Il richiamo della foresta della forca e delle manette

La scorciatoia giudiziaria e manettara inventata storicamente dalla sinistra di lotta e di governo ha fatalmente contaminato anche lo schieramento di centrodestra. Una sorta di “call of the wild” – richiamo della foresta – che si traduce nel bracardiano urlo “in galera, in galera!”. Purché ad andarci sia sempre il nemico politico. Nel caso contrario invece, e solo in quello, affiora il famigerato garantismo peloso del Cicero pro domo sua. E così per meschini calcoli elettorali, non necessariamente esatti, si deve assistere allo spettacolo di una Giorgia Meloni che si tira indietro sul quesito referendario radicale che mira a togliere ai pm il potere di vita o di morte in materia di custodia cautelare. Si evoca la microcriminalità, il quartiere insicuro e lo spaccio di droghe. Tutte banalità che comunque ci saranno sempre in tutte le metropoli del mondo, comprese quelle dei Paesi autoritari. Modello cui qualcuno evidentemente tende a portare politicamente l’Italia. Paese che, a dirla tutta, non vede più un’impostazione liberale di governo dai tempi della presidenza di Luigi Einaudi. Se non addirittura da quelli di Camillo Benso Conte di Cavour.

Una cinesizzazione strisciante cui molto hanno contribuito la pandemia di Covid-19 e i due governi presieduti da Giuseppe Conte, un politico che si è bassamente e volgarmente approfittato della situazione oggettiva di emergenza sanitaria del 2020. Daltronde in Italia è una tendenza comune tra tutti i politici a comportarsi come quelle persone che prestano soccorso alle vittime degli incidenti stradali senza però dimenticarsi di sfilare loro il portafogli approfittandosi del temporaneo stato di semi-incoscienza.

Questo richiamo della foresta delle manette per gli altri ha condizionato a lungo anche la politica di Matteo Salvini, che infatti non ha potuto fare a meno di recarsi a Santa Maria Capua Vetere a portare la sua solidarietà al corpo delle guardie penitenziarie locali. Evocando la solita retorica delle mele marce laddove a giudicare dai numeri degli indagati, compresi quelli “in via di identificazione”, apparrebbe meno ipocrita parlare di “interi frutteti”. Salvini poi ha fatto anche una mezza marcia indietro parlando di “Stato che deve chiedere scusa” e di “scene inaccettabili”. Per l’appunto quelle immortalate dalle videocamere di sorveglianza del penitenziario campano.

Bisogna però avere il coraggio di fare un ulteriore passo e dire finalmente che, se la giustizia in Italia praticamente non esiste più o quasi, il carcere addirittura si è trasformato in una discarica umana a cielo chiuso. In un contenitore di violenze e di vendette. Con buona pace dell’articolo 27 della Costituzione e della tendenza rieducativa della pena. Se ciò è accaduto gran parte del demerito va ai governi di centrosinistra che ci affliggono da un quarto di secolo con rari intervalli coperti dal povero Silvio Berlusconi. Ma quel che si deve rimproverare di più proprio alla sinistra è di avere distrutto e inquinato ogni istituzione generando così anche il fenomeno nazi-maoista e qualunquista a Cinque Stelle. E determinando una contaminazione anche della mentalità del centrodestra.

Una sorta di Covid populista che ha ridotto l’avversario politico a presentarsi come “brutto, sporco e cattivo”, il nemico che tutti vorrebbero. Uguale e contrario a se stesso. Cosa che ha determinato un’offerta politica per il cittadino nelle urne analoga a quella delle merci che si potevano trovare nei supermercati dell’Unione Sovietica.

 

Aggiornato il 02 luglio 2021 alle ore 17:45