Liberale, cristiana, europeista: è davvero questa Forza Italia?

Silvio Berlusconi torna a parlare della sua creatura politica: Forza Italia. Lo fa in una lunga lettera inviata aIl Giornale, in cui dichiara che il liberalismo, assieme al Cristianesimo e all’europeismo, sono i valori fondanti del partito. Forza Italia – spiega il Cavaliere – crede anzitutto nella libertà individuale; nella voglia di mettersi in gioco e di riuscire; nell’intraprendenza; nell’idea che la persona debba essere al centro della vita sociale e dell’impegno politico. Lo Stato – possibilmente non troppo invasivo e pesante – deve essere al servizio dei cittadini e non il contrario. L’amore per la libertà della persona – continua Berlusconi – a sua volta trova il suo fondamento e la sua giustificazione etica nella concezione cristiana del mondo.

Piaccia o no, la visione “personalistica” (in Scienze Politiche si direbbe “individualista”), per la quale al centro di ogni cosa c’è la persona umana, nella sua dignità e unicità, è stata affermata per la prima volta dal Cristianesimo. L’uomo ha una sua intrinseca e inviolabile dignità in quanto fatto “a immagine e somiglianza di Dio”. L’uomo ha dei diritti naturali – quello alla vita, alla libertà e alla proprietà dei frutti del suo lavoro, fisico e intellettuale – che gli vengono conferiti direttamente dal Creatore. Tuttavia, Berlusconi ci tiene a sottolineare come questo sia ben lungi dal rendere Forza Italia un partito confessionale: c’è spazio anche per i non credenti, che però riconoscono l’importanza del Cristianesimo e il suo ruolo nello sviluppo e nell’evoluzione della civiltà occidentale. I non credenti possono giungere alle stesse conclusioni, relativamente alla centralità della persona e ai suoi diritti inviolabili, semplicemente pensando che tali diritti sono impressi nella natura umana e che, pertanto, appartengono a ogni individuo per il semplice fatto di essere uomo.

L’ex premier cita Benedetto Croce quale esempio di come si possa essere liberali e laici, ma al contempo animati da una profonda visione ed etica di stampo cristiano: non possiamo non dirci cristiani, sosteneva il grande pensatore liberale italiano. Secondo Berlusconi, l’unione tra i principi liberali e quelli cristiani si realizza in una precisa idea di società che, pur caratterizza dalla ricerca del successo e dalla volontà di perseguire ciascuno i suoi obiettivi, tende comunque la mano a chi non riesce a emergere e rimane indietro rispetto agli altri. I più deboli – sottolinea Berlusconi – non vanno abbandonati a se stessi (ed è questo, a suo giudizio, il più importante insegnamento del Cristianesimo), ma vanno loro offerte nuove opportunità di riuscita e di affermazione personale.

L’europeismo – conclude il Cavaliere – è altresì un valore fondamentale per Forza Italia, la cui collocazione nel Partito Popolare europeo è salda e indiscutibile. Bisogna superare l’europeismo “di facciata”, che si limita a una acritica professione di fede nel ruolo internazionale e nel destino dell’Unione europea in favore di un europeismo concreto che lavori per una cooperazione sempre più stretta tra i vari Stati: non solo in senso economico, ma anche in termini di difesa e di politica estera, in un mondo in cui si moltiplicano i rischi per la sicurezza dell’Occidente, come la recente vicenda dell’Afghanistan ha dimostrato.

Il ritratto che Berlusconi fa di Forza Italia è sicuramente entusiasmante. Il problema è che, nel corso della sua storia, Forza Italia ha dimostrato di essere tutto il contrario di quanto sostenuto dal suo fondatore e leader. In teoria, è tutto estremamente condivisibile. Il problema è l’applicazione pratica dei principi summenzionati che, di fatto, non c’è mai stata, nemmeno quando Fi era la prima forza politica italiana e guidava la coalizione di centrodestra.

Sulla Forza Italia liberale mi pare di ricordare che proprio un ex ministro del primo Governo Berlusconi, un liberale “di ferro” (e una delle menti politiche più brillanti di questo Paese, aggiungerei) come Antonio Martino sostenne che la tanto sventolata “rivoluzione liberale” non ebbe mai luogo proprio perché incontrò troppe resistenza anche all’interno dell’Esecutivo e nella stessa Forza Italia: i residuati democristiani, socialisti e post-missini si unirono contro questo progetto e riuscirono a farlo naufragare.

Il problema di considerare liberale un partito come Forza Italia è proprio questo: al suo interno i liberali (quelli veri, non quelli che sono tali solo per modo di dire, perché non trovano altra etichetta politica da cucirsi addosso) sono una esigua minoranza e perlopiù silenziosa. Per non parlare, poi, della coalizione nella quale Forza Italia si colloca. Un vero partito liberale non avrebbe mai affidato il ministero dell’Economia a Giulio Tremonti, il quale ritiene – keynesianamente – che il motore dell’economia sia la spesa pubblica e che lo Stato debba necessariamente intervenire per orientare il mercato e sopperire alle sue mancanze.

Un vero partito liberale non avrebbe mai, tra i suoi dirigenti, uno come Renato Brunetta, per il quale la soluzione alla disoccupazione è mettere tutti a lavorare nel settore pubblico, come se di dipendenti della Pubblica Amministrazione non ce ne fossero già abbastanza e come se il sistema non fosse già abbastanza elefantiaco, inefficiente e dispendioso per le vere vittime di questo sistema: chi lavora in proprio e i dipendenti privati. Un vero partito liberale – mi spiace dirlo, caro Cavaliere – non tollererebbe mai al suo interno una vera e propria setta socialista e keynesiana, come quella che guida attualmente Forza Italia.

Riguardo i valori cristiani, il discorso berlusconiano è estremamente chiaro e fondato. Personalmente, apprezzo molto il richiamo palese alla filosofia lockeana. Quello di cui parla Berlusconi non è tanto un Cristianesimo “stricto sensu”, dal momento che si rivolge anche ai non credenti, bensì un Cristianesimo “culturale”, vale a dire quell’atteggiamento che riconosce i valori cristiani come fondamentali per la civiltà europea e per l’ordine sociale, pur rifuggendo da ogni tentazione confessionale. Giusto anche pensare di tendere la mano a chi, pur impegnandosi e mettendocela tutta, non è riuscito a farcela. Ma il punto è proprio questo: il liberalismo “compassionevole” funziona solo in presenza di un modello di welfare profondamente diverso da quello esistente in Italia. Il welfare di uno Stato liberale deve, anzitutto, essere minimo e circoscritto nel tempo, affinché non finisca per diventare un’alternativa al lavoro, configurandosi invece come intervento emergenziale.

In secondo luogo, non deve essere gestito direttamente dal pubblico, ma comunque da realtà private: come avviene con le polizze sanitarie in Svizzera, il pubblico dovrebbe limitarsi semplicemente a stipulare una polizza con le coperture essenziali (o a pagarne una parte) per conto dei meno abbienti. In terzo luogo, non deve essere “universale”: deve, cioè, essere riservato solo a ai cosiddetti “poveri meritevoli”, vale a dire quelli che non ce l’hanno fatta pur avendo fatto tutto quello che potevano. Per esempio, persone che perdono il lavoro ma, a causa dell’età avanzata, non riescono a trovarne uno nuovo o persone che sono state colpite da gravi malattie o sono rimaste invalide a seguito di un incidente. Ciò significa escludere i parassiti, gli scansafatiche, gli scriteriati e gli irresponsabili che per primi non pensano a se stessi e pretendono che siano altri a farlo.

L’esistenza di uno Stato sociale forte e onnipervasivo sul modello italiano ripugna alla concezione cristiana del mondo: perché uno Stato Leviatano, di base, pretende di sostituirsi a Dio e alla Sua Provvidenza; pretende di diventare una vera e propria divinità civile. Condivisibili anche le parole sull’europeismo, che deve diventare una parola legata a fatti e scelte concrete, non a semplici astrazioni. La condizione perché ciò possa avvenire è che ciascuno faccia il proprio dovere e che mostri segni di buona volontà. Dobbiamo pensare tutti quanti che ne va della nostra sicurezza e della nostra integrità. Divisi siamo deboli, ma uniti siamo invincibili. Non facciamo guerra a nessuno, ma parliamo con una sola voce e ci difendiamo se veniamo attaccati.

Tuttavia, all’interno del Partito Popolare, non pare che Forza Italia abbia fatto molto in questo senso: anzi, l’alleanza con le forze nazionaliste in Patria (e non parlo della Lega) a loro volta alleate degli autocrati dell’Est è contraddittoria da questo punto di vista. Mi spiace doverglielo dire, caro Cavaliere (a maggior ragione che per Lei provo anche una certa simpatia sul piano umano), ma Forza Italia è ben lontana dall’essere quello che dovrebbe e che io stesso vorrei che fosse. Se davvero si trattasse della forza che Lei ha descritto, Le posso garantire che sarei tra i suoi più ferventi sostenitori. Ma così non è, purtroppo.

Aggiornato il 31 agosto 2021 alle ore 10:06