A Bologna la cultura e l’innovazione viaggiano ad alta velocità

In questo periodo di campagna elettorale dove tutti hanno una ricetta risolutiva per i problemi di ogni città non è facile trovare una bella idea, un qualcosa di riconoscibile e di libero dall’allineamento necessario all’identità di uno schieramento. Facendo però una ricerca, per quanto casuale e senza ambizioni di completezza, solo una delle tante proposte meriterebbe un premio alla originalità e questo andrebbe a una donna di Bologna: Paola Ghedini. La manager, che si occupa di riconversione e adeguamento alle innovazioni delle aziende ad esempio con l’utilizzo delle blockchain (la tecnologia che ci permetterà anche di votare con sistema digitale), è candidata nella lista civica Bologna CiPiace che appoggia il candidato Fabio Battistini, del centrodestra. Per dovere di cronaca il candidato Sindaco di Bologna Fabio Battistini ha detto recentemente che “L’amministrazione non deve produrre cultura ma fornire i mezzi perché sia prodotta” e pochi giorni fa un giornalista ha scritto che “l’arte e la cultura hanno bisogno di libertà, non di consenso”.

Allora si tratta di individuare e proporre momenti di crescita e di scambio dedicati alla cultura nel suo senso più alto ma è tale quando può essere espressa e condivisa. La Cultura non ha un mercato sottostante ma deve essere patrimonio e ricchezza di tutti. Bologna, per la sua tradizione e la sua storia è un luogo privilegiato per iniziative e sperimentazioni. Nella terra di grandi donne come Laura Bassi, la prima insegnante universitaria nel 1700 che era in contatto con Alessandro Volta e Voltaire, o la sua contemporanea Anna Maria Morandi Manzolini, che forse oggi sarebbe stata un grande medico legale e, ancora, ai nostri giorni personalità come la tennista Sara Errani o Marta Massera, ingegnere progettista in Ducati Corse, qualcosa doveva pur nascere. Il progetto è semplice: organizzare un rapido viaggio in tre tappe seguendo la velocissima linea Roma, Firenze e Bologna per un gruppo di persone che operano nella cultura, nella scienza e nell’arte. Ad ogni fermata le persone si distribuiranno in vari luoghi per dare vita a performance e incontri legati al proprio percorso di ricerca di lavoro o artistico.

Per fare un esempio, immaginiamo di scoprire a Roma un sabato mattina una cinquantina di sassofonisti sparsi nelle vie del Centro Storico, a buona distanza l’uno dall’altro, che suonano soli o in trio o in altra formazione. Li vediamo poi arrivare alla stazione per prendere un treno diretto a Firenze. Qui gli artisti scendono e si sparpagliano nel pomeriggio tra le vie e nelle piazze della città per suonare come hanno fatto a Roma e a questi magari se ne associano altri. Di nuovo tornano ai treni per raggiungere la destinazione della sera: Bologna. La lucentezza degli strumenti e la chiarezza del suono illumineranno i portici della città per poi ritrovarsi tutti in una piazza per un ensemble ogni volta irripetibile. L’effetto nelle intenzioni sarebbe quello di veicolare l’immagine di una città che promuove le eccellenze del Made in Italy, quello vero, quello che non ha bisogno dell’italian sound per affermarsi in Europa. La ricaduta economica per le attività commerciali e industriali del made in Bologna è evidente e importante.

“Il fine”, come chiarisce Paola Ghedini “è quello di creare dei punti di incontro, dei veri e propri salotti, dove gli artisti di tutto il mondo sanno di poter incontrare colleghi e creare situazioni di sviluppo e di scambio. Conoscersi, ascoltarsi, condividere o anche scontrarsi sui temi di un’arte o una convinzione è occasione di crescita. Così nelle stazioni arriva un caveau che si apre per esporre gioielli di arte e di sapere. Vagoni che diventano cartelle di windows, che contengono tanti file e tutti importanti fatti di persone.” Conclude che “sarebbe un sogno vedere i nostri portici resi vivi da violinisti che si alternano ai poeti; decine di quartetti d’archi che omaggiano Rossini e Mozart; le voci dei cantanti lirici che interpretano brani classici e magari qualcosa di Lucio Dalla; una miriade di attori che danno corpo a monologhi, ai testi di Dante e a brani di teatro; ragazzi che ascoltano come funziona il mondo virtuale nel quale sono nati, pianoforti sparsi nelle piazze più belle; imprenditori che possono far domande agli esperti sulle opportunità che le innovazioni possono offrire; fisarmoniche che fanno ballare i nostri concittadini. Riconvertire il Comune con i nuovi strumenti digitali che già abbiamo e rivedere la dotta Bologna insegnare al mondo il piacere di vivere insieme.”.

Siamo invasi da informazioni prive di fondamento e di credibilità. C’è bisogno di ricostruire il senso reale, al di là del rumore che anche i social contribuiscono ad aumentare. Dall’antichità, le consuetudini e gli usi dei popoli mediterranei hanno come centro di comunicazione il luogo fisico della piazza, dello spazio aperto. Mai come in questo periodo l’incontro deve essere necessariamente in ambienti che per la loro natura garantiscano un minimo di sicurezza rispetto ad un eventuale contagio. E intanto alcuni candidati di diversi schieramenti a Firenze e a Roma si stanno interessando a questa proposta non solo per l’originalità ma perché esce dall’ambito territoriale per connettersi ad altre realtà e al mondo digitale. E questo senza chiedere a nessuno l’appartenenza politica, le preferenze di genere, l’etnia o il credo religioso. Vuoi vedere che davvero, come cantava Giorgio Gaber, la liberà è partecipazione?

Aggiornato il 23 settembre 2021 alle ore 11:24