Il M5S filocinese è un problema per tutti

A Beppe Grillo e Giuseppe Conte è andata probabilmente male. Forse speravano che in pochi si accorgessero della loro visita presso l’ambasciata in Italia della Repubblica popolare cinese. Invece, ancor prima di varcare l’ingresso degli uffici della rappresentanza diplomatica di Pechino, è diventata immediatamente nota ai più l’intenzione di Grillo e Conte di incontrare l’ambasciatore del Dragone nel nostro Paese.

Le polemiche, più che legittime, non si sono fatte attendere e alla fine l’ex-premier ha preferito rinunciare al rendez-vous con i cinesi, lasciando al comico genovese il compito di abbracciare i rappresentanti della Cina. Beppe Grillo pare essere di casa presso l’ambasciata cinese perché è bene ricordare che questa non è stata di certo la prima volta in cui il fondatore del Movimento 5 Stelle è stato accolto nell’ufficio dell’ambasciatore di Pechino. Si sa da tempo di una sorta di liaison fra i vertici pentastellati e il regime del Pcc (Partito Comunista cinese), che è stata resa evidente da tanti atti politici del Governo Conte bis e che Grillo e il suo Movimento non si sforzano nemmeno più di mascherare.

A Giuseppe Conte, durante le sue comunicazioni in Parlamento in qualità di presidente del Consiglio, sembrava quasi normale perorare una specie di equidistanza italiana fra la Cina comunista e gli Stati Uniti. Il M5S è stato e rimane il primo sponsor italiano della cosiddetta Via della Seta, nel pieno interesse dell’espansionismo economico cinese e noncurante delle rimostranze americane ed anche europee. Nel corso della pandemia i Cinque Stelle, coadiuvati dal Partito Democratico e da comunisti come Roberto Speranza – bisogna chiamare le cose e pure le persone con il loro nome – si sono guardati bene prima anche solo dal tentare di individuare qualche colpa cinese per un virus nato nel territorio della Repubblica popolare ed hanno inoltre accusato nientemeno che di razzismo chi proponeva, all’inizio della diffusione del Covid-19, maggiori controlli sui voli in arrivo dalla Cina.

Poi, hanno scelto di combattere il Coronavirus attraverso metodi non lontani dalle segregazioni poliziesche messe in atto nella provincia cinese di Wuhan. L’ultima prova della prostrazione filocinese del M5S è stata offerta, di nuovo, qualche giorno fa da Beppe Grillo il quale, attraverso il proprio blog, ha stigmatizzato pesantemente le conclusioni sia del G7, svoltosi in Cornovaglia, che del summit della Nato tenutosi a Bruxelles. Secondo Grillo questi due appuntamenti avrebbero dato vita ad una nuova e inopportuna Guerra Fredda ai danni di Cina e Russia.

Chi non riesce a fare propria la necessità dell’Occidente democratico di fare quadrato dinanzi a potenze dominate da regimi più ostili che amichevoli, o è stupido oppure è in malafede perché serve interessi diversi da quelli del Paese in cui vive, quindi pericoloso. Chi scrive è uno di quei pochi o tanti di centrodestra che non hanno mai amato le simpatie pro-Vladimir Putin di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Putin non è certo un modello per gli amanti della libertà e non prova un grande affetto per le società occidentali, considerarlo un amico non è quindi facile, ma essere palesemente filocinesi, come Grillo e i suoi fanno da sempre, significa avallare la minaccia più grande per il mondo libero e per il nostro stile di vita.

Forse Grillo, Conte e compagnia pentastellata non se ne sono accorti ma la Cina, oltre a delle possibili responsabilità piuttosto inquietanti circa il Covid, è divenuta nel corso degli ultimi anni sempre più insidiosa per la stabilità mondiale. Ormai, Pechino non si limita più a pensare solo al business e a colonizzare Paesi con il denaro, bensì allunga i propri artigli militari e polizieschi anche laddove il potere liberticida del Pcc non avrebbe ragione d’essere. Hong Kong ha perso l’autonomia di cui godeva dal 1997 e le repressioni nella ex-colonia britannica non fanno nemmeno più notizia. L’indipendenza di Taiwan viene costantemente minacciata e per rispondere a quanto sancito dal G7, la Cina ha pensato bene di mostrare subito i muscoli, invadendo lo spazio aereo taiwanese con 28 aerei militari.

Mario Draghi, tramite il G7 e il vertice Nato, ha riportato l’Italia nella solidarietà transatlantica, cancellando l’equidistanza perniciosa di Giuseppe Conte e ha fatto bene, perché l’unità delle democrazie occidentali deve essere superiore ad ogni cosa, anche alla colorazione politica dei vari Governi europei e di coloro i quali si alternano alla guida degli Stati Uniti d’America. Ma una forza come il Movimento 5 Stelle, che fa parte di questo Governo e non nasconde nemmeno più il proprio servilismo filocinese, può essere un problema per il premier Draghi. Certo, un M5S complice e sodale di una dittatura come quella cinese diventa una questione seria anche per tutti gli italiani. Il Movimento fondato da Beppe Grillo non ha più con sé il 32 per cento degli elettori, ma in termini di rappresentanza parlamentare rimane il primo partito.

Aggiornato il 17 giugno 2021 alle ore 12:18