PA, Brunetta: “Il lavoro in presenza anima della rinascita”

Renato Brunetta è ottimista. Il ministro per la Pubblica amministrazione è convinto che il lavoro pubblico possa trarre benefici dai vaccini. “Grazie ai vaccini – afferma –  grazie alla campagna dell’ottimo commissario Figliuolo, stiamo tornando verso la normalità. Il metabolismo del Paese è cambiato. Che senso ha continuare con le stesse misure nate per resistere alla pandemia? Che senso ha mantenere ancora questa cappa di straordinarietà quando il Paese chiede che venga accompagnato verso la crescita con tutto il suo capitale umano?”. In un’intervista al Giornale il ministro forzista, parla dello smart working e della situazione attuale legata alla diffusione del virus. “Già prima della pandemia – sottolinea – esistevano montagne di arretrati. Negli ospedali, nei tribunali, negli uffici comunali. Tanti freni allo sviluppo, al benessere, alla giustizia. La pandemia ha moltiplicato questo cumulo di arretrati e di ingiustizie. Adesso abbiamo bisogno di dare gambe alla crescita, anche riempiendola di capitale umano. Il lavoro in presenza è l’anima di questa rinascita. L’assenza è ancora più pericolosa nel privato, perché rischia di essere prodromica ai licenziamenti di massa. È un mio grande timore”.

Il ministro analizza il lavoro svolto dall’attuale coalizione di governo. “Stiamo, come da mandato, salvando l’Italia – evidenzia – portandola fuori dalla crisi pandemica ed economica. Tutti insieme, tutti i partiti della grande coalizione, come non era mai accaduto in passato. È una missione che solo sei, sette mesi fa sembrava impossibile. Tutti insieme, a partire da Berlusconi, abbiamo voluto Draghi. Non è una cosa da poco”. Secondo Brunetta “È quasi un miracolo. È una congiuntura astrale mai vista: i soldi dell’Europa, la grande apertura di credito di Angela Merkel. Draghi sta dando a questo Paese un posizionamento internazionale mai visto”. E alla domanda sul partito unico risponde “È possibile, ma ci vuole lavoro, fatica. È un percorso lungo. Bisogna crederci, ma ce ne vuole”.

Intanto, la situazione del lavoro pubblico presenta numerose criticità. Stipendi bassi, ma anche una subordinazione gerarchica spesso non funzionale e poca spinta alla mobilità di carriera. Sono solo alcune ragioni per non entrare nelle pubbliche amministrazioni, ma anche per lasciarle. Se in America mancano 780mila lavoratori nel settore pubblico perché il privato paga di più, in Italia non va certo meglio, come ha dimostrato il caso clamoroso del concorso per il Sud. Un flop: solo 821 gli assunti a fronte di 2.800 profili ricercati con urgenza per gestire i fondi di coesione.

Lo stesso Brunetta, intervistato dal ilfattoquotidiano.it, ammette: “Forse abbiamo sbagliato qualcosa”. Leggi contratto a termine e salario medio basso per competenze così specialistiche, pagate anche in questo caso molto meglio nel privato. D’altro canto accade anche nelle scuole di Milano, dove non si trovano docenti di informatica (ne mancano duemila) e di altre materie tecniche, perché quelle sono skill pagate bene dalle aziende private.

E che il gap di retribuzione sia riscontrabile soprattutto per le competenze tecniche “che nel mondo pubblico non vengono assolutamente riconosciute” lo conferma il segretario nazionale Fp Cgil Florindo Oliverio, secondo cui quanto accaduto con il concorso per il Sud rispecchia una situazione ben nota “che non si può superare solo con i nuovi bandi, ma che necessita di un cambio strutturale”. Gli errori sono stati tanti, a iniziare dalle nuove modalità di reclutamento che prevedevano una fase pre-selettiva basata sulla valutazione dei titoli, che ha sbarrato la strada ai giovani neo-laureati. Così alle selezioni vere e proprie si è presentato in media il 65 per cento  degli ammessi per titolo, 8.582.

Aggiornato il 02 settembre 2021 alle ore 12:30