Tutti i generali in fuga da incarichi del Quirinale

Giorni fa l’ipotesi di Marcello Sorgi, circa un governo militare che subentri a Mario Draghi, ha scatenato una gragnuola di polemiche. Come al solito i vari commentatori, pagati per sedare la gente, hanno guardato il dito e non la luna: aggredendo le parole del giornalista. Eppure è evidente che Sorgi sia persona pacata, moderata per costituzione mentale e psicofisica, incapace di qualsivoglia volo pindarico. Sorgi ha semplicemente voluto stigmatizzare come gli spazi di trattativa democratica, interclassista e da cuscinetto sociale, siano ormai ridotti al minimo anche in Italia. Del resto anche in Francia c’è una fazione nella classe dirigente (e non certo marginale) che invoca, dopo Emmanuel Macron, redini del paese in mano ad un nuovo de Gaulle: ovvero un miliare che ponga fine al naturale ribellismo d’Oltralpe. È evidente che le misure anti-pandemiche abbiano ulteriormente lacerato il rapporto (forse tregua armata) tra classe dirigente e popolo. Proprio da queste pagine si è più volte rammentato come i rapporti tra poteri e cittadini stessero velocemente precipitando a tempi storici precedenti al “contratto sociale”. E che la metafora del lupo e dell’agnello stesse tornando di cruda attualità, perché è evidente che il potere non si fidi più del popolo. Quest’ultimo concetto germoglia quando per troppo tempo viene bloccato l’ascensore sociale, l’avvicendarsi democratico al potere. La società bloccata, la fissità sociale delle classi, non è certo foriera di pace sociale: per usare le parole di Eric Hobsbawn “genera il banditismo sociale, la disubbidienza verso le regole del potere”.

I timori di rivolte per povertà o per incapacità di sottostare alle tante regole (dalle innumerevoli norme Ue e bancarie sino al Green pass) funestano i sonni della classe dirigente italiana da almeno un decennio, e si sono radicalizzati dopo il governo di Mario Monti. Timori che, quotidianamente, la classe dirigente sussurra nell’orecchio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. A questo s’aggiunge che, gli analisti del rischio nel settore sicurezza (ovvero i consulenti dei servizi segreti) pare abbiano dichiarato che le probabilità di rivolte spontanee siano oggi dieci volte superiori rispetto al 2012. L’Uomo del Colle avrebbe così deciso di prevenire piuttosto che poi curare? Dobbiamo tenere bene a mente che l’articolo 87 della nostra Costituzione stabilisce che il presidente della Repubblica ha “il comando delle Forze armate” e “presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge”. Ovvero Mattarella ha compito e facoltà di curare ogni anelito di sollevamento popolare con le forze armate. Idea non peregrina quella di Marcello Sorgi, anche perché il cosiddetto “potere” pare non si fidi più (anzi in toto) della magistratura, poiché spaccata e, secondo certa dirigenza di stato, forse incapace d’usare contro il popolo in rivolta le maniere forti già adoprate contro terrorismo, mafia e banditismo. Questo perché la magistratura, indipendente per Carta costituzionale, è composta da vincitori di concorso che provengono dal popolo (dalla gente). S’aggiunga che lo stesso potere giudiziario sarebbe oggi culturalmente diviso sull’uso di maniere forti contro il popolo in rivolta. Ecco che l’astuto Mattarella ha di buon grato accettato di far scaldare i muscoli al generale Francesco Paolo Figliuolo che, con l’incarico di commissario straordinario per l’attuazione ed il coordinamento delle misure emergenziali in tempo di Covid, ha potuto così studiare l’eventuale fronte avversario, ovvero l’insofferente popolo italiano.

Quando Sergio Mattarella non ha rinnovato l’incarico al governo Conte, ed ha optato per Super Mario, lo ha fatto nell’ottica di varare un esecutivo “deciso a fare ciò che è necessario senza indugi e senza venire a patti con la politica” (per usare le parole di Marcello Sorgi). Non dimentichiamo che, qualche mese prima del Conte bis, il presidente della Repubblica aveva convocato il Consiglio supremo di Difesa, ovvero un organo costituzionale della Repubblica Italiana (riguarda l’esercito) che si convoca per prevenire eventuali rischi d’aggressione popolare ad istituzioni e sedi dello Stato: proprio i rischi che erano stati paventati dall’intelligence. Fenomeni degenerativi nei rapporti tra potere e popolo, che s’instaurano quando viene meno la mediazione autorevole dei corpi intermedi: ovvero partiti politici e sindacati. Aver culturalmente distrutto il ruolo mediatorio e sociale della politica, ed in quasi trent’anni d’anti politica, ha portato al lumicino il consenso sociale verso i partiti e la partecipazione democratica (di popolo) alla vita della nostra Repubblica. Così il potere politico è pian pianino finito in luogo differente dalle aule parlamentari e dai consigli degli enti locali e di programmazione. A quest’ultimo fenomeno si deve il tramonto della “sovranità’ popolare”, anche grazie alla cooptazione di rappresentati eletti ma ignoranti dello spirito della Carta costituzionale.

Poi c’è il problema del momento contingente e l’aggravante che stiamo entrando nel “semestre bianco”: un periodo delicato, per certi versi paragonabile al letargo del grande orso: sappiamo che l’uomo cacciatore ha sempre preferito aggredire il grosso plantigrado nella sua fase letargica. Ecco che in certi momenti i consiglieri (soprattutto militari del Quirinale) badano non venga scalfita l’autorevolezza della Presidenza della Repubblica. L’equivoco, o strada senza senso, potrebbe capitare qualora un capopopolo desse a bere alla gente (ignara della Carta) che il “semestre bianco” limiti il potere del Quirinale nei confronti del Parlamento. Tutt’altro, la Carta in questi periodi offre ulteriore tutela costituzionale al presidente della Repubblica che, per garantire le prerogative del proprio ufficio, potrebbe valutare percorsi anche indigesti al sentire popolare.

Quindi, che non si urli alla deriva incostituzionale qualora Sergio Mattarella decida d’affidare il governo ad una giunta militare: il presidente della Repubblica ne ha facoltà. Poi ci sarebbe da valutare chi, nel novero dei tanti generali, accetterebbe d’entrare in un eventuale esecutivo Francesco Paolo Figliuolo. E perché i militari italiani stanno messi economicamente bene. Soprattutto non hanno gran voglia d’esercitare uno scomodo potere, a totale detrimento d’una vita fatta di privilegi e rispetto sociale. Per nostra fortuna “Vogliamo i colonnelli” dovrebbe rimanere un gran bel film di Mario Monicelli interpretato da un mirabolante Ugo Tognazzi. Qualcuno obietterà che, anche “In nome del popolo italiano” era nel 1971 solo un bel film di Dino Risi (sempre con Tognazzi), ma nel 1992 diventava realtà giudiziaria con Tangentopoli. Tutte queste ipotesi germogliano solo e soltanto perché Sergio Mattarella è fortemente preoccupato, e qualche alto consigliere forse lo spronerebbe a promulgare la legittima difesa delle istituzioni. Ma dall’ipotesi alla realtà ce ne passa. Non siamo mica in America Latina od in Africa, dove trova compiuta applicazione persino la “Terza Convenzione di Ginevra” del 1949, ovvero l’uso di fornitori di difesa privati (Cpm) che giurano fedeltà al potere piuttosto che alla nazione. Siamo in Italia e, in fondo in fondo, siamo ancora quella “brava gente” poco convinta delle proprie idee.

Aggiornato il 06 agosto 2021 alle ore 17:57