Stangata sul voto? Che effetto avrà la notizia del guru social di Matteo Salvini, Luca Morisi, indagato dalla Procura di Verona per cessione e detenzione di stupefacenti? Sarebbero stati tre ragazzetti romeni a inguaiarlo, ma la vicenda presenta ancora lati oscuri. Intanto, il rampante giovanotto si è dimesso: “Non ho commesso alcun reato, ma la vicenda personale rappresenta una caduta come uomo”, ha commentato evocando imprecisate fragilità esistenziali. Il Capitano è rimasto in bilico. Sulle prime si è detto arrabbiato e dispiaciuto, poi ha messo online un post spiazzante: “Quando un amico sbaglia e commette un errore che non ti aspetti, e Luca ha fatto male a se stesso più che ad altri, prima ti arrabbi con lui, e di brutto. Ma poi gli allunghi la mano, per aiutarlo a rialzarsi. Ti voglio bene amico mio, su di me potrai contare. Sempre”, ha scritto Salvini. Spetterà agli inquirenti decifrare il messaggio, mentre il web ribolle.
Come poteva Matteo Salvini sfilarsi essendo Luca Morisi da nove anni il suo braccio destro da mattina a sera, nei giri d’Italia, nella gestione degli appuntamenti oltre che l’artefice della comunicazione social e di recente entrato anche nella segreteria politica del Carroccio? Gli avversari colpevolizzano, la presunzione d’innocenza è d’obbligo, ma sul banco degli imputati è finito anche lo stile aggressivo delle campagne salviniane. E mi sembra proprio questo l’aspetto caldo. Cioè “la Bestia”. Perché così si chiamava quella poderosa “macchina da guerra” messa in piedi dal duo Morisi-Salvini, che ha portato il partito dallo scarno 4-5 per cento del 2012 alla popolarità di primo partito italiano. Il genietto era, appunto, il giovanotto col volto controverso alla Carmelo Bene, che adocchiata la capacità del Capitano di incrociare tivù e social lo contattò e fu subito arruolato. L’intuizione fu puntare su una comunicazione tutta di pancia, tutta urlata, sanguigna e vera, ma anche ai limiti. Successo sì, però anche distanza dall’altra metà della Lega, dei Giorgietti e degli Zaia per esempio, dello stesso Umberto Bossi, degli ideologi di Pontida, della comunicazione più nazionalpopolare e ufficiale leghista vicina all’azzurra Forza Italia. Ma finché si volava col vento in poppa, tutti abbastanza zitti. E “la Bestia” ha ruggito fino a qualche giorno fa, trasformando la propaganda padana in una sorta “di setta” dell’invettiva.

Il mio personale convincimento è che ci sia qualcosa di impuro e deformato nello stile che ha avuto inizio col Blog delle Stelle di Beppe Grillo nel lontano 26 gennaio 2005, diventato poi quel successo planetario che ha dato vita al movimento con la “macchina partecipativa” dello scomparso Gianroberto Casaleggio. Il Blog grillino è stato il primo esempio di “un’informazione tossica” fuori dalle regole, in cui tutti urlano, svuotano anche scurrilità ed epiteti, ma uno solo conta, il padrone, con una marea di trolls tra notevoli quantità di fake news, che hanno dato vita all’era dei complottismi: la terra piatta, le scie chimiche fino alle ribelli posizioni No Vax. Questo genere è tornato a parti capovolte nella “Bestia” salviniana, il nome dice tutto, in cui la pagina Facebook del leader leghista si è trasformata nel grido di battaglia giornaliero. Le cose non vanno molto diversamente altrove.

Anche dalle parti di Fratelli d’Italia s’aggira “una bestiolina”, così come l’hanno definita. Per carità nessun problema giudiziario per i guru social dell’ascendente Giorgia Meloni e dei suoi uomini del web, ma guarda caso anche qui fanno carriera genietti “di stampo grillino” con lo stesso stile provocatorio. Il rischio è che la “vecchia macchina delle destre” dei tempi di piombo s’insinui nei social dei partiti, cali la maschera e di nuovo funzioni per manipolare. Mi sbaglio? Lo spero. Spero che questi episodi siano solo le cadute di professionalità emergenti disinvolte e troppo rampanti, votati al successo di numeri e sondaggi senza tanti scrupoli. Però che, dopo le amministrative, l’informazione politica abbia bisogno di una tarata rispetto all’antico aplomb mi sembra evidente. Visto che ormai i giovani leader sedicenti “giornalisti” svolgono in prima persona sulle loro pagine una controinformazione, che duplica o crea le notizie, interpretandole in modo demagogico spesso a discapito delle notizie vere, del giornalismo attendibile, della politica “non drogata”. Anche questo ce lo diranno le urne.

 

Aggiornato il 28 settembre 2021 alle ore 13:20