitaria prolungata e appiccicata con lo sputo alla legalità, disapplicata per disapplicata chi vuoi che se ne ricordi più.

Ma, no, non vi annoieremo con tediose disquisizioni giuridiche anche se per farle avremmo i titoli, ci limiteremo a verificare se Marco Travaglio li ha al punto da poter sbattere in prima pagina gli estratti conto del senatore Matteo Renzi. Si vede che qui qualcuno è rimasto ai tempi di Tangentopoli, quando i capi di imputazione e determinati reati accertati giustificavano la curiosità dell’opinione pubblica e pertanto erano – opinabilmente anche allora – coperti dal diritto di cronaca.

Le entrate dell’ex premier non sono oggetto di indagine. Ripetiamo: non. E però sono state prese dalla dichiarazione dei redditi pubblici di Renzi. Sentivamo proprio la mancanza di quello sport tapino tipico di una certa umanità tapina, quella che principalmente si è politicamente riversata in un movimento politico che ha raggrumato un brodo di tapini primordiali, di andare a guardare i fatti degli altri, meglio se sono fatti pubblici contenuti in dichiarazioni pubbliche.

Una volta c’erano i guardoni che spiavano le coppiette nelle frasche, e spesso erano dei maniaci come il Pacciani, oggi abbiamo una nuova perversione del tutto mediatica di cui Marco Travaglio è indubbiamente il caso clinico uno, il Marchese del Conto, uno che prova godimento a farsi i fatti – per non usare parolacce – degli altri. Però, come tutte le perversioni più turpi e quindi non accettabili dalla mente conscia, ci vogliono delle giustificazioni, quindi oltre alla suddetta c’è pronta anche quell’altra di rinforzo che siccome Renzi è oggetto di indagini della Procura di Firenze che lo accusa di concorso in finanziamento illecito insieme agli ex ministri Luca Lotti e Maria Elena Boschi, allora pubblicare i suoi guadagni va bene.

L’indagine verte su contributi volontari finiti nelle casse della Fondazione Open e, tra migliaia gli atti depositati dai pm, c’è anche un’informativa della Guardia di Finanza che contiene gli estratti del conto corrente sputtanato. Quello che sta accadendo a Renzi dovrebbe farci tutti saltare sulla sedia, non perché siamo amici di Renzi ma perché abbiamo un espion, un detective, un enquêteur, veilleur, délateur professionista, un Kgb installato nella redazione di un quotidiano nazionale da decenni e però va tutto bene, tutto regolare, tutto consentito, tutto normale.

Giornalismo d’inchiesta, dicono. Il punto non è tanto, perlomeno qui in questa sede critica, se si possa o non si possa fare e se e quale possa essere il danno ingiusto nel fare una cosa del genere – o degenere – ma in primis se sia clinicamente normale, in secundis se interessi. A chi non ha qualche perversione e non prova godimento dagli estratti conto no. Attendiamo quindi dal Maestro dopo decenni di eccitanti onanismi intellettuali il capolavoro, l’“Histoire d’Èmme”, ma come minimo proprio, per spiegarci, per farci capire, per farcene rapire. Fossero almeno state le foto della Boschi nella doccia, che so, l’avrei capito.

Aggiornato il 09 novembre 2021 alle ore 12:25