
“Il valore di questa marcia, il 23 ottobre di ogni anno, è quello di ricordare, senza desiderio di perpetuare contrapposizioni e odio. Per questo si chiama Marcia della pace”. Gian Luigi Ferretti è responsabile relazioni internazionali dell’Ugl: insieme a una delegazione ha preso parte all’evento in programma a Budapest, in Ungheria, per ricordare la rivolta di chi, 65 anni fa, ha avuto il coraggio di ribellarsi a una “crudele dittatura”.
“Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest”: a distanza di tempo, quale è il significato di questo messaggio?
“Avanti ragazzi di Buda” è l’inno alla libertà, come hanno scritto un anno fa i senatori Claudio Barbaro e William De Vecchis, nella loro proposta di legge, per chiedere che la canzone (scritta da Pier Francesco Pingitore) venga riconosciuta quale espressione dei valori fondanti della nostra Repubblica. Chi ha a cuore la libertà – ed è disposto a combattere in suo nome – non può che ispirarsi alla rivolta del popolo ungherese, che 65 anni fa ha avuto il coraggio di opporsi, praticamente a mani nude, contro una delle due più grandi potenze militari del mondo, per di più una ferrea e crudele dittatura. Di questo parla la canzone, della rivolta contro gli invasori per la riconquista della libertà. Tutto iniziò con un corteo pacifico degli studenti a Budapest il 23 ottobre 1956, partito dall’Università, al quale si unirono spontaneamente gli operai e via via il resto della popolazione. La repressione fu terribile: Mosca lanciò contro Budapest duecentomila uomini e quattromila carri armati. Vi furono quasi tremila morti tra gli ungheresi e circa 700 tra i militari sovietici, 250.000 ungheresi fuggirono all’estero. Ma fu l’inizio della fine del comunismo, al quale la disperata rivolta ungherese aveva definitivamente strappato la maschera mostrandolo in tutto il suo orrore”.
Quale è il valore di questa marcia? Nel nostro Paese, a suo avviso, ci sono ancora poche manifestazioni di tal genere?
Il valore di questa marcia, il 23 ottobre di ogni anno, è quello di ricordare senza desiderio di perpetuare contrapposizioni e odio. Per questo si chiama “Marcia della pace”. Ma allo stesso tempo è un appello a vigilare. “Mai più” c’è scritto sui tanti cartelli. Non permettere mai più che la libertà venga soffocata. Nel nostro Paese sarebbe bello se si scegliesse una data per chiamare tutto il popolo a celebrare la libertà. Purtroppo, c’è invece la tendenza a trasformare ogni celebrazione in un’occasione per l’incitamento all’odio. Ogni riferimento al 25 aprile non è casuale.
Quale immagine le è rimasta più impressa?
L’Ugl ha partecipato con una sessantina di iscritti, ciascuno dei quali, a partire dal Segretario generale, ha pagato di tasca propria voli e soggiorno. Lo ha fatto aderendo all’invito della confederazione sindacale Mosz per ricordare i consigli operai che aderirono subito alla protesta degli studenti. Quello che non ci aspettavamo era di attraversare un milione di persone che ci applaudivano gridando “grazie” e “viva l’Italia”. Una sensazione da brividi.
Cosa significa essere patriota oggi nel nostro Paese?
Nel nostro strano Paese sembra che dichiararsi patriota equivalga a scegliere una parte politica anziché un’altra. È, purtroppo, una peculiarità negativa della quale fatichiamo a liberarci. I termini “italiano” e “patriota italiano” dovrebbero essere sinonimi. Poi ci potranno essere patrioti di destra e patrioti di sinistra. Come in Israele, anzi come nella maggioranza dei Paesi.
Ultima cosa: che Ungheria ha trovato?
Un’Ungheria moderna e apparentemente ben organizzata, che in questo momento è arrabbiata con l’Unione europea, perché ha la sensazione che stia manovrando per limitare la sua libertà, quindi la sua indipendenza e lo stia facendo anche con la sorella Polonia come fece allora un’altra Unione, quella Sovietica. Naturalmente, fatte le debite proporzioni.
Aggiornato il 27 ottobre 2021 alle ore 13:28