Modello Macron: l’Italia si divide sul Green pass

Dopo la decisione del presidente francese Emmanuel Macronvaccinazione obbligatoria per il personale sanitario e Green pass necessario per accedere a bar, ristoranti, centri commerciali e mezzi di trasporto – il dibattito si è acceso anche nel nostro Paese dividendo categorie, Regioni e forze politiche.

La carta verde, per ora, è utilizzata solo in alcuni ambiti tra cui eventi, matrimoni, stadi e Rsa (Residenza sanitaria assistenziale). Il suo uso allargato, sulla scorta della linea francese, “sarà oggetto di discussione e valutazione nei prossimi giorni” da parte del Governo. I nodi da sciogliere sono ancora molti, tra cui la sua costituzionalità e i problemi legati alla privacy, ma l’arrivo della variante Delta, che ha portato a una nuova ondata di contagi soprattutto in Gran Bretagna, ha spinto i politici e gli esperti a cercare nuove soluzioni per prevenire una recrudescenza dell’epidemia e incentivare la vaccinazione tra coloro che hanno scelto di non farla.

Il “modello francese” è piaciuto al commissario straordinario per l’emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo: “Concordo con Macron sul fatto che la vaccinazione è una delle chiavi per il ritorno alla normalità. Per convincere gli ultimi irriducibili – ha dichiarato Figliuolo lunedì al Tg2 Post – utilizzare il Green pass per questo tipo di eventi potrebbe essere una buona soluzione e anche una spinta per la vaccinazione”.

Sulla stessa linea il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, che ha sostenuto un’applicazione “sul serio” del Green pass e una revisione dei parametri entro una o due settimane: “È sicuramente una scelta giusta. Dovremmo farlo anche in Italia, non chieda a me perché ancora non siamo partiti, io a Speranza l’ho detto tante volte – ha commentato in un’intervista di oggi al Messaggero – pensiamo alle discoteche: se concedessimo ai locali di aprire per i clienti con il Green pass, vedrà che avremmo la corsa di chi ha tra i 18 e i 40 anni a vaccinarsi”.

L’assessore alla Salute del Lazio, Alessio d’Amato, ha aggiunto: “In Regione 2,5 milioni di persone hanno il Green pass, dobbiamo capire cosa farci”. Più duro il responsabile Autonomie territoriali ed Enti locali del Partito Democratico, l’ex ministro Francesco Boccia: “O Green pass oppure obbligo vaccinale, non c’è una terza via”. Fabio Ciciliano, componente del Comitato tecnico scientifico, ha cercato di allentare la tensione, proponendo l’obbligatorietà del certificato verde solo per i grandi eventi, come già fatto in Israele.

Il “modello Macron” ha trovato sostegno nel centrodestra. Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, si è detto favorevole all’introduzione del Green pass obbligatorio: “Sul Green pass sono d’accordo con la Francia! Da governatore, come potrei spiegare ai cittadini che si sono vaccinati che potrebbero dover di nuovo limitare le loro libertà, nonostante tanti sacrifici, per colpa di chi non si è voluto proteggere? Io mi sono vaccinato. Come me milioni di persone lo hanno fatto per senso civico, per la propria salute e quella degli altri – ha scritto ieri in un post su Facebook – non è un obbligo ma credo sia giusto, come ha scelto la Francia, impedire l’accesso a bar, ristoranti, cinema e tante altre attività a chi non ha il Green pass o almeno il tampone fatto nelle ore precedenti. Perché queste libertà le abbiamo riconquistate soprattutto grazie a chi quel vaccino l’ha fatto. E non merita oggi di doverci rinunciare per colpa di chi è rimasto a guardare... e spesso a criticare”.

Il leader della Lega Matteo Salvini si è staccato nettamente dal coro pro-Macron: “Vaccino, tampone o Green pass per entrare in bar e ristoranti? Non scherziamo”. Più dura la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che ha parlato di un “raggelante ultimo passo per la realizzazione di una società orwelliana, una follia anticostituzionale che respingiamo con forza”. Anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana si è orientato su queste posizioni e ha precisato che il “modello Macron”, in Italia, non è necessario “perché da noi le vaccinazioni stanno andando bene, in maniera eccellente. Non ci sono sacche di resistenza”.

Il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ha preso posto sulla tribuna dei contrari alla linea francese: “Per quanto riguarda l’obbligatorietà del Green pass, un conto è se parliamo di discoteche o stadi ma per i ristoranti e i bar è eccessivo anche perché si introdurrebbe un elemento economico: pensiamo alla famiglia che va a mangiare una pizza e li costringiamo a pagarsi il tampone. Io credo che su questo sarei cauto – ha evidenziato ai microfoni di Radio Anch’io – veicoliamo il messaggio che è importante vaccinarsi e noi siamo più avanti rispetto alla Francia. Abbiamo vaccinato il 43 per cento della popolazione e loro al 36 per cento”.

La discussione ha coinvolto anche le associazioni di categoria, con Fipe-Confcommercio che ha paventato pesanti penalizzazioni per i ristoratori, mentre Federalberghi ha sostenuto che sarebbe un provvedimento “sacrosanto”.

Su posizioni più tiepide il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che ha ventilato l’idea di adottare la carta verde per la selezione all’ingresso delle discoteche e i deputati del Movimento Cinque Stelle in Commissione Affari sociali che, nonostante abbiano sostenuto l’ipotesi di seguire il modello d’Oltralpe, hanno anche notato che in Italia sarebbe “prematuro” e che “pone non pochi interrogativi anche dal punto di vista pratico”.

Aggiornato il 14 luglio 2021 alle ore 17:11