Una testa, un voto: numeri e democrazia

Le minoranze possono dettar legge alle maggioranze? No, dato che in una democrazia rappresentativa contano i numeri. Se è vero che vale l’imperativoUna testa-un Voto”, è ancora più forte l’altra condizione esclusiva che in inglese recita “No taxation without representation”, ovvero, se non ho voce in capitolo in Parlamento io non ti pago le tasse. Ora, come la mettiamo con le “maggioranze silenziose” dell’astensione costrette a confrontarsi con la dittatura di minoranze tipo Lgbt, politically correct, cancel culture, No vax, no Green pass, che hanno già dimostrato di fare danni incalcolabili alla libera espressione delle opinioni e del dissenso, estromettendo dalle tribù mediatiche dei social tutte quelle voci non allineate ai loro proclami? Nel caso del monstrum del “politicamente corretto”, è lecito dimenticarsi che la Politica è pathos, un succedersi di lotte e contraddizioni anche estreme e non può essere semplicemente resa piatta da regole astruse, imposte dall’alto dei campus universitari da élite culturali eredi di quelle che le hanno elaborate negli anni Sessanta del secolo scorso? Ci si chiede, per di più, se le piazze monopolizzate da qualunque tipo di folle fanatiche e scatenate siano agorà alternative al Parlamento e, quindi, autorizzate a imporre la propria legge.

Ci si chiede se, davvero, sia caritatevole soccorrere chi si fa naufrago, mettendo a rischio la propria vita e, sempre più spesso, quella di creature innocenti come i loro figli piccoli e piccolissimi, per presentare una discutibile richiesta d’asilo (come accade per più del 90 per cento dei casi!), entrando come scassinatori dalla finestra di casa altrui, anziché più correttamente dal portone d’ingresso, dopo aver chiesto educatamente il permesso di farlo. Non è, forse, questa una violenza inaudita che ci viene imposta da minoranze di autentici delinquenti organizzati che dirigono traffici orrendi di esseri umani? Non sono forse questi ultimi a rappresentare la vera luna nera da colpire senza pietà, piuttosto che parlare nella pavida Bruxelles di un’accoglienza pelosa che nessuno può davvero permettersi? Perché fare di quegli stessi migranti indesiderati dei marginali, dei nuovi poveri e, più spesso, carne da macello per la delinquenza organizzata del caporalato e del traffico illegale di stupefacenti, che dilaga nelle strade delle periferie già degradate delle nostre realtà urbane? E che dire di quei profughi economici fattisi naufraghi a forza provenienti da Paesi africani ricchissimi di materie prime, di cui beneficiano soltanto le minoranze ristrettissime e familistiche delle loro élite corrotte, spesso dedite all’assassinio di oppositori, al genocidio e allo sfruttamento senza pudore e limiti dei loro stessi popoli?

Come mai tutti costoro non vengono messi all’indice e allontanati dai principali consessi mondiali (vedi Onu) e non sono pubblicamente condannati, senza limiti e riserve, dalle autorità religiose mondiali, sempre pronte a mettere all’indice chi accoglie e mai a lanciare anatemi sui veri costruttori delle infelicità degli oppressi, che sono poi i loro governanti corrotti, genocidari e violenti, associati moralmente alle organizzazioni criminali che regolano e dirigono i traffici di esseri umani? Perché si smantella (giustamente!) senza pietà la pirateria marinara, ma non si fa la stessa cosa con le basi dei trafficanti mondiali di esseri umani, sfruttamento della prostituzione compresa? Come si fa a chiamare tutto questo democrazia liberale o cattolicesimo ispirato dalla parola di Cristo, che condannava chi dava scandalo invitandolo a legarsi una macina al collo e poi gettarsi dalla rupe più alta della città? La forza dello Stato è dunque questa? Una vigliacca pusillanimità? E che dire del suffragio universale e dello slogan “tutto il potere al popolo”? Come potrebbero decine di milioni di persone esercitare funzioni di Governo nel quotidiano o fungere da legislatore permanente, al posto delle loro rappresentanze elette?

Manca del tutto la coscienza politica (forse, perché si è in totale malafede?) che il voto popolare è per sua natura stessa binario: funziona benissimo nel dirimere con un “Sì” o un “No” un quesito referendario chiaro e netto. Può scegliere un Governo e un programma. È in grado di investire un leader dei pieni poteri, ma non può elaborare una politica attiva, che gestisca al meglio nel quotidiano le risorse del presente ed elabori una strategia coerente per il futuro, in modo da offrire le giuste opportunità alle nuove generazioni. Un… Popolo “non” può fare tutto questo. Per tale fine, a dover provvedere sono le élite competenti, accuratamente selezionate ed educate (che si chiamino burocrazie o tecnocrazie) in modo largamente autonomo e indipendente dalla politica, non per quanto riguarda la capacità di fissazione delle finalità politiche, ma in considerazione della loro qualità morale e del merito individuale. In tal senso, devono essere bandite tutte le pratiche di lottizzazione e chi è impiegato nei servizi per la collettività svolti da attori sia pubblici che privati, come sanità, scuola, trasporti, deve perseguire il massimo risultato, in rapporto alla qualità e ai costi di gestione sostenuti, indipendentemente dal suo status di impiego!

Oggi, tutto questo non è assolutamente vero. Il servizio pubblico è in ginocchio, costando moltissimo e producendo risultati e servizi che sono molto al di sotto degli standard medi dei migliori operatori privati, anche a causa degli immensi sprechi che nessuno è in grado di controllare ed eliminare. Il voto popolare è utilissimo nelle primarie (che dovrebbero essere severamente regolate con norma di legge) per selezionare le élite politiche di prima prossimità, da votare poi nelle elezioni generali a suffragio universale. Quindi, il recupero della credibilità della politica e dei Partiti passa innanzitutto per una loro ritirata strategica: mai più lottizzazioni e candidature calate dall’alto. Magari, obbligando tutti coloro che intendano candidarsi per svolgere ruoli di responsabilità amministrativa a livello di enti locali a frequentare in via preliminare scuole di alta formazione, perché la gestione della Res Publica rappresenta il bene supremo, per il quale occorre dimostrare la massima passione e competenza. Poi, la cosa più importante da riscoprire è che la partecipazione politica non si fa né con i tweet, né con i post via social network, ma con la presenza fisica sui territori, interrogando le persone e rispondendo attivamente alle loro domande e soddisfacendone per quanto possibile bisogni ed esigenze. Poi, tutto il resto è noia, come si è abbondantemente visto in questi due primi decenni del XXI secolo.

Aggiornato il 26 ottobre 2021 alle ore 12:43