
La campagna elettorale a Roma è nel vivo. Tra i tanti temi nel calderone, c’è anche quello relativo alla questione dei cinghiali: uno degli ultimi capitoli in ordine di tempo è l’esposto presentato dal sindaco, Virginia Raggi, contro la Regione Lazio. La questione è quella della gestione degli ungulati nelle aree urbane “ricadenti nel territorio di Roma Capitale”. Nell’esposto, in sostanza, è stato evidenziato che la “presenza massiccia e incontrollata” degli animali selvatici sarebbe una conseguenza “della mancata previsione e/o attuazione da parte della Regione Lazio di efficaci piani di gestione”.
Nello specifico, si fa riferimento all’articolo 19 della legge 157 del 1992 il quale prevede che siano “le Regioni a dover provvedere al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia”. Il Campidoglio, inoltre, ha notato che la Regione “risulterebbe inadempiente al Protocollo d’Intesa sottoscritto con la Città Metropolitana di Roma Capitale e Roma Capitale” che, in sostanza, delinea come l’Ente regionale debba “predisporre piani di gestione nelle aree ricadenti nel territorio di Roma Capitale” e individuare strutture “in grado di ricevere gli animali vivi, catturati nell’ambito delle attività di controllo numerico”.
Uscendo fuori dal politichese (e da un colpo di spugna figlio di una annuncite che anticipa la chiamata alle urne), resta lo scaricabarile a Cinque Stelle che – nell’ultima legislatura capitolina – ha tenuto banco sul tema dei cinghiali, troppo spesso immortalati (le apparizioni sui social ormai non si contano più) in città, per strada (uno addirittura morto, in via Igea) o perfino sulla pista ciclabile, in zona Monte Mario. Cioè: tutti hanno attaccato tutti, ma la problematica (come altre, vedi il nodo dei rifiuti) è rimasta al solito punto di partenza. Ossia ferma. E la colpa è sempre di qualcun altro, o meglio: di chi “c’era prima”.
Così, visto che il M5S è molto attento alla mobilità (e agli slogan un tanto al chilo), sarebbe opportuno iniziare a ideare dei percorsi cinghiabili, con buona pace dei cittadini abituati a vedere questi mammiferi in ogni dove. Poi chissà, l’esemplare irsuto – presenza fissa nell’Urbe – potrebbe sostituire la Lupa come simbolo della Città Eterna. Perché, in una politica al ribasso, ci si abitua a tutto. E il cinghiale, gratta-gratta, assomiglia sempre più all’Ovosodo di Paolo Virzì, che “non va né in su né in giù”, ma che ormai fa compagnia come un vecchio amico.
Aggiornato il 06 settembre 2021 alle ore 16:32