Michetti si impegni per il termovalorizzatore a Roma

L’emergenza per i rifiuti è il primo problema per Roma, se la città continuerà a essere sporca i turisti si terranno a debita distanza e non ci potrà essere nessuno sviluppo. La Capitale rischia di affossare sempre di più. I rifiuti non spariscono con la bacchetta magica e neanche con la sola differenziata, c’è bisogno di impianti che mancano a partire dal termovalorizzatore a Roma. Su questo occorre che Enrico Michetti sia chiaro e da candidato sindaco prenda un impegno ufficiale a favore del Termovalorizzatore a Roma, anche per fare una apertura programmatica a Carlo Calenda, che su questo si è distinto nella prima parte della campagna elettorale.

Tutti quelli che si occupano da anni di “monnezza” sanno che a Roma serve il termovalorizzatore e a favore dell’impianto si è ultimamente espresso anche Guido Bertolaso, intervenendo a una manifestazione elettorale di un candidato di Fratelli d’Italia, alla presenza di Gianni Alemanno. È inutile aver scritto nel programma che la emergenza rifiuti è causata da mancanza di impianti e concludere invece che basta il termovalorizzatore di San Vittore. Perché non è così. All’impianto di San Vittore è in fase di autorizzazione la quarta linea che, oltre ai fanghi, servirà essenzialmente come linea aggiuntiva per consentire la manutenzione dell’impianto, in maniera tale che possa sempre avere tre linee in funzione. Dunque, l’impianto potrà al massimo lavorare 400 mila tonnellate annue di rifiuti a fronte di un fabbisogno regionale di circa 800 mila tonnellate annue di rifiuti. Quindi abbiamo un gap di 400 mila tonnellate all’anno.

L’amico Michetti poi commette un errore a dire che la Regione Lazio ha un nuovo piano rifiuti che va attuato, perché quel piano è fuffa, va cestinato e riscritto. È quello che ha chiesto il ministero della Transizione ecologica mettendo nero su bianco, che vanno rivisti gli obiettivi di raccolta differenziata e di riduzione della produzione dei rifiuti, in quanto irraggiungibili nel periodo di vigenza del piano. Nicola Zingaretti nel 2013 aveva ereditato un piano regionale che prevedeva un numero di impianti necessario per chiudere il ciclo dei rifiuti. Purtroppo, quel piano non solo non l’ha attuato ma lo ha addirittura stravolto, perché alcuni impianti programmati non sono mai stati costruiti e altri sono stati chiusi. Gli impianti Tmb di Bracciano, Colleferro e Latina, previsti dal quel piano, non sono mai stati costruiti. Nel frattempo, il Tmb Ama di Salaria è andato in fumo ed è stato chiuso, così come il tmb di Albano. Oggi a Roma ci sono tre impianti di Tmb, due di Colari a Malagrotta e uno di Ama a Rocca Cencia, hanno una capacità massima di lavorazione autorizzata di 701.000 tonnellate annue rispetto a un fabbisogno di 927 mila tonnellate annue. Il Tmb Ama di Rocca Cencia è vecchio e andrebbe chiuso, infatti Ama ha previsto nel nuovo piano industriale di costruirne uno (Santa Palomba?). A Guidonia è presente un Tmb, nuovo, moderno, ma non può entrare in funzione perché la sovraintendenza in maniera inopinata ha inserito un vincolo sulla strada di accesso, che è una vera e propria discarica a cielo aperto. Basterebbe occuparsene per farlo aprire e risolvere parte dell’emergenza, perché l’impianto ha una potenza di lavorazione di 180 mila tonnellate all’anno.

Nel Lazio sono presenti altri Tmb: Saf di Colfelice in provincia di Frosinone (327mila tonnellate all’anno), Rida di Aprilia (402mila), Ecologia-Viterbo (215mila tonnellate annue), Csca di Castelforte-Latina (67mila tonnellate annue), Ecosystem di Pomezia (60mila), Tritovaglio-Porcarelli di Rocca Cencia, a Roma (321mila tonnellate annue). Si può arrivare, con il Tmb di Guidonia, ristrutturando quello di Rocca Cencia o sostituendolo con uno di nuova costruzione e aumentando la potenza degli altri, a una autosufficienza su tutto il territorio regionale.

Mentre per quanto riguarda la termovalorizzazione dei quattro impianti previsti dal vecchio Piano regionale dei rifiuti, confermati dal decreto sblocca impianti di Matteo Renzi-Paolo Gentiloni del 2016, oggi è in funzione solo quello di Acea di San Vittore, con tre linee e con una capacità autorizzata massima di 400 mila tonnellate annue di combustibile derivato dai rifiuti/combustibile solido secondario. Zingaretti ha cancellato con il nuovo Piano il termovalorizzatore di Albano, chiuso quello di Colleferro, che era di proprietà della Regione e non ha preso in considerazione il gassificatore di Malagrotta, che ha una linea costruita e può produrre idrogeno. L’energia pulita di cui tanto si parla.

La raccolta differenziata va incrementata rispetto all’oggi e occorre arrivare al livello previsto dalla normativa europea (65 per cento di riciclo, 10 per cento in discarica e 25 per cento valorizzazione). Però sfatiamo il mito della differenziata, da sola non risolve la questione, non solo perché resta un residuo ma soprattutto perché i rifiuti vengono separati, ma non spariscono e occorre costruire l’impiantistica adatta, altrimenti anche l’aumento della differenziata può contribuire all’emergenza rifiuti. Secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili (rapporto Ispra 2020-dati 2019) Roma città ha prodotto nel 2019 rifiuti urbani per 1.691.887,319 tonnellate, con la raccolta differenziata pari a 765.130,099 tonnellate annue (Raccolta differenziata 45,22), l’indifferenziato pari a 926.757,22 tonnellate annue. La produzione di rifiuti urbani è di 596,30 chili pro capite e la raccolta differenziata pari a 269,67 chili pro capite. Mentre nel Lazio abbiamo rifiuti urbani per un totale di 3.038.262, rifiuti urbani di indifferenziato 1.451.155, raccolta differenziata 1.531.394 (51,3 per cento), pro capite rifiuti urbani 508 chili, pro capite raccolta differenziata 261,08. La raccolta differenziata a Roma è passata dal 21,11 per cento del 2011 al 45,22 per cento del 2019, ma all’aumento della raccolta differenziata non è seguita nessuna costruzione di impianti per l’umido.

A oggi Ama ha solo un vecchio impianto a Maccarese con una capacità di lavorazione pari a 30mila tonnellate all’anno. Ma il fabbisogno impiantistico è oggi di quasi 300mila tonnellate di frazione organica. Il che significa che 270mila tonnellate di umido vengono trasportate negli impianti del Veneto e del Friuli Venezia-Giulia, con aumento dei costi e dell’inquinamento, causato dal trasporto su gomma. Ama attualmente ha programmato di costruire due impianti per l’umido, dalla capacità di 60mila tonnellate all’anno assolutamente insufficienti rispetto al fabbisogno, in località Cesano e Casal Selce. Solo che, appena individuati i siti, sono partite le manifestazioni promosse in maniera trasversale da tutto il sistema politico. Sinistra e destra unite nella protesta. Attualmente su tutto il territorio regionale gli impianti di compostaggio in fase di autorizzazione e costruzione porteranno a una capacità impiantistica pari a 400 mila tonnellate annue di organico (oggi la capacità effettiva è pari a 250mila tonnellate). Con l’aumento della differenziata al 65 per cento si arriverà ad un fabbisogno di 900 mila tonnellate annue di organico con un deficit di circa 500 mila tonnellate. Pensare poi di portare addirittura la differenziata al 70 per cento, come è scritto nel Piano regionale dei rifiuti, scritto da Zingaretti, e come sento anche in ambienti politici di destra, mi pare una pura utopia. Basta guardare i dati di tutte le grandi città italiane: Milano (61,3 per cento), Venezia (61,6), Bologna (54,2), Torino (47,7), Firenze (53,9), Napoli (36,2).

Quanti sostengono che aumentare la raccolta differenziata significa far venire meno l’esigenza dei termovalorizzatori non sanno di che parlano, basta guardare i dati. La Lombardia con il 72 per cento della raccolta differenziata ha 13 termovalorizzatori e 12 discariche, il Veneto con la raccolta differenziata al 73 per cento ha 2 termovalorizzatori, l’Emilia-Romagna ne ha 8, la Toscana 5, la Campania ne ha uno ma da 800 mila tonnellate annue, il doppio di San Vittore. Grave poi è l’assenza poi di discariche di servizio. Proprio il “no” alla termovalorizzazione da parte di Zingaretti porta ad avere bisogno di discariche con una esigenza di circa 9 milioni di metri cubi nei prossimi 5 anni.

Alcune discariche si sono esaurite o sono state chiuse. Sono come Malagrotta (Roma), Cupinoro (Bracciano) e Inviolata (Guidonia). Chiusa la discarica di servizio di Albano, dopo l’incendio al Tmb (è quella che Virginia Raggi ha riaperto, ma ha una volumetria residua di circa 90mila metri cubi) e quella di Latina. Quella di Colleferro è stata chiusa di recente da Zingaretti quando era ancora capiente per almeno 400mila metri cubi. Dopo i fatti giudiziari, che hanno colpito la dirigente ai rifiuti Tosini e l’imprenditore Lozza, è stata chiusa anche la discarica di Roccasecca (Frosinone), con i lavori del “V” invaso (250mila tonnellate annue) che si sono bloccati in fase di ultimazione. Ad oggi ci sono solo due discariche: a Viterbo, con una capacità residua 125mila metri cubi e a Civitavecchia, capacità residua 22 mila metri cubi.

Infine, è stato un grave errore inserire nel nuovo Piano rifiuti la previsione dell’Ato Roma, votato da tutti come norma anti-Raggi, perché come si sa non è solo Roma che porta i rifiuti fuori dal proprio ambito ma anche numerosi altri Comuni, anche quelli che protestano. Ai Castelli non vogliono i rifiuti di Roma ma portano i loro al Tmb di Aprilia o di Colfelice e i residui finiscono poi a Civitavecchia o Viterbo. Nella Capitale, per esempio, continuano a conferire i rifiuti a Malagrotta i Comuni di Fiumicino, con il sindaco Esterino Montino che protesta contro Roma, e Ciampino, oltre alla città del Vaticano. Al tritovagliatore Porcarelli di Rocca Cencia portano i rifiuti circa 50 Comuni della provincia di Roma.

In tutti questi anni la politica ha sempre lisciato il pelo a qualsiasi tipo di protesta e ha messo nelle mani della protesta la decisione sugli impianti, tanto che adesso protestano tutti contro tutto. La Tari di Roma è tra le più alte per il semplice motivo che i rifiuti vengono portati in altre Regioni o all’estero.

Aggiornato il 07 ottobre 2021 alle ore 10:57