La verità sul Ddl Zan

La Santa Sede ha ufficialmente chiesto all’Italia di modificare il Disegno di legge contro l’omotransfobia – meglio nota come Ddl Zan – per il fatto che la sua eventuale approvazione nella versione attuale violerebbe il Concordato – nello specifico la libertà d’insegnamento delle scuole cattoliche – e, più in generale, andrebbe a impattare in maniera negativa sulla libertà d’espressione e di coscienza.

Questa mossa da parte del Vaticano ha riacceso il dibattito politico sulla questione: se in un primo momento avevo deciso di astenermi dal prendervi parte, ora ho deciso di intervenire. L’approvazione del testo, ora fermo in Commissione Giustizia al Senato, viene di nuovo sollecitata da parte del Partito Democratico e del Movimento Cinque Stelle, nonché dell’estrema sinistra, che ritengono si tratti di un provvedimento di civiltà. Dal canto loro, Forza Italia e la Lega si dicono disponibili al dialogo ma chiedono di introdurre modifiche alla legge, in maniera tale da punire chi commette violenza o discrimina, facendo salva la libertà d’espressione e stralciando la parte sull’educazione gender nelle scuole. Fratelli d’Italia, per bocca della leader Giorgia Meloni, ribadisce la sua contrarietà a ogni ipotesi in questo senso, sostenendo che la Costituzione già protegge dalle discriminazioni e che le leggi penali attualmente vigenti già puniscono la violenza contro chiunque venga commessa.

Il problema, tuttavia, è che il vero obbiettivo del Ddl Zan non è quello di difendere le persone omosessuali e transessuali dalla violenza o dalla discriminazione. La legge in questione non ha nulla a che vedere con queste due tematiche: il suo vero scopo è il potere. Nello specifico, il potere sostanzialmente arbitrario e inquisitorio (nel vero senso del termine) che essa conferirebbe a quella parte radicale, militante, politicizzata e ideologicamente strutturata del mondo gay e trans. In secondo luogo, il potere di silenziare tutte le voci critiche e di censurare qualunque visione del mondo non sia perfettamente conforme a quella dei militanti “arcobaleno”. Se questa legge dovesse essere approvata, specialmente nella sua versione attuale, ci risveglieremo improvvisamente in una sorta di tirannide giacobina dove in nome della libertà e dell’uguaglianza si leveranno le ghigliottine e in cui i vari comitati di salute pubblica saranno i direttivi delle varie sigle associative lgbtqi, le quali, il più delle volte, non rappresentano che se stesse.

Sono sicuro, infatti, che la maggior parte degli omosessuali italiani (anche qui possiamo legittimamente parlare di “maggioranza silenziosa”) non sia per nulla interessata a questo provvedimento e che, al contrario, spesso si risenta quando qualche esaltato “arcobaleno” presume di poter parlare anche a loro nome. La fetta consistente degli omosessuali italiani non ha bisogno di inventarsi nemici che non esistono pur di sentirsi realizzati: la maggior parte dei presunti “omofobi” è rappresentata da mattoidi e il più delle volte i casi di aggressioni omofobe sono, più semplicemente, casi di “cretinismo violento”. Nulla a che vedere, dunque, con l’avversione per gli omosessuali in sé stessi. La maggior parte degli omosessuali italiani non ha bisogno dell’approvazione di nessuno, e ancor meno, di un’approvazione estorta sotto il peso della minaccia di conseguenze legali.

Ciascuno deve farsi rispettare e apprezzare per quello che vale come persona, non per quello che la legge stabilisce. Quello delle associazioni lgbtqi è un vittimismo funzionale a consolidare un potere basato sul ricatto morale, sul far sentire gli altri colpevoli in modo da renderli più accondiscendenti, in maniera tale da farli sentire quasi in dovere di riparare al male fatto facendo concessioni sempre più assurde, piegandosi alla volontà dei ricattatori. La società del 2021 non è fatta di odiatori di gay, ma di persone alle quali sostanzialmente non importa alcunché di come gli altri amano e vivono la loro sessualità, preferendo giudicare le persone sulla base di altri criteri. Il problema è che ai militanti arcobaleno non basta farsi accettare: vogliono essere incensati, temuti e riveriti. A loro non basta la libertà di poter amare chi si vuole: pretendono che tutti siano allineati al loro pensiero.

In nome della libertà di alcuni, di una setta di fanatici, questa legge distruggerà la libertà di molti, inclusa quella di tutti quegli omosessuali che non si riconoscono nelle istanze e nelle condotte del movimento lgbtqi, per non parlare di quella dei genitori o degli insegnanti, dei religiosi o dei politici, dei giornalisti o degli intellettuali, che a quel punto non potranno più dire che un bambino deve avere una madre e un padre, condannare una pratica quantomeno controversa come l’utero in affitto o educare i loro figli o i loro studenti secondo valori più tradizionali o comunque diversi rispetto a quelli libertini e controculturali che si vogliono imporre prepotentemente.

Io stesso, per aver scritto queste cose, potrei essere chiamato a rispondere in tribunale. Non mi servirebbe a nulla dire che sono favorevole al riconoscimento delle unioni fra persone dello stesso sesso, che pur essendo un difensore della famiglia tradizionale penso che la tradizionalità delle famiglie sia una questione di sostanza, cioè di valori, più che di composizione, e che quindi anche una coppia omosessuale può sotto quest’aspetto essere “tradizionale”, se incarna certi valori di responsabilità e impegno reciproco. Il fatto stesso che io metta in dubbio la dottrina ufficiale del movimento lgbtqi, che io aborra l’idea dell'utero in affitto o di qualunque legge che comprima la libertà d’espressione farebbe di me un “eretico” da perseguire e mettere ai ceppi.

In nome dell’uguaglianza, questa legge finirà per creare disuguaglianza tra categorie protette e sostanzialmente intoccabili e categorie che non godranno delle stesse tutele. Finirà per creare una sorta di “nuova aristocrazia”, il che fa a pugni coi più basilari principi della democrazia liberale. Se tutti siamo uguali di fronte alla legge non si capisce perché alcuni dovrebbero ricevere un trattamento preferenziale rispetto ad altri. In una democrazia liberale la legge dovrebbe rivolgersi alle persone in generale, senza penalizzare o avvantaggiare nessuna categoria particolare. Ma capisco che una cosa simile sia ardua da capire per le schiere social-comuniste che appoggiano provvedimenti simili, i quali forniscono loro una formidabile occasione per rafforzare ed estendere ulteriormente il potere dello Stato sulla vita e persino sulla mente delle persone.

Approfittando dello spazio che mi viene concesso su questa testata mi rivolgo ai legislatori, alla società civile e a tutti quegli omosessuali di sani principi e di retta coscienza: uniamoci contro l’aggressività dei “giacobini arcobaleno” e dei loro manutengoli di sinistra. Facciamo capire loro che vogliamo restare liberi di pensarla diversamente; che non abbiamo alcuna intenzione di farci “rieducare”; che rivendichiamo il diritto di essere semplicemente noi stessi, di vivere e pensare come vogliamo, senza dover rendere conto a nessuno; che vogliamo vivere in una società libera, non in un regime talebano.

Aggiornato il 24 giugno 2021 alle ore 11:30