
Un volume importante e di grande respiro, focalizzato sulla crisi della civiltà liberale tra la prima e la seconda guerra mondiale. Un periodo paradigmatico di quello che è stato tutto il Novecento: il secolo dello Stato, delle ideologie e dei totalitarismi. Il libro di Giampietro Berti, Crisi della civiltà liberale e destino dell’Occidente, nella coscienza europea fra le due guerre (Rubbettino, 2021, 628, pagine 28 euro), presentato lo scorso venerdì in occasione di un webinar dell’Ibl, cerca soprattutto di rispondere a un’impegnativa domanda: com’è stato possibile che all’interno della cultura europea sia potuto accadere tutto questo?
Durante l’incontro, Carlo Lottieri (professore associato di Filosofia del Diritto, Università di Verona e direttore del dipartimento Teoria politica dell’Ibl) ha messo in risalto i vari temi utilizzati dall’autore – che spaziano dalla filosofia, alla storia, alla politica – per provare a far luce sulla crisi della civiltà liberale: l’attenzione per l’irrazionalismo, il disinnamoramento per la ragione, l’irruzione delle masse, la rottura dell’equilibrio della società borghese, la secolarizzazione, il rigetto della nozione di progresso, la missione salvifica attribuita alla politica. Per Raimondo Cubeddu (professore ordinario di Filosofia Politica, Università di Pisa) il libro ci dà un quadro nuovo su di problema che è stato affrontato da molti punti di vista. Mancava un approccio unitario, come quello utilizzato da Berti, che riuscisse a cogliere la complessità del fenomeno, a non tralasciare pensatori significativi per la loro eredità ma sostanzialmente trascurati dagli storici del pensiero.
La contrapposizione su cui è incardinato il libro, come ha evidenziato Lorenzo Infantino (professore ordinario di Filosofia delle Scienze Sociali, Luiss Guido Carli), è quella tra libertà e antilibertà. In quel trentennio, la società liberale ha dovuto misurarsi con un fronte che si opponeva alla libertà di scelta, un antiliberalismo che è diventato una malattia continentale. Nato in Inghilterra, il liberalismo entra in crisi nella cultura tedesca e da quel momento smette di essere attrattivo in tutta Europa. Soltanto Vienna, Londra e Chicago rimangono centri di elaborazione del pensiero liberale.
Aggiornato il 26 ottobre 2021 alle ore 12:46