M5s, Conte-Grillo: va in scena la “pace armata”

Il rischio scissione è sventato. Almeno per il momento. L’intesa per il nuovo statuto è stata raggiunta. Tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo è stata siglata una “pace armata” che dovrebbe rimettere il Movimento 5 stelle su una rotta meno accidentata, per una navigazione tranquilla. Ma è davvero così? La coppia che ha evitato l’esplosione dell’universo grillino è rappresentata dal “gerarca minore” Vito Crimi e dall’ex capo politico Luigi Di Maio. I due si sarebbero spesi più di altri per scongiurare la fine anticipata del M5s. Dopo giorni di ostinata indifferenza tra l’ex premier e il “garante”, Crimi ha dettato la direzione di marcia: “Beppe Grillo e Giuseppe Conte – ha affermato il reggente in apertura dell’assemblea dei deputati pentastellati – hanno definito concordemente la nuova struttura di regole del M5s, che si dota di nuovi ed efficaci strumenti proiettando al 2050, i suoi valori identitari e la sua vocazione innovativa”. Di Maio non ha nascosto la propria esultanza: “Questa intesa – ha detto ai deputati – è frutto della vostra volontà di tenere unito il Movimento. Grazie anche agli altri sei componenti del direttivo per l’efficace lavoro svolto. Finalmente il Movimento può ripartire con una leadership forte”.

Anche il presidente della Camera Roberto Fico non ha nascosto il proprio compiacimento: “Ognuno di noi – ha chiarito – ha fatto la propria parte per il bene del Movimento. L’accordo per il nuovo statuto segna un punto decisivo per il rilancio di cui tutti conosciamo bene l’urgenza”. Seppure l’ex premier abbia chiesto “pieni poteri” rispetto alla leadership, alla fine ha dovuto accettare la tanto vituperata “diarchia”. In buona sostanza, Beppe Grillo resta il “garante” senza se e senza ma. L’ideologo e fondatore non ha voluto rinunciare alla propria prerogativa. Per usare un’espressione cara al Giuseppe Tomasi di Lampedusa del Gattopardo, “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. In effetti, il Movimento per non morire si appresta, formalmente, a cambiare tutto per non cambiare niente. Per queste ragioni, sono temporaneamente rientrate le polemiche contiane sulla riforma della giustizia, che modifica quella targata M5s, soprattutto sulla prescrizione.

Conte ora ha mutato radicalmente atteggiamento, conscio dell’impossibilità di creare un partito personale di successo. Infatti, si è dichiarato “pienamente soddisfatto dell’accordo raggiunto con Grillo”, con il quale in questi giorni ha avuto modo di confrontarsi direttamente più volte. “Ora – ha aggiunto – ci sono tutte le condizioni per partire e rilanciare il Movimento: piena agibilità politica del presidente, netta distinzione tra ruoli di garanzia e ruoli di azione politica, grande entusiasmo e chiaro sostegno al progetto politico”. Le invettive, le sfide, le divergenze rappresentano il passato. “È il momento – ha chiosato – di lasciarci alle spalle le ombre di questi giorni difficili. I momenti duri sono utili se ci aiutano a individuare la giusta strada da percorrere, le insidie da scansare. Il Movimento 5 Stelle si rialzerà più forte”. I maggiorenti pentastellati ringraziano i “duellanti” per la tregua raggiunta. Il lavoro di mediazione portato avanti dal comitato dei sette nominato da Grillo strategicamente è servito a prendere tempo. Naturalmente, il leader in pectore e il “garante” si sentiranno nei prossimi giorni per definire i dettagli sulle procedure di votazione per la nuova guida politica. Il ministro Federico D’Incà ha evidenziato che “mediazione, dialogo e confronto sono la chiave per affrontare ogni scelta”. A parte Conte, nonostante le parole al miele per lo scampato pericolo, le polemiche sulla riforma della giustizia non sono affatto sopite. La scorsa settimana alcuni parlamentari hanno, addirittura, prospettato l’ipotesi di ritirare il sostegno al governo. Su posizioni barricadere figura ancora Alfonso Bonafede. Nel corso della riunione, l’ex ministro della Giustizia ha usato toni poco concilianti a proposito della riforma: “La prescrizione – ha detto – non è una bandierina, ma un valore. Questa soluzione non la condivido, è sbagliata e rischiosa”. Di più: la parlamentare Giulia Sarti ha chiesto le scuse da parte dei ministri pentastellati, che invece di astenersi hanno votato il testo elaborato dalla ministra Marta Cartabia. Una critica condivisa anche dalla vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni. Il senatore Gianluca Ferrara ha ribadito: “La prima cosa da fare è lavorare per modificare la riforma sulla Giustizia. Mi auguro che i miei colleghi in commissione possano emendarla”.

 

 

Aggiornato il 13 luglio 2021 alle ore 13:08