Von der Leyen: sull’energia Europa troppo dipendente dalle importazioni

Un tema assolutamente cruciale oggigiorno è quello dell’approvvigionamento energetico. Al punto che si potrebbe tranquillamente affermare che sarà una delle questioni centrali anche per le future strategie e assetti geopolitici. Su questo, non si può certo dire che l’Europa sia messa benissimo. Anzi, come ha sottolineato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dipendiamo ancora troppo dall’energia importata da Paesi – come la Russia, ma anche quelli del Golfo – non propriamente amici dell’Unione. Deve essere chiaro che il nostro futuro sono le energie rinnovabili, non il gas, ha detto la presidente von der Leyen. Di conseguenza, è su questo punto che le politiche europee di medio-lungo periodo dovranno concentrarsi: favorire la transizione ecologica attraverso il “Green Deal”.

La riflessione della presidente Ue si sofferma anche sull’impennata dei prezzi dell’energia, che proprio in questi giorni è al centro del dibattito politico, italiano ed europeo, e della preoccupazione di moltissime famiglie. Nel corso della pandemia – ha spiegato la von der Leyen – il costo del gas è cresciuto in seguito alla ripresa economica, che ha visto l’aumento repentino della domanda a fronte di un’offerta che invece è rimasta stabile. A questo proposito, Paesi esportatori di gas come la Norvegia hanno fatto del loro meglio per venire incontro all’Europa, aumentando al massimo la produzione di gas. Al contrario, Paesi come la Russia hanno continuato a tenere bassa la produzione rispetto alla domanda estera (col sospetto che la cosa sia stata scientemente voluta per mettere in difficoltà l’Europa), sebbene il presidente russo, Vladimir Putin, abbia garantito che il suo Paese è pronto a fare la sua parte per stabilizzare il mercato energetico mondiale.

In ogni caso, la presidente von der Leyen ha ribadito la necessità, per l’Europa, di investire nelle energie rinnovabili. Il passaggio a queste fonti di energia presenterebbe almeno tre importanti vantaggi: primo, ci metterebbe al riparo dalla fluttuazione dei prezzi e dalle ricorrenti “stangate”, trattandosi di energie endogene, quindi stabili nel costo di produzione e suscettibili di essere prodotte in loco, cioè in Europa, tagliando così sui costi d’importazione; in secondo luogo, si tratta di energie rispettose dell’ambiente e delle future generazioni, ora che l’Unione europea punta alla “neutralità climatica” e alla riduzione di oltre la metà delle emissioni entro il prossimo decennio; da ultimo, ci renderebbe indipendenti dalle importazioni. Su quest’ultimo punto la presidente è stata netta: il fatto che l’Europa dipenda quasi completamente – al novanta per cento – dal gas extra-europeo (particolarmente da quello russo, e non si può certo dire che la Russia sia una nostra amica) e dal petrolio arabo – al novantasette percento – ci rende vulnerabili anche dal punto di vista geopolitico. Al contrario, l’Europa è leader nella produzione delle rinnovabili e della relativa tecnologia: sarebbe sciocco non approfittarne.

Non solo rinnovabili, tuttavia: la presidente della Commissione ha dichiarato come ci si debba concentrare maggiormente anche sul nucleare, superando il pregiudizio e la paura nei confronti di questa importantissima fonte di approvvigionamento energetico. Sul tema la Commissione si pronuncerà a chiare lettere entro la fine dell’anno, anche se l’orientamento sembrerebbe essere favorevole. Ovviamente, si tratterebbe di nucleare “pulito”, che si concilierebbe con la “transizione verde”, come ha spiegato nei giorni scorsi il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Si tratta di un piano ambizioso, che però difficilmente – come ha sottolineato lo stesso premier italiano, Mario Draghi – diventerà pienamente effettivo nel breve periodo.

Sta di fatto che è inevitabile che il futuro dell’Europa debba tingersi “di verde”. Al netto dei radicalismi ideologici di taluni “eco-talebani” – per i quali dovremmo tornare a vivere sulle palafitte e a coprirci con foglie di fico – è difficile pensare che il pianeta possa sopportare ancora a lungo l’abuso al quale l’abbiamo sottoposto per così tanto tempo. Dobbiamo porci il problema delle future generazioni e di cosa lasceremo loro in eredità. Proprio come i governanti responsabili sono quelli che si adoperano per far quadrare i conti pubblici e non spendere più di quanto sia possibile e necessario, al fine di non uccidere di tasse quelli che vivono e di non lasciare un Paese pieno di debiti da pagare a quelli che vivranno; allo stesso modo, i governanti responsabili sono chiamati a porsi il problema della salubrità dell’ambiente che lasceranno a chi verrà domani. Tutto questo, ovviamente, cercando di armonizzare le esigenze dell’ambiente con quelle dello sviluppo economico, che pure non può arrestarsi o subire involuzioni, secondo la teoria della “decrescita (in)felice”.

Non è, tuttavia, solo per rispetto dell’ambiente che l’Europa dovrebbe puntare sulle energie rinnovabili e sulla “transizione verde”, come ha capito benissimo la presidente von der Leyen, ma per anche per amore della propria libertà. Siamo effettivamente troppo dipendenti dalle importazioni da Paesi nemici della nostra democrazia e della nostra cultura liberale e occidentale, che ragionevolmente potrebbero sfruttare questa loro posizione di forza a nostro sfavore per interessi geopolitici. È dunque sensato puntare al raggiungimento dell’indipendenza anche dal punto di vista energetico, se tale indipendenza diventa una vera e propria garanzia della nostra civiltà e della nostra sicurezza.

Anche sul nucleare, sarebbe bene lottare contro la disinformazione portata avanti dagli ambientalisti radicali e dal populismo di sinistra: il tipo di atomo che possiamo sfruttare oggigiorno, con le moderne tecnologie delle quali disponiamo, ha un impatto sull’ambiente davvero trascurabile ed è di gran lunga più sicuro di quanto non fosse in passato. Le uniche due note critiche potrebbero essere quella relativa ai costi della transizione ecologica e quella relativa all’opportunità che tale processo sia pianificato e sostenuto dalla spesa pubblica.

Ora, è inevitabile che, nel breve periodo, il passaggio alle rinnovabili potrebbe avere un costo rilevante, per i produttori come per i consumatori: ma bisogna anche pensare che esso verrà compensato nel medio-lungo periodo, con la stabilizzazione dei prezzi dell’energia e una volta che verrà raggiunto un nuovo equilibrio di mercato.

Per quanto riguarda invece la seconda obiezione, è inevitabile sottolineare come il passaggio alle rinnovabili sia una strada già intrapresa dal mercato e che già incontra il favore della maggior parte degli attori economici. Non si tratterebbe, perciò, di una vera e propria pianificazione, ma di un “assecondare” la tendenza di mercato, di agevolarla e di imprimere a essa una accelerazione. Non si tratterebbe di stabilire i fini, ma di procurare i mezzi per realizzarli, insomma. Non si sta agendo “contro-mercato”, in maniera distorsiva; come non si sta cercando di orientare le dinamiche del mercato stesso in maniera arbitraria o nell’interesse di un gruppo particolare, ma si sta unicamente provvedendo a “presidiare” una strada già intrapresa dallo stesso e a incentivarla, preso atto che essa è vantaggiosa per tutti, nel tentativo di amplificarne gli effetti, la portata.

Aggiornato il 29 ottobre 2021 alle ore 10:20